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La pressione alta è donna. Almeno in menopausa

Uno studio aggiunge un tassello alla relazione tra sistema immunitario femminile e genesi della pressione

3 minuti di lettura
Circa un adulto su tre in Italia soffre di ipertensione. Ma i rischi per i due sessi non sono gli stessi: nelle donne infatti l’incidenza è molto minore rispetto agli uomini, almeno prima della menopausa. In seguito la situazione si capovolge, ed è il sesso femminile che presenta più spesso problemi di pressione alta. La ricerca cerca da tempo di chiarire le ragioni fisiologiche di questo fenomeno, e ora un nuovo studio della Augusta University aggiunge un tassello interessante, ovvero il possibile ruolo protettivo svolto nell’organismo delle donne in pre-menopausa da un tipo particolare di cellule del sistema immunitario, note come cellule T regolatorie.
 
Le cellule in questione, conosciute in inglese con l’acronimo Tregs (da T Regulatory cells), sono una componente del sistema immunitario che svolge diverse importanti funzioni nel nostro organismo. Aiutano ad esempio a bilanciare la tolleranza del sistema immunitario nei confronti dei potenziali antigeni, evitando che attacchi il feto durante la gravidanza e prevenendo l’insorgenza di malattie autoimmuni, causate dal “fuoco amico” dei nostri meccanismi di difesa. Hanno inoltre un’importante azione antinfiammatoria, ed è noto che l’organismo femminile ha una migliore capacità di potenziare l’attività di queste cellule nel momento del bisogno. È per questo che i ricercatori della Augusta University hanno deciso di verificare se siano proprio loro a donare alle donne una maggiore capacità di contrastare l’ipertensione.

 Quando è essenziale

“Oggi sappiamo ancora molto poco sulle ragioni biologiche della pressione alta, tanto che circa il 95% delle diagnosi riguardano quella che viene definita ipertensione essenziale, cioè un innalzamento della pressione di cui non conosciamo le cause”, spiega Ciro Indolfi, professore di Cardiologia dell’università Magna Graecia di Catanzaro e presidente della Società italiana di Cardiologia. “Il ruolo svolto dal sistema immunitario nella genesi di questo disturbo è qualcosa che abbiamo iniziato a indagare solo negli ultimi anni, ed è una linea di ricerca che sta già dando importanti risultati. È noto ad esempio che l’ipertensione è associata a una ridotta attività delle cellule T regolatorie. Non era chiaro invece se, e in che modo, queste influenzassero la minore incidenza del disturbo nelle donne in pre-menopausa, ed è proprio questo aspetto che i colleghi americani hanno deciso di approfondire nel loro nuovo lavoro”.

Studiata sui topi

La ricerca è stata effettuata su topi trattati con farmaci che inducono l’aumento della pressione arteriosa, un modello animale molto utilizzato nello studio dell’ipertensione. Per prima cosa, i ricercatori hanno misurato la pressione dei roditori a tre settimane dall’inizio della somministrazione dei farmaci, confermando un aumento maggiore negli esemplari di sesso maschile. Hanno quindi analizzato l’organismo dei topi per misurare i livelli di linfociti T, un altro tipo di cellule immunitarie con effetto pro-infiammatorio, di cui è noto il possibile ruolo nella genesi dell’ipertensione. Entrambi i sessi presentavano in effetti livelli elevati di linfociti T, mentre solo nell’organismo delle femmine erano presenti anche livelli elevati di cellule T regolatorie, capaci di contrastare gli effetti pro-infiammatori dei linfotici T.

 LEGGI anche: I vasi sanguigni delle donne invecchiano prima di quegli degli uomini

A questo punto, i ricercatori hanno somministrato ai topi degli anticorpi capaci di neutralizzare le cellule T regolatorie, provocando una riduzione del 30-40% del loro livello nell’organismo degli animali di ambo i sessi. Andando a misurare la pressione dei roditori è emerso quindi un particolare interessante: pur avendo subito una riduzione paragonabile nei livelli delle cellule T regolatorie, solamente la pressione arteriosa degli esemplari di sesso femminile è aumentata in modo apprezzabile, arrivando sostanzialmente a raggiungere quella dei maschi. Evidentemente – ragionano gli autori dello studio – l’organismo femminile ha una maggiore capacità di reclutare e far proliferare le cellule T regolatorie negli organi che svolgono un ruolo chiave per il controllo della pressione arteriosa, come ad esempio i reni.

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“Lo studio dimostra che le cellule T regolatorie contribuiscono ad aiutare l’organismo femminile a mantenere la pressione arteriosa sotto controllo”, commenta Indolfi. “La speranza ovviamente è di sfruttare queste ricerche per arrivare a sviluppare nuove terapie. In questo caso siamo lontani da possibili applicazioni cliniche, ma si tratta senz’altro di ricerche promettenti: approfondire il ruolo delle cellelule T regolatorie potrebbe senz’altro rivelarsi prezioso in futuro per aiutare a contrastare la pressione alta, in particolare nelle donne, dove queste cellule sembrerebbero influenzare maggiormente i livelli di pressione arteriose rispetto ai soggetti di sesso maschile. Più in generale negli ultimi anni stanno emergendo molti dati interessanti sul ruolo svolto dal sistema immunitario nella genesi dell’ipertensione. È un campo tutto sommato nuovo, da cui ci aspettiamo molte novità interessanti nella prevenzione e nella cura di uno dei principali fattori di rischio modificabili per le malattie cardiovascolari”.