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Allenarsi di più per mangiare di meno? Funziona, ecco cosa fare

Allenarsi di più per mangiare di meno? Funziona, ecco cosa fare
Nessun farmaco riesce a preservare come il movimento altrettanto bene il nostro corpo, la mente e il cuore. Ovvero i due organi che regolano la nostra sopravvivenza e l'intera "macchina", nel suo complesso. Ma quanto e cosa dobbiamo fare?
4 minuti di lettura

Alzi la mano chi, dopo una corsa o una seduta di aerobica piuttosto intensa, non sia entrato nella doccia affermando tra sé e sé: "E chi cena, stasera?". Una riflessione molto comune, dovuta a come ci sentiamo dopo l'attività fisica che sembra averci tolto l'appetito, sul piano scientifico ritenuta finora però aneddotica.

Ma le esperienze di questo tipo descritte dagli sportivi, professionisti e non, erano troppe per non instillare il dubbio. Da qui l'interesse degli scienziati per provare a chiarire quale fenomeno si celi dietro il calo dell'appetito in seguito (soprattutto) a un allenamento aerobico di moderata intensità. E la scoperta che a metterci lo zampino sono una serie di sostanze, principalmente ormoni, la cui sintesi aumenta proprio in seguito all'attività fisica. Con un'azione che determina un calo dell'appetito.

Aspetto questo che, unito all'aumento del consumo energetico, concorre ad aumentare i benefici indotti dalla pratica sportiva. Per tutti, certo; e in particolare per chi vuole perdere, o controllare, il peso. Resta da chiedersi da un lato cosa accade nel nostro corpo quando ci muoviamo, e, dall'altro, quanto ci dobbiamo muovere per avere effetti tangibili. Vediamo.

Gli scienziati lo sanno da tempo, ma negli ultimi anni si stanno impegnando maggiormente per favorire la conoscenza nella popolazione generale di quanto faccia bene l'attività fisica. Semmai esistesse un elisir di lunga vita, sarebbe rappresentato proprio dal movimento. Nessun farmaco, infatti, riesce a preservare contemporaneamente il nostro corpo, la mente e il cuore. Ovvero i due organi che regolano la nostra sopravvivenza e l'intera "macchina", nel suo complesso. Quanto e cosa dobbiamo fare?

10.000 passi al giorno sì o no?

Dopo la "sbornia" dei diecimila passi al giorno, l'Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito delle indicazioni di più facile applicazione nella vita quotidiana.

Se parliamo di prevenzione in età adulta (18-50 anni), l'indicazione è quella di svolgere ogni settimana almeno 150 minuti di attività fisica aerobica di moderata intensità. Se invece vi è anche la necessità di perdere peso, si dovrebbe tendere al raddoppio di questa indicazione. Ovvero 300 minuti - un'ora al giorno dal lunedì al venerdì, 45 minuti se si preferisce diluire l'attività nell'arco dei sette giorni - abbinando alla parte aerobica un lavoro di forza mirato a non disperdere la massa magra con la dieta. Una necessità, se si considera che nessun tessuto più dei nostri muscoli è in grado di consumare energia. E dunque più questi "pesano" all'interno del nostro corpo, maggiormente sostenuto è il ritmo del nostro metabolismo.

E questo è quanto già sappiamo. Ma ciò che gli scienziati hanno scoperto di recente è che, oltre ai benefici diretti, ce ne sono altri meno scontati determinati dall'attività fisica. Più ci muove, infatti, meno e meglio si mangia. Considerazioni che gli sportivi troveranno scontate, sulla base della loro esperienza. Ma dietro cui, sappiamo oggi, si cela un razionale scientifico.

Più ci si muove e meno si mangia

Nell'ultimo decennio diversi studi hanno evidenziato come l'attività fisica aerobica (per intenderci: footing, nuoto, cyclette, tennis, pallavolo, calcetto) agisca su due ormoni intestinali coinvolti nei meccanismi di controllo della fame: riducendo i livelli della grelina (capace di stimolare l'appetito) e aumentando quelli del peptide YY (legato al senso di sazietà). A ciò, come dimostrato in uno studio pubblicato nelle scorse settimane sulla rivista Nature, potrebbe aggiungersi l'azione svolta da un'altra molecola.

Il segreto di un amminoacido

A determinare un calo dell'appetito dopo l'attività fisica aerobica potrebbe essere infatti Lac-Phe, acronimo di N-lactoyl-fenilalanina. Si tratta di un amminoacido derivato dal lattato, sostanza che si accumula nei muscoli in seguito a uno sforzo fisico intenso.

Un gruppo di camici bianchi delle facoltà di medicina degli atenei statunitensi di Stanford e Houston ha rintracciato il composto nel sangue di un gruppo di topi tenuti a correre per almeno mezz'ora sul tapis roulant. In seguito la stessa rilevazione è avvenuta in un campione di cavalli da corsa e uomini, a margine di una corsa in moderata intensità. Ma non solo. Gli stessi autori hanno registrato come, somministrando Lac-Phe per dieci giorni a ratti che seguivano una dieta ad alto contenuto di grassi, lo stimolo della fame sia gradatamente calato. E di conseguenza sia migliorato anche il profilo metabolico degli animali.

L'azione "dimagrante" di Lac-Phe è, infine, dimostrata dalla sua assenza, in topi privati di Cndp2, un enzima coinvolto nella sintesi del composto. "L'effetto anoressizzante determinato da questo composto sembra indiscutibile, sebbene i dati ottenuti sull'uomo siano meno robusti rispetto a quelli derivati dai ratti", ammette Daniela Lucini, responsabile del servizio di Medicina dello sport ed esercizio fisico dell'Istituto Auxologico Italiano di Milano: "Non sappiamo come agisca, anche se è ragionevole immaginare un'azione a livello dei centri di controllo dell'appetito presenti nell'ipotalamo. Occorre però precisare che la sintesi è stata osservata in seguito a un esercizio di massima intensità. Camminare mezz'ora, cioè, non è sufficiente a innescare questa serie di reazioni che alla fine determina un calo dell'appetito".

Puntare sull'aerobica

Il beneficio maggiore sembra essere indotto da un esercizio di tipo aerobico intenso, in grado di innescare anche una sintesi di lattato: prodotto di scarto del metabolismo in assenza di ossigeno. "I risultati migliori si ottengono dalla giusta combinazione di uno sforzo di resistenza e di uno di forza", prosegue Lucini: "Il primo è determinato dal movimento coordinato di tutti i muscoli del corpo. Il secondo dallo sviluppo di una grande energia, necessaria a opporsi a una resistenza come quella posta da un peso".

Secondo le principali linee guida, per aumentare la sopravvivenza e ridurre i rischi di sviluppare malattie cardiovascolari, metaboliche e tumori occorre svolgere un'attività fisica di tipo aerobico. Anche questa, seppur in minima parte, concorre alla sintesi di Lac-Phe.

Lo sport è un farmaco, facciamolo con criterio

Gli esperti, dunque, sono ormai concordi nel considerare l'attività fisica come il più potente farmaco a nostra disposizione. Ma c'è un rovescio della medaglia che deve spingerci all'attenzione. "Nessuna molecola è in grado di determinare al contempo una serie di benefici a carico di diversi organi e apparati", conclude Lucini: "Questo vuol dire però anche che, più di una singola pillola, il movimento può farci molto bene o creare dei danni.

Ecco perché, anche in questo ambito della medicina, siamo nell'epoca della personalizzazione. Il movimento andrebbe prescritto, combinando attività di resistenza ed esercizi di forza sulla base delle condizioni e degli obbiettivi di ogni singola persona". Insomma, massacrarsi di fatica non serve di per sé per ottenere un risultato, ma è bene compiere uno sforzo adeguato che richieda di movimentare energia anche a partire dai grassi.

"Più che dimagrire, attraverso l'attività fisica puntiamo ad arrivare a quella che noi definiamo un'ottimizzazione della massa corporea", conclude la studiosa. Nella pratica: meno grasso e ossa e muscoli più forti.