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Il razzismo fa male (anche) alla salute

I risultati di uno studio sugli afro-americani: essere continuamente sottoposti a discriminazione provoca ipertensione (il 49% in più), fattore di rischio per le malattie cardiovascolari

2 minuti di lettura
Il razzismo fa male anche alla salute. E più lo si subisce più fa male. Da uno studio appena pubblicato su Hypertension, uno degli organi ufficiali dell'American Heart Association, l’associazione dei cardiologi USA, risulta che l’esposizione continua alle discriminazioni, rappresenta un fattore di stress cronico capace di aumentare il rischio di ipertensione, una condizione che aumenta la probabilità di ammalarsi nel corso del tempo di patologie cardiovascolari, e angina, infarto del miocardio, ictus cerebrale. La ricerca di cui parliamo è stata realizzata su una popolazione di 1845 afroamericani, uomini e donne tra 21 e 85 anni, iscritti al Jackson Heart Study,, uno studio osservazionale sulle malattie cardiovascolari nella popolazione di colore a cui dal 2000 collaborano la comunità metropolitana della città di Jackson e l’NIH statunitense (gli istituti della salute americani), e che ha l’obiettivo dichiarato di valutare ed eliminare le disparità di salute.

Lo studio

Nel 2000 tutto il campione è stato sottoposto a una prima visita nel corso della quale nessuno è risultato iperteso, e così è stato fino al 2004. Tra il 2005 e il 2008 tutti i partecipanti sono stati sottoposti a una prima visita di follow up, e poi a una seconda tra il 2009 e il 2013. Tutti hanno effettuato analisi cliniche e per mezzo di interviste e questionari hanno auto-riferito quali fossero le loro esperienze di discriminazione. Chi alle visite di follow up ha affermato di assumere farmaci antipertensivi e coloro ai quali, sempre nel corso delle visite, veniva riscontrata una pressione superiore o uguale 140/90 è stato considerato iperteso.

Più discriminati più ipertesi

Il risultato? Al netto degli altri fattori di rischio, una maggiore discriminazione auto-dichiarata si è associato in effetti A un rischio più alto di ipertensione. Più nel dettaglio, nel corso del follow up è risultato iperteso il 52% del campione (cioè 954 uomini e donne). E chi aveva riferito di subire un livello medio di discriminazione ha avuto un rischio aumentato del 49% rispetto a chi aveva dichiarato di sopportare una discriminazione di basso grado.

Il meccanismo

L’idea è che la discriminazione, o se vogliamo dirlo più chiaramente il razzismo, potrebbe avere un impatto diretto sulla pressione attraverso la cosiddetta via dello stress, cioè attivando il sistema nervoso simpatico e l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Oppure, si legge nel testo della pubblicazione, tramite l’assunzione di comportamenti scarsamente salutari come l’adozione di un'alimentazione poco sana, o di stili di vita sedentari, che possono servire da coping (dove per coping si intendono meccanismi psicologici di adattamento che gli individui mettono in atto per fare fronte a problemi emotivi o interpersonali o gestire o ridurre o tollerare lo stress).

I fattori di rischio psicosociali

"Lo studio ha importanti implicazioni", ha dichiarato Allana T. Forde, primo autore della pubblicazione, ricercatrice al dipartimento di Epidemiologia e biostatistica della Drexel University di Philadelphia. "I fattori tradizionali di rischio, come l’alimentazione o l’attività fisica, sono fortemente correlati con l'ipertensione, ma importanti fattori psicosociali, come la discriminazione, che pure possono impattare negativamente sulla salute, vengono raramente presi in considerazione quando si valuta il rischio di ipertensione tra gli afroamericani (…)". Ma "i nostri risultati – ha aggiunto Forde - mettono in evidenza la necessità per gli operatori sanitari di riconoscere la discriminazione come un determinante sociale della salute. Gli operatori sanitari che capiscono l'importanza di fattori di stress, come la discriminazione, che incidono sulla salute degli afroamericani, saranno meglio attrezzati a fornire un'assistenza ottimale a questi pazienti".

L’assistenza medica non basta

"Tuttavia, l'assistenza medica non è sufficiente – ha aggiunto l’esperta - i nostri risultati più in generale, suggeriscono in che modo i determinanti sociali come il razzismo e la discriminazione influenzano la salute in modi che sono misurabili. Affrontare questi fattori è fondamentale per abbassare i tassi delle malattie croniche".
Ricerche precedenti hanno già dimostrato che la discriminazione influenza la salute degli afroamericani – hanno dichiarato gli stessi autori. “Ma questo studio  - hanno detto - è uno dei primi grandi studi condotti su base comunitaria a suggerire un'associazione tra discriminazione nel corso della vita e sviluppo dell'ipertensione in un ampio campione”.