POTREBBE essere il momento giusto per smettere di fumare visto che le sigarette sembrano rappresentare un rischio anche per il coronavirus. Stando ad uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Thorax dai ricercatori del King's College di Londra, infatti, chi fuma sigarette presenta un numero di sintomi del Covid-19 più elevato rispetto ai non fumatori e corre un rischio doppio di essere ricoverato. I ricercatori hanno analizzato i dati di utenti inglesi dell'app ‘Zoe Covid Symptom Study’ di cui l'11% erano fumatori. Si è visto così che - da marzo ad aprile 2020 - i fumatori avevano il 14% di probabilità in più, rispetto ai non fumatori, di sviluppare la classica triade di sintomi che suggeriscono la diagnosi di Covid-19: febbre, tosse persistente e mancanza di respiro. I fumatori positivi al Sars-Cov-2, inoltre, avevano il 29% di probabilità in più di avere oltre 5 sintomi associati a Covid-19 e il 50% di probabilità in più di averne oltre 10, tra cui perdita dell'olfatto, diarrea, affaticamento, confusione e dolore muscolare. Infine, avevano più del doppio delle probabilità di andare in ospedale.
Polmoni più fragili
Insomma, chi fuma e si ammala di Covid sta peggio. “E’ evidente da questo studio ma anche da quanto osserviamo noi nella pratica clinica - spiega Giulia Veronesi, direttrice del programma strategico di Chirurgia Robotica Toracica presso l’Irccs Ospedale San Raffaele e docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano - che il fumo provoca una maggiore suscettibilità allo sviluppo dei sintomi perché c’è un danno cronico della mucosa bronchiale e quindi una maggiore vulnerabilità anche alle infezioni e ai relativi sintomi”.
Il legame tra Covid e fumo
Anche altri studi avevano indagato sulla relazione tra fumo e Covid giungendo a conclusioni diverse. E ci sono anche ricerche che parlano di un effetto protettivo della nicotina. Una ricerca pubblicata sulla rivista “Therapeutic Advances in Chronic Disease” aveva mostrato che i fumatori ricoverati sono molto meno del previsto. Lo studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Patras, dell’Università dell’Attica Occidentale, dell’Università di Catania e dell’Università di New York, rappresenta la più grande meta-analisi sull’associazione tra fumo e Covid-19 pubblicata su questo argomento fino ad oggi, con un totale di 11.104 pazienti ricoverati in ospedale, di cui 961 fumatori.
Meno ricoveri, ma danni più gravi
Gli autori hanno calcolato la percentuale di pazienti ospedalizzati con Covid-19 che erano anche fumatori, tenendo in considerazione i tassi sul fumo tra la popolazione. La percentuale di pazienti con coronavirus e fumatori era 3-4 volte inferiore alla prevalenza dei tassi sul fumo prevista (basata sulla popolazione), anche attenendosi rigorosamente a fattori di età e genere. I pochissimi fumatori ricoverati in ospedale hanno avuto tra il 53 e il 59% di probabilità più alte di avere un esito negativo rispetto ai non fumatori. Insomma, risultati diversi. Come mai? "Gli studi in quest'area possono essere facilmente influenzati da problemi legati al campione reclutato e alle risposte fornite ai questionari”, spiega Mario Falchi, ricercatore capo e docente senior al King's College di Londra. “Ma i nostri risultati mostrano invece chiaramente che i fumatori corrono un rischio maggiore di soffrire di una gamma più ampia di sintomi Covid".
Il potenziale effetto protettivo della nicotina
Come spiegare, però, il fatto che tra chi sviluppa il Covid il numero di fumatori è inferiore rispetto a chi non lo prende? L’ipotesi avanzata da diversi ricercatori è il possibile effetto protettivo della nicotina. Il Coronavirus entra nell'organismo attraverso strutture chiamate recettori Ace-2, che rivestono la superficie di alcune cellule, comprese le vie respiratorie e i polmoni. Il numero di questi recettori varia in base alla genetica e alcune ricerche suggeriscono che sono più elevati nei fumatori. Questo potrebbe, in teoria, metterli a maggior rischio di contrarre il Coronavirus, ma poiché il virus causa danni ai polmoni riducendo il numero dei recettori Ace-2, il fatto che il fumo li aumenti potrebbe invertire l'effetto e prevenire i danni ai polmoni. D'altra parte, altri studi dimostrano che la nicotina riduce l'azione del recettore Ace-2, suggerendo che i fumatori hanno meno probabilità di prendere il virus.
Lo studio italiano
Su nicotina e Covid ha indagato anche uno studio pubblicato sulla rivista Critical care resuscitation e condotto dal San Raffaele di Milano. "È plausibile - aggiunge Veronesi - che la nicotina abbia un effetto di modulazione protettiva rispetto ai recettori Ace-2 come abbiamo riscontrato anche in un nostro studio nel quale abbiamo osservato come il tasso di fumatori fosse più basso nella popolazione positiva al Covid rispetto a quelli che avevano un test negativo indipendentemente dai sintomi”. Lo studio italiano è stato condotto su 400 casi ospedalizzati di cui 270 fumatori: “Solo il 2% dei pazienti positivi al Covid avevano una storia di fumo attivo. Inoltre, abbiamo fatto delle indagini nella nostra comunità ospedaliera e tra coloro che avevano preso il Covid la percentuale di fumatori era dell’11% rispetto al 17% dei positivi non fumatori. Quindi, la sigaretta ha un’associazione negativa rispetto a questo virus”. Insomma, un’ulteriore conferma del fatto che chi fuma prende meno il Covid, ma sviluppa sintomi più gravi.
Covid e sigaretta elettronica
Certo, il potenziale effetto protettivo della nicotina non annulla tutti i danni della sigaretta. Cosa succede, invece, nel caso della sigaretta elettronica? “Al momento - risponde Veronesi - non ci sono dati di correlazione tra Covid e sigaretta elettronica ma abbiamo in corso un ampio studio nazionale epidemiologico sull’intensità dei sintomi e il rischio di infettarsi”. Lo studio, coordinato dall’Istituto Mario Negri e a cui partecipano 40 centri in tutta Italia, fornirà informazioni più dettagliate in merito nei prossimi mesi. “Certo - prosegue l’esperta - la sigaretta elettronica potrebbe fornire la sostanza che risulta protettiva, cioè la nicotina, senza tutti i danni correlati alla combustione del tabacco come la cancerogenesi e l’infiammazione delle vie aeree. Sappiamo che la sigaretta elettronica può ridurre già di per sé i danni del fumo perché si sostituisce al consumo di sigaretta e i nostri dati ci dicono che c’è effettivamente una riduzione dei sintomi respiratori, ma noi non la promuoviamo perché la nicotina crea dipendenza e altri problemi come, per esempio, una maggior predisposizione alla formazione di placche ateriosclerotiche con un conseguente danno cardiovascolare”.
Mani e bocca, i rischi di una fumata
Per ribadire che il fumo - nonostante il potenziale effetto protettivo della nicotina - va scoraggiato, gli esperti ricordano che già l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha sottolineato come la maggiore vulnerabilità all’infezione da nuovo Coronavirus deriverebbe dall’atto stesso del fumo: le dita, ed eventualmente le sigarette contaminate, arrivano a contatto con le labbra, e questo aumenta la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca. “Nel momento in cui il virus circola come accade in questi mesi - chiarisce Veronesi - la sigaretta può essere una via di contagio.
La campagna “Se Vuoi fumare allontanati”
Proprio da questo potenziale rischio è nata, per esempio, l’idea della campagna di sensibilizzazione “Se Vuoi fumare allontanati”, patrocinata da Comune e Provincia di Prato, nell’ambito del progetto “Ti Accompagno” con l’obiettivo di garantire la sicurezza e il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del Covid alle fermate degli autobus. “Inoltre, a causa del fumo, le persone possono anche avere già una malattia polmonare sottostante o una ridotta capacità polmonare e questo aumenterebbe notevolmente il rischio di sviluppare forme di malattia gravi, come la polmonite”, conclude l’esperta. Senza considerare che diminuire il vizio del fumo, potrebbe anche contribuire a ridurre il carico del sistema sanitario derivante dall'aumento dei ricoveri in ospedale.