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"Il virus resiste 28 giorni sulle superfici. Ma in laboratorio"

"Il virus resiste 28 giorni sulle superfici. Ma in laboratorio"
Parla l'autore dello studio Shane Riddell: "Raggi ultravioletti, temperatura e umidità: impattano sull’infettività"
2 minuti di lettura
SI SA che la diffusione del Sars-Cov-2 avviene per via aerea, e alcuni studi hanno mostrato che il virus può rimanere infettivo, nelle particelle sospese nell’aria, per più di tre ore. Ci sono meno certezze, però, su quanto rimanga infettivo il virus sulle superfici che, tutti i giorni, tocchiamo. In particolar modo quelle degli spazi pubblici. Uno studio pubblicato sul Virology Journal da ricercatori dello Csiro (l’equivalente australiano del nostro CNR) ha investigato su questo aspetto. Trovando che il virus può resistere anche fino a 28 giorni su certe superfici.

«Il nostro studio ha dimostrato che, in certe circostanze specifiche come l’assenza di luce, il Sars-Cov-2 può rimanere infettivo per almeno 28 giorni, una durata significativamente più lunga rispetto a quanto suggerito dagli studi pubblicati sinora» spiega Shane Riddell, virologo dello Csiro. «Lo abbiamo dimostrato su superfici come l’acciaio, il vinile, il vetro, la carta – materiali che troviamo su superfici esposte al pubblico come le banconote, i bancomat, gli smartphone, le ringhiere e i corrimano».


Niente allarmismi

Bisogna però evitare gli allarmismi ricordando che i 28 giorni di durata del virus sono stati ottenuti in condizioni di laboratorio che non sono rappresentative della realtà di tutti i giorni. «È importante sottolinearlo: abbiamo ottenuto questo risultato in un ambiente controllato, con temperatura e umidità costante» osserva Riddell. «In uno scenario da “mondo reale”, queste superfici sarebbero esposte a raggi ultravioletti e fluttuazioni di temperatura e umidità: tutti fattori che impattano sull’infettività del virus: non ci aspettiamo che il Sars-Cov-2 possa resistere per 28 giorni in condizioni normali: il nostro studio è stato progettato per esplorare il peggior scenario possibile». Nello studio si è visto che all’aumentare della temperatura – manipolata dai ricercatori- si riduce l’infettività del virus. Con una temperatura di 20 gradi centigradi, il virus è stato trovato dopo 28 giorni su vetro, acciaio inox spazzolato, vinile, banconote di carta e banconote di polipropilene. Mentre su materiali porosi, come il cotone, dopo 14 giorni non c’era più traccia del virus. A 30 gradi di temperatura, il virus è rimasto infettivo per 7 giorni su acciaio, vetro e polipropilene, per 3 giorni su vinile e cotone e per 21 giorni sulle banconote di carta (dove però era rimasto in quantità esigue). A 40 gradi il virus non ha resistito più di 24 ore sul cotone e più di 48 ore su tutte le altre superfici esaminate nello studio. «Sappiamo che l’aumento della temperatura riduce in modo netto la durata dell’infettività del virus, e un altro fattore importante sono i raggi ultravioletti» commenta Riddell. «La combinazione di questi due fattori può aver giocato, probabilmente, un ruolo nel calo del numero di infetti durante l’estate». Questo, ovviamente, nell’ipotesi che toccare una superficie dove il virus è rimasto infettivo – e poi magari toccarsi la bocca, il naso o gli occhi - può trasmettere una quantità di virioni sufficiente ad essere contagiati: un’ipotesi che al momento non è ancora del tutto convalidata dalla comunità scientifica internazionale. «Mentre il modo primario di diffusione del Sars-CoV-2 sono i virioni sospesi nei droplet e nell’aerosol, ci sono alcuni potenziali esempi di infezioni dove i fomiti (ovvero gli oggetti in grado di trasmettere il virus) possono aver giocato un ruolo» spiega Riddell.

«Ad esempio è stato pubblicato su Lancet uno studio che mostra un’infezione per una persona seduta sullo stesso banco di una chiesa che era stato occupato da persone infette. E in Nuova Zelanda sono stati segnalati casi di possibile infezione avvenuta toccando un bidone della spazzatura e un pulsante dell’ascensore. Ma questi ultimi due casi rimangono aneddotici». È comunque utile un’attenta prevenzione. «Il messaggio principale del nostro studio è: lavatevi regolarmente le mani, e, dopo aver toccato superfici toccate da molte persone, ad esempio le maniglie o i sedili della metropolitana, usate un disinfettante che abbia un contenuto di alcol almeno del 70%» ammonisce Riddell. «Pulite frequentemente banchi e scrivanie, e quando possibile evitate di toccarvi il viso». Tra le reazioni critiche allo studio australiano, quella dello pneumologo britannico Ron Eccles. Eccles ha fatto notare su BBC News che i virus che troviamo sulle superfici sono spesso accompagnati dal muco di coloro che li hanno lasciati lì toccandole. Ed essendo il muco un ambiente ostile al virus, per via degli enzimi antivirus che contiene, la capacità del virus di infettare - in una situazione più realistica rispetto all’asettico laboratorio dello Csiro - potrebbe durare solo per poche ore.