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Angela Finocchiaro e il tumore al seno: “Vorrei che qualcuno ci dicesse perché…”

Angela Finocchiaro e il tumore al seno: “Vorrei che qualcuno ci dicesse perché…”
Ospite a Ieo per le donne, l’attrice ha raccontato la sua esperienza con la malattia. Disponibile online "Con altri occhi", un podcast con le storie di 5 donne accompagnate dalla voce narrante di Monica Guerritore
2 minuti di lettura

Io vorrei sapere perché viene a noi. Vorrei che qualcuno me lo spiegasse. E perché viene proprio lì! Proprio lì. Guarda che è una rottura di…”.

Provate a immaginarla l’espressione di Angela Finocchiaro mentre pronuncia queste parole. È su un palco, ma non sta recitando. Chiacchiera con Paolo Veronesi, come ospite e testimonial di Ieo per le donne (quella che è ormai un’istituzione e che ogni anno riunisce a Milano moltissime pazienti ed ex pazienti che hanno avuto il cancro al seno, per raccontare i progressi e le speranze). Come ha rivelato lo scorso 23 maggio su quel palco, Angela Finocchiaro parla per esperienza: anche lei ha avuto il tumore al seno, ormai 10 anni fa. E quel ricordo diventa condivisione.
 “Ho un sacco di amiche che ce l’hanno avuto. Ormai al telefono è tutto un ‘ah, anche tu!’ Prima di averlo, le contavo: quella ce l’ha avuto, quella anche… Se la statistica funziona, io magari… E invece…”.

Sotto e sopra il palco si ride. Poi, prima di mettersi a leggere Il Pornosabato dello Splendor di Stefano Benni, si fa seria per un momento: “Questa è una malattia subdola - dice - Non sul momento, quando uno l’affronta. Ma nel tempo. Corrode l’immagine. Aveva ragione tuo papà Umberto a dire che il difficile è toglierla dalla mente”.

Con altri occhi, il progetto podcast

Ecco perché c’è chi pensa che oggi il cancro al seno debba essere guardato con altri occhi. E proprio “Con altri occhi”, non a caso, è il titolo sia di questa edizione di Ieo per le donne, sia di una serie di 5 podcast realizzati in collaborazione con lo Ieo, per raccontare altrettanti aspetti della vita con e oltre la malattia, con la voce narrante di Monica Guerritore, anche lei ex paziente(disponibili su tutte le piattaforme audio gratuite: Spotify, Spreaker, Apple Podcasts, Google Podcasts, Amazon Music). Al Teatro Manzoni di Milano, insieme ad Angela Finocchiaro, ci sono anche loro: le protagoniste di quelle storie.

Tre diagnosi

Come Marina, che ha avuto il tumore al seno tre volte: nel 1998, nel 2013 e nel 2020. E racconta come è cambiata la comunicazione in questo arco di tempo. “La prima diagnosi - ricorda - era avvenuta con freddezza. All’inizio mi era stata consegnata una scatola di antinfiammatori che avrebbero dovuto risolvere il problema. La volta successiva, una radiologa mi disse solo ‘se conosce un bravo chirurgo, si faccia operare’. A distanza di 15 anni le cose sono andate molto diversamente: avvertivo una sorta di fatica, di pudore nel comunicare la terza diagnosi. Credo che anche per quella dottoressa non sia stato facile. Come mi disse Umberto Veronesi, la metà della cura la fanno le persone”. E persone lo siamo tutti, come ha ricordato Gabriella Pravettoni, direttore di Psiconcologia dell’istituto: “Tutti a un certo punto diventiamo pazienti, ma rimaniamo sempre persone che vivono di sentimenti ed emozioni. E spesso dimentichiamo che affrontare un percorso come quello del cancro è più facile se siamo in grado di avere un equilibrio noi per primi, e se ce l’hanno le persone che abbiamo intorno, compresi i medici”.

Cambiare la percezione della malattia

Oggi il tumore al seno è una malattia molto diversa rispetto al pensiero comune, che ancora la vede come una maledizione o un marchio a vita – dice Paolo Veronesi, Direttore del Programma Senologia IEO: “Sono finalmente arrivati alle pazienti i farmaci intelligenti, figli della decodifica del genoma. Inoltre è migliorata la prevenzione, tanto che oggi riusciamo ad individuare sempre meglio anche le persone a maggior rischio di ammalarsi. Fino a pochi anni fa conoscevamo 5 o 6 geni che predisponevano allo sviluppo della malattia, oggi ne conosciamo almeno il doppio e, se ne scopriamo le portatrici, possiamo attivare dei programmi di sorveglianza speciali. Il miglioramento delle cure ci ha anche permesso di occuparci ancora più estesamente della vita della donna oltre la malattia. Abbiamo imparato a preservare la fertilità tutte le volte che è possibile, a far sì che la donna si occupi anche della propria sessualità e del proprio benessere fisico e psichico in generale, senza considerarli come elementi superflui. Abbiamo buoni motivi per cambiare la nostra visione del tumore del seno - conclude - Modificare in positivo la prospettiva delle donne, dei medici e della società sarebbe già una vittoria sul cancro”.