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Si torna a scuola, attenti alla vista

Troppe ore davanti alle luci blu-viola dei dispositivi elettronici. Che non sono diminuite durante il lockdown e le vacanze. I consigli per evitare il peggioramento dei difetti visivi nei più piccoli. E come individuarli

2 minuti di lettura

I bambini di 2 anni trascorrono 17 ore a settimana davanti agli schermi, circa 25 quando ne hanno 3 e 11 intorno ai 5 anni. Queste medie, pubblicate su Jama Pediatrics, sono state elaborate da uno studio condotto su 2.400 bambini tra il 2011 e il 2016 da due università canadesi. Nel 2018, in Italia, una rilevazione del ministero della Salute ha constatato che oltre il 76% dei bambini oltre l’anno di età passa ore (fino a 3 o più) davanti a televisione, computer, tablet, telefono e la Società italiana di pediatria ha invitato i genitori a limitare l’utilizzo dei device nei figli.

Alla base del consiglio motivazioni di salute: i bimbi cominciano sempre prima a cimentarsi con i dispositivi digitali e un’esposizione prolungata e precoce può minare il loro benessere psicofisico. A risentirne l’apprendimento, il sonno, l’udito ma anche la vista: secondo la Sip, l’occhio secco e una particolare forma di strabismo potrebbero essere le conseguenze più frequenti.

Ci si chiede se gli occhi dei piccoli abbiano risentito del lockdown e se la didattica a distanza alimenti ulteriormente l’esposizione quotidiana agli schermi. "Non possiamo affermare che due mesi di isolamento con un maggiore utilizzo di computer, televisione e tablet abbiano aumentato il rischio di problemi agli occhi -  afferma Francesco Bandello, primario di Oculistica dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano - tuttavia, a livello epidemiologico, è vero che lo stile di vita contemporaneo contribuisce ad accrescere l’incidenza di alcuni disturbi, in primis la miopia. Quando si legge da vicino si accomoda l’occhio, ossia si varia la curvatura del cristallino per mettere a fuoco ciò che si deve capire. Se l’accomodazione è frequente e ripetuta per tanti anni, anche da giovani e con poche pause, si creano i presupposti per l’insorgenza della miopia, anche in persone che non sarebbero portate".

Perciò è importante pianificare una visita oculistica prima del periodo scolare, quando ancora si può intervenire e risolvere gran parte dei problemi, come la frequente ambliopia (più conosciuta come occhio pigro). Gli esperti consigliano un controllo intorno ai 3 anni, ma "anche prima se il bimbo strizza spesso le palpebre, ha mal di testa frequente, si inclina da un lato per osservare le cose e si strofina ripetutamente gli occhi", suggerisce Bandello. Secondo i dati forniti da un’indagine dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità su più di 70 mila bambini dai 3 agli 11 anni, la prevalenza dei vizi refrattivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo) nell’età scolare raggiunge circa il 30%, l’ambliopia il 3,8% e lo strabismo conclamato e latente rispettivamente l’1 e il 9%.

"Prima dei 7-8 anni il difetto refrattivo prevalente è l’ipermetropia, con o senza astigmatismo - spiega Filippo Cruciani, referente scientifico di Iapb Italia Onlus - dopo gli 8 anni aumenta la miopia, che ha il picco nell’adolescenza, e il dato è in continua crescita". Da sfatare, invece, il mito della miopia causata dalla scuola: "Non è vero che sforzando gli occhi in classe si stimola l’insorgenza del disturbo. Gli occhi sono fatti per vedere tanto quando le gambe per camminare – riprende l’esperto del San Raffaele – la miopia e gli altri vizi di refrazione insorgono negli anni della pubertà perché è un periodo di sviluppo e crescita per tutto il corpo, compresi gli occhi. Sfatiamo anche il concetto che se gli occhiali da vista non vengono aggiornati ogni anno il disturbo peggiora. Non è così: si vede solo male".

Durante il prossimo anno scolastico, quando i bambini torneranno tra i banchi di scuola ma continuerà l’utilizzo dei dispositivi digitali, l’esperto suggerisce tanti momenti di pausa. "Ogni ora intervallare gli schermi con l’osservazione di oggetti a una distanza infinita, cioè oltre i cinque metri. Ad esempio, andare alla finestra e guardare le macchine oppure un albero o una casa lontani. In questo modo si rilascia l’accomodazione dell’occhio e si evita uno sforzo continuativo". Armarsi poi contro le luci blu-viola dei device, che a lungo termine ricerche di laboratorio sui topi hanno dimostrato essere dannose per le cellule retiniche. "Sull’uomo è difficile fare studi analoghi perché bisognerebbe avere un gruppo di confronto che non è mai stato esposto alle luci degli schermi digitali per anni, ma pensiamo che a lungo andare non facciano bene. Perciò consiglio occhiali da vista con lenti anti riflesso che proteggono dalle radiazioni delle luci blu-viola dei device elettronici".
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