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Lontana per scelta e stile dai riflettori e dal potere

Poche conversazioni coi giornalisti e solo per ricordare l’opera del marito Ha visto crescita e declino della fabbrica. Sino al cognome cancellato dal logo

2 minuti di lettura

Era il 1944 quando Angela Pavan e Lino Zanussi si conobbero e l’azienda di famiglia era ancora nelle mani di Antonio, il padre di Guido e Lino. Era una “grande” impresa per quegli anni, che si sviluppava su oltre 3 mila metri quadrati e dava lavoro a un centinaio di dipendenti. Ma fu con Lino che l’ex fumisteria diventerà la prima azienda di elettrodomestici del Paese. E la crescita impetuosa iniziò poco dopo il loro matrimonio, avvenuto nel ’45.

Angela Pavan è stata una donna d’altri tempi. La colonna della famiglia, a cui è sempre stata legatissima e di cui è stata l’approdo sicuro. Gentile ma ferma, riservata, mai protagonista pubblica, nemmeno quando le circostanze glielo imposero, Angela, “Gina”, Pavan in Zanussi ha visto la trasformazione dell’azienda, la sua crescita esplosiva e dinamica a partire dagli anni Cinquanta, la sua trasformazione dopo la scomparsa di Lino, e il suo declino, arrestato dalla cessione agli svedesi: i Wallemberg.

Lino, il suo Lino, era un’imprenditore nato. Ce l’aveva nel sangue la capacità di analisi, la comprensione del mercato e delle sue dinamiche, la necessità di seguirle cercando di essere sempre un passo in avanti, di essere innovatori, dispiegando quell’innovazione - all’epoca - ante-litteram, tanto per usare un termine oggi tanto di moda. Lino Zanussi credeva nel sapere e nella formazione. Tanto in azienda quando prima dell’approdo in fabbrica, non a caso fu tra i promotori delle scuole professionali a Pordenone. E aveva un modo sfidante di porre i problemi ai suoi collaboratori affinchè venissero risolti. Del marito Gina Pavan diceva che non c’erano due persone diverse, il Lino dell’azienda e il Lino della famiglia: il suo modo di porsi era il medesimo. Ma i mondi erano distinti, e quel mondo fatto anche di problemi, preoccupazioni, dubbi che era l’azienda, a casa non arrivava mai.

“La” Zanussi, col passare degli anni sempre più grande, trasferita da Pordenone a Porcia, che sfornava cucine, lavatrici e frigoriferi, si era però fatta fisicamente più vicina quando Lino e Gina scelsero la grande villa di Fontanafredda per farne la loro nuova casa. A “Villa Zanussi”, celata agli sguardi da grandi alberi e visitabile solo da pochi e selezionati ospiti, dove sono cresciuti i figli di Gina e Lino, Paola, Antonia e Andrea. Fino a quel tragico 18 giugno 1968 quando Lino perì in quell’incidente aereo sulle montagne della Spagna.

Lino lasciò in eredità un piccolo impero privo però dei timonieri che l’imprenditore avrebbe scelto, perché persero la vita con lui. Troppo grande il peso dell’azienda per una donna sempre lontana dai riflettori e anche dal potere. A chi consegnare la guida del gruppo? La scelta cadde su Lamberto Mazza, manager dal grande fiuto finanziario, mentre la presidenza venne assunta da Guido, il fratello di Lino. Il resto, come si suol dire, è storia. L’ulteriore crescita del gruppo, sino a diventare la seconda azienda metalmeccanica del Paese, attraverso operazioni di acquisizione, non sempre oculate nè strategiche, che prosegui per oltre un decennio. L’estromissione di Guido Zanussi, liquidato quando iniziò a contestare i piani di Mazza. E via via sino ad arrivare sull’orlo del baratro, e Villa Zanussi divenne la meta dei cortei di operai che da Porcia raggiungevano Fontanafredda per far sentire la loro voce alla proprietà. Nell’84 la salvezza si chiama Electrolux, una - all’epoca - piccola azienda svedese di aspirapolveri, che proprio grazie all’acquisizione della Zanussi è diventata “la” multinazionale dell’elettrodomestico, ai primi posti nel mondo. Electrolux rilevò, infatti, non solo fabbriche, ma soprattutto uomini, manager e competenze.

La salvezza dell’azienda fu un sollievo per Gina che da allora in poi si dedicherà in via esclusiva alla famiglia, ormai allargatasi per comprendervi generi, nuora e nipoti. Della Zanussi pubblicamente non parlò mai, e quando si concesse, raramente, per qualche intervista, parlò sempre e solo di lui, di Lino, e della loro vita insieme. Della grande azienda, e prim’ancora della grande fabbrica di Porcia, è stata spettatrice, nemmeno da troppo lontano, della nuova fase di salvataggio prima, di nuova crescita poi, e del rischio declino ben più recente. Non le è stato risparmiato nemmeno il cambio di logo, avvenuto circa un decennio fa, quando venne cancellata la scritta “Zanussi” per essere rimpiazzata da quella “Electrolux”.

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