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Tumore al seno, le nuove terapie per la fase avanzata

Crediti: National Cancer Institute via Unsplash
Crediti: National Cancer Institute via Unsplash 
Un punto sui nuovi farmaci, già disponibili in Italia o approvati ancora soltanto a livello europeo o oltreoceano. A guidarci è Fabio Puglisi, ordinario di Oncologia Medica all'Università di Udine
3 minuti di lettura

Negli ultimi mesi sono arrivate due approvazioni, una negli Usa e una in Europa, per nuovi farmaci per il tumore al seno metastatico: elacestrant e trastuzumab deruxtecan. Che si aggiungono ad altre recenti terapie. Come sta accadendo nel tumore in stadio precoce, anche il panorama per la fase avanzata della malattia - che in Italia interessa circa 50 mila donne, secondo le ultime stime - continua a cambiare. L’obiettivo è spostare l’asticella della sopravvivenza sempre più in là. Abbiamo chiesto a Fabio Puglisi, Ordinario di Oncologia Medica dell'Università di Udine e Direttore di Oncologia Medica presso l'IRCCS CRO di Aviano, di farci da guida nell’intricato mondo dei nuovi farmaci per il carcinoma mammario al IV stadio.

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Quando si usa l’immunoterapia

Cominciamo dal tipo di tumore al seno avanzato ‘triplo negativo’ (che riguarda circa il 10-15% dei casi), così chiamato perché non presenta nessuno di quei tre “bersagli” contro cui, fino a non molto tempo fa, esistevano le uniche terapie mirate: niente recettori per gli ormoni - estrogeni e progesterone - e niente (o pochi) recettori Her2. “Il carcinoma mammario triplo negativo è stato sempre considerato quello con minori possibilità terapeutiche, ma la situazione sta finalmente cambiando - dice Puglisi a Salute Seno - Un'importante novità è stata l’arrivo dell’immunoterapia, che può essere prescritta insieme alla chemioterapia quando il tumore presenta il biomarcatore PDL-1. Attualmente è approvata in Italia una sola immunoterapia per questa fase, atezolizumab, ma è attesa a breve la rimborsabilità anche per un altro farmaco immunoterapico, pembrolizumab (che ha ricevuto il via libera a livello europeo nell’ottobre del 2021, ndr.)”.

Quando si usano i Parp-inibitori

C’è poi un altro gruppo di pazienti con tumore triplo negativo, quelle che presentano una mutazione nei geni BRCA, per le quali è possibile ricorrere a farmaci mirati chiamati inibitori di Parp. “In Italia ne sono approvati due: olaparib e talazoparib - prosegue - Oggi, però, entrambi questi farmaci possono essere impiegati solo per chi ha una mutazione genetica germinale, cioè ereditaria, mentre non sono prescrivibili per chi ha una mutazione somatica (nei casi, per esempio, in cui la mutazione sia presente solo nel genoma del tumore, ndr.), a differenza di quanto accade per le pazienti con tumore ovarico BRCA-mutato”. Questo dipende dagli studi su cui si è basata l’approvazione dei farmaci, che avevano arruolato solo pazienti con tumore al seno con mutazioni germinali. Nel prossimo futuro, si auspica che nuove evidenze scientifiche portino a un’estensione dei criteri di accesso.

Quando si usa l’anticorpo coniugato

Anche per chi non presenta mutazioni BRCA o il marcatore PDL-1 c’è una classe di terapie davvero innovativa, gli anticorpi farmaco-coniugati. Il farmaco approvato a livello italiano per il tumore al seno metastatico triplo negativo si chiama sacituzumab govitecan: “È un anticorpo in grado di trasportare più molecole di un chemioterapico direttamente alla sede tumorale - spiega Puglisi - L’anticorpo, infatti, è in grado di riconoscere e di legarsi a uno specifico bersaglio, la proteina Trop2, presente su oltre l’80% dei carcinomi mammari triplo negativi, e di rilasciare il chemioterapico in modo estremamente mirato. La terapia è ben tollerata e gli studi hanno dimostrato un guadagno importante in termini di sopravvivenza”.

Non chiamatelo "triplo negativo"

Ha ancora senso parlare, quindi, di tumore ‘triplo negativo’, visto che il nome indica l’assenza di bersagli per farmaci mirati? “Siamo sempre più convinti che sia da abbandonare - risponde l’oncologo - ed è anche ora di togliere l’accezione negativa che da sempre lo accompagna”. Anche perché c’è una buona fetta di casi da sempre considerati triplo negativi che in realtà non lo sono. Vengono infatti chiamati oggi Her2 low (low significa basso, poco) e rappresentano una nuova categoria di tumori al seno, per cui è stata da poco approvata la prima terapia a livello europeo: l’anticorpo coniugato trastuzumab deruxtecan (già impiegato nei classici tumori Her2 positivi). “Prima che introducessimo questa definizione, l’85% dei tumori al seno veniva considerato Her2 negativo - commenta Puglisi - oggi, invece, sappiamo che circa il 60% di questi è in realtà Her2 low, il che vuol dire ampliare il ventaglio delle possibilità terapeutiche per molte pazienti”.

Un nuovo farmaco per i tumori “ormonali”

E ora arriviamo ai tumori al seno metastatici più frequenti, quelli, a recettori ormonali positivi, chiamati luminali. L’approvazione più recente riguarda gli Stati Uniti, dove l’FDA ha dato via libera a elacestrant per le donne in post-menopausa (e gli uomini) con mutazione del gene ESR1. Di cosa si tratta? “Di un farmaco orale SERD (degradatore selettivo del recettore degli estrogeni) - risponde il medico - ossia la stessa classe a cui appartiene un farmaco che già usiamo, il fulvestrant, che però si somministra per via intramuscolare, due volte al mese. L'aspetto interessante di elacestrant, però, è che sembra funzionare particolarmente bene in presenza di mutazioni di ESR1, che promuovono la proliferazione del tumore anche quando non vi è lo stimolo da parte degli estrogeni”. In pratica, in presenza di questa mutazione è come l’interruttore del cancro fosse sempre on. “L’approvazione dell’FDA - prosegue Puglisi - riguarda, per adesso, le pazienti in cui la malattia progredisce dopo una precedente terapia ormonale”.

Come spesso ricordato dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e dalle associazioni di pazienti, una volta che un farmaco viene approvato nell’Unione europea è importante accelerare l’approvazione in Italia e, soprattutto, assicurare rimborsabilità ed equo accesso in tutte le regioni. La ricerca avanza davvero velocemente e bisogna garantire anche la sostenibilità del sistema sanitario, ma senza che nessuna paziente sia lasciata indietro.