Un “pane quotidiano” che sazia la cultura
L’associazione presieduta da Susanna Villa ha consentito di studiare a 868 ragazzi in 5 anni. Quasi metà sono italiani
di Cristina Savi
Ha un nome semplice e fortemente evocativo, “Il pane quotidiano”, che rimanda a cose essenziali, alle vere necessità e alla sobrietà, alla condivisione, al contrasto della cultura del consumo e dello spreco: valori che l’associazione pordenonese, nata quasi cinque anni fa, e ormai punto di riferimento imprescindibile nel territorio, ha fatto propri da subito. “Specializzandosi”, anche un po’ per caso – una richiesta arrivata in quel periodo attraverso la Chiesa evangelica – nell’impegno che offre risposte a un bisogno primario qual è l’istruzione.
Subito dopo il pane, la scuola: l’unica strada per sperare in un futuro diverso, migliore. Ecco, allora, che la cifra della onlus di cui è presidente Susanna Villa (esempio di grande umanità unita a non comuni doti organizzative e perseveranza) è diventata il sostegno allo studio di ragazzi con difficoltà economiche attraverso la fornitura gratuita del corredo scolastico, a inizio anno, e alla sua integrazione nei mesi successivi.
Zaini, astucci, quaderni, diari, materiale tecnico (soprattutto per i ragazzi delle superiori), tutte cose che per famiglie con quattro e anche cinque figli diventano una spesa insostenibile. Un bisogno che cresce, o se non altro viene allo scoperto.
I numeri parlano chiaro: se nel settembre 2013 i volontari – oggi un nucleo affiatatissimo di 14 persone – consegnarono un centinaio di corredi, quest’anno siamo già a 233 e il bilancio dei primi cinque anni di attività è di 868 forniture.
Un bisogno che non conosce colore della pelle o passaporto: il 43 per cento delle famiglie che si sono rivolte all’associazione sono italiane. Per il 57 per cento si tratta di cittadini stranieri che via via hanno composto un mosaico di 25 nazionalità, evocato dal mondo colorato che campeggia sul muro della stanza in cui opera la onlus: due locali, in comodato, allestiti negli spazi del “Don Bosco”. E arredati con gusto, pur con materiali di recupero, perché Susanna e il suo staff curano ogni dettaglio.
«La bellezza è importante – sottolinea – ci teniamo a disporre i materiali in modo ordinato, ad abbinare i colori, ad accogliere le famiglie una per una, affinché da subito ci si conosca e sia dato il giusto valore alle cose. Perché non siamo un’associazione assistenzialista, la tessera che forniamo al primo arrivo sigla un patto fra noi e chi la sottoscrive, nel segno della reciprocità».
Le consegne avvengono fra settembre e ottobre, tutti i fine settimana, di seguito ogni primo sabato del mese. A segnalare le famiglie in difficoltà sono i servizi sociali, spesso le scuole direttamente, i centri di ascolto, le associazioni.
«Come ci finanziamo? Attraverso donazioni di materiale da parte di chi ormai ci conosce, partecipando alla raccolta Coop a settembre, vendendo nostre piccole produzioni (biglietti, bijoux, le belle ceramiche di Piero Bravin). E soprattutto spendendo poco negli acquisti!». Che significa perdere ore in Internet per cercare i prezzi migliori, approfittare (anche il giorno di Natale se capita) delle spedizioni gratuite. E anche contare sul sostegno di alcuni negozi: da Etre alla Fioreria Battistella, che raccolgono donazioni a Malìparmi e Jean Louis David che destinano una percentuale sui prodotti venduti, fino alle raccolte di fondi attivate dalla Caserma Ariete, da Sei di Pordenone se… con la Festa in Contrada.
Una solidarietà “contagiosa”, che si rinnoverà anche quest’anno.
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