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Salute Seno

Tumori al seno e mutazione Brca: troppe differenze nella sanità da regione a regione

Tumori al seno e mutazione Brca: troppe differenze nella sanità da regione a regione
Percorsi diversi di sorveglianza attiva e persino diversi rimborsi per le prestazioni per chi ha una mutazione nei geni Brca: ecco perché vivere a Modena o a Palermo può cambiare la storia della malattia. La fotografia dei 21 distretti sanitari scattata dall'associazione aBRCAdabra
5 minuti di lettura

Elena abita a Modena e sa di avere una mutazione nel gene Brca1: vuol dire che ha un rischio elevato di sviluppare tumori all'ovaio, al seno, al pancreas e, sebbene in misura minore, in altri organi, come il colon. L'ha ereditata da suo padre Lino, che quindi ha anche lui un rischio più alto di ammalarsi degli stessi tumori - compreso quelli della mammella ed eccezion fatta solo per l'ovaio (ovviamente), che viene però sostituito dalla prostata. Luisa è a Palermo, anche lei è Brca-mutata. Michele è di Napoli, Giorgia di Mestre.

Se il tipo di mutazione è lo stesso, ci sarà anche uno stesso percorso per la sorveglianza attiva (cioè la diagnosi precoce di eventuali tumori)? O no? Certamente no. E, neanche a dirlo, pure l'esenzione prevista per questi esami - che devono essere frequenti - cambia da regione a regione. A scattare una fotografia aggiornata di cosa accade nei nostri 21 "distretti" sanitari è l'associazione aBRCAdabra, che ha presentato i dati ieri, nel corso del suo convegno scientifico annuale, presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma.

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"Delle nostre 21 Regioni e Province autonome, 13 non hanno un Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale (PDTA) per l'alto rischio, e 11 non prevedono l'esenzione D99 che copra gli esami per la sorveglianza", riassume il quadro, a dir poco scoraggiante e disomogeneo, Ornella Campanella, presidente di aBRCAdabra. Diamo i nomi, che sono il frutto di un enorme lavoro da parte dell'associazione: Emilia Romagna (che ha fatto da apripista, già nel 2012), Liguria, Veneto, Toscana, Sicilia e Campania hanno sia un PDTA sia l'esenzione (ma tutte non con lo stesso codice). Lombardia, Piemonte e Puglia hanno solo l'esenzione, il Lazio ha solo il PDTA. Solo 5 regioni prevedono il percorso/l'esenzione anche per gli uomini (Veneto, Toscana, Sicilia, Campania e Puglia). 

La prevenzione? Spesso si paga di tasca propria

Per comprendere le contraddizioni: "Il Lazio ha un PDTA, ma non l'esenzione, quindi le donne che vogliono fare diagnosi precoce devono pagarsela da sole. Piemonte, Lombardia e Puglia, al contrario, garantiscono l'esenzione, ma non hanno definito a livello regionale quale sia questo percorso di sorveglianza da seguire. Ma se le prestazioni di sorveglianza non sono all'interno di un PDTA regionale si crea frammentazione, con il rischio di sprecare denaro e di non mettere davvero in sicurezza le famiglie". 

Andando a leggere le delibere si scopre, inoltre, che il percorso è il più vario: il rischio di tumore del pancreas è preso in considerazione solo in Sicilia, il rischio per il tumore del colon e per il melanoma solo in Sicilia e in Campania (sebbene non si possa affermare che fare di più significhi sempre fare meglio, in mancanza di evidenze scientifiche forti). Negli altri casi si considera esclusivamente il rischio per il tumore dell'ovaio e del seno. E, restando sul tumore al seno, c'è chi rimborsa l'ecografia mammaria a partire dai 25 anni, chi dai 18, chi dai 30. Ampia variabilità anche per la fascia di età in cui si rimborsa la mammografia e la risonanza magnetica. 

Molte prestazioni escluse dai Lea

"Rileviamo una grandissima disomogeneità - continua Campanella - eppure, in teoria le fonti alle quali ispirarsi dovrebbero essere le stesse per tutti. Cosa significa? Che in base a dove si abita si hanno possibilità diverse. Quindi esiste un problema, per non parlare del fatto che molte delle prestazioni non sono neanche nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Mi riferisco, per esempio, al supporto psiconcologico delle persone portatrici della mutazione dei geni BRCA o alcune prestazioni della ricostruzione del seno per chi sceglie la mastectomia profilattica. Faccio un esempio banale: quando non può essere messa subito una protesi definitiva e viene utilizzato l'espansore (una sorta di palloncino provvisorio, ndr.), il lipofilling e il gonfiaggio progressivo non sono previsti, quindi le pazienti devono far fronte a questa spesa con le loro risorse per diverse settimane". 

Le richieste delle pazienti

L'associazione ha chiamato attorno a un tavolo l'Associazione italiana di Oncologia Medica per fare squadra. Otto le richieste: rendere omogenei i PDTA per l'alto rischio eredo-familiare secondo modelli basati sull'evidenza scientifica; estendere l'esenzione D99 a tutte le regioni; rivedere e standardizzare l'elenco delle prestazioni rimborsate; promuovere il coinvolgimento del territorio, in primis i medici di medicina generale che sono spesso ignari dell'alto rischio; individuare dei centri regionali Hub per l'alto rischio e fare in modo che le persone  possano conoscere i centri a cui rivolgersi in modo semplice e chiaro, all'interno di uno spazio istituzionale; inserire la chirurgia per la riduzione del rischio nei LEA; costruire un registro nazionale per comprendere l'epidemiologia italiana delle mutazioni Brca; integrare nei PDTA anche il contatto con i centri per la preservazione della fertilità. "Questi documenti non sono pezzi di carta, ma cambiano la storia delle persone", sottolinea Campanella: "E ci aiutano anche a indirizzarle verso i centri riconosciuti dalle Regioni. Il vantaggio che vogliamo garantire è uno: il diritto alla salute. Che dovrebbe essere l'interesse primario collettivo di istituzioni, comunità scientifica e il nostro, che siamo gli 'avvocati' dei pazienti".

Claudia, che ha imparato ad ascoltare

Che parliamo di vite e non di pezzi di carta lo dimostra la storia di Claudia. Prima si era ammalata sua zia paterna: un tumore al seno diagnosticato tanti anni fa e poi un secondo tumore, sempre al seno, nel 2018. Quello stesso anno, pochi mesi più tardi, si ammala anche sua sorella, all'età di 42 anni. Il referto è quello di un carcinoma mammario triplo negativo, aggressivo, e il test BRCA risulta positivo: c'è una mutazione ereditaria nel gene BRCA1. Claudia, 32 anni, racconta ora la sua storia, e quella della sua famiglia, davanti a una platea di medici e pazienti: "Ho fatto il test grazie a mia sorella. Anche io sono risultata positiva e all'inizio è stato duro ricevere quella risposta e le tantissime informazioni che sono seguite. Nessuno può essere preparato ad ascoltare quello che ti diranno i medici, se hai una mutazione. Soprattutto, mi sono resa conto che la mia testa proprio non voleva ascoltare".

I medici le avevano parlato dei possibili percorsi e delle scelte da fare: la diagnosi precoce, con la risonanza magnetica, l'ecografia; oppure l'intervento di chirurgia profilattica, con l'asportazione dei due seni e, più in là, delle ovaie.... Le sembrava tutto esagerato: "Non avevo assolutamente compreso la gravità della situazione né l'urgenza. Non sapevo nulla di tumore al seno triplo negativo, di rischio genetico, di mutazioni. Solo dopo alcuni mesi, cercando sui social, ho trovato l'associazione aBRCAdaBRA, e mi si sono aperti gli occhi. Leggere tantissime storie di altre famiglie come la mia, di ragazze che avevano casi e casi tra i parenti, o che si erano ammalate a 20 anni mi ha fatto improvvisamente prendere coscienza di quello che stavo vivendo. Ho capito solo allora che era una cosa seria e finalmente ho cominciato ad ascoltare quello che stava dicendo il medico".

Il rifiuto e la tentazione di rimandare

Ancora, però, Claudia avrebbe voluto aspettare, rimandare il percorso: "Pensavo all'intervento e mi dicevo: dopo, ora mi devo sposare, poi faccio un figlio così lo allatto, e poi mi metto in lista di attesa. Erano sciocchezze e questa volta ci ha pensato mia sorella a farmelo capire. Mi ha guardato negli occhi, mi ha ricordato che il suo tumore si era sviluppato in tempi rapidissimi. Temeva di non riuscire a vedere i suoi figli andare alle scuole medie, come purtroppo è stato, perché lei ci ha lasciato pochi mesi fa". 

"Non mi sono mai pentita di aver fatto l'intervento -  continua Claudia - e l'ho fatto anche per i suoi figli: spero che mia nipote in futuro, quando farà il test, se dovesse risultare positiva, potrà guardarmi e sapere che andrà tutto bene. E spero di avere anche io un figlio a cui poter dire che va tutto bene".

Capire l'importanza del test genetico

Claudia ha un messaggio importante da dare, anzi due: uno per chi riceve l'esito positivo del test genetico BRCA, affinché impari ad ascoltare e ne capisca l'importanza e ogni conseguenza. E uno per i medici, affinché imparino a comunicare con i pazienti. "Anche io, nel mio percorso, ho incontrato operatori sanitari che mi hanno suggerito di aspettare a fare l'intervento, perché 'tanto ero giovane' - spiega Claudia - Questo crea una grande confusione in noi. Mi rendo conto che è difficilissimo comunicare cosa comporta avere una mutazione BRCA. A me è servito il confronto tra pari: è importantissimo che ci sia una associazione come aBRCAdaBRA e forse gli oncologi dovrebbero consigliare a tutte le pazienti BRCA mutate di contattarla e ascoltare quello che ha da dire chi ci è già passato". 

Il registro "di" Fabi

Nel corso del convegno è stata anche presentata la prima borsa di studio dedicata a Fabiana Gregori, co-fondatrice dell'associazione, mancata per un tumore al seno Brca-associato nel 2016, a 36 anni. "È stato emozionante consegnare la prima borsa di studio di aBRCAdabra intitolata a Fabiana Gregori", conclude Alberta Ferrari coordinatrice del Comitato Tecnico Scientifico dell'associazione: "La vincitrice è una giovane biologa, Francesca Doyle, e lo studio sarà coordinato da me, Matteo Lambertini (Genova) e Domenica Lorusso (Roma) su un progetto nato proprio da un'intuizione di Fabiana, ovvero l'esigenza di iniziare una sorta di registro che raccolga i dati delle persone italiane positive alla mutazione BRCA. L'iniziativa nasce dall'assenza di dati epidemiologici e clinici della popolazione BRCA italiana: partiamo da quelli delle persone che afferiscono alla nostra rete".