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C'è una terapia per ogni tumore. Il cancro è sempre più curabile

Si apre a Chicago il più importante congresso mondiale sul cancro. Con 7000 nuove ricerche in campo. Per dire che oggi i tumori si possono curare. Partendo dai pazienti: i protagonisti dell'oncologia moderna
3 minuti di lettura

È successo qualcosa, anzi molto. Fino a una manciata di anni fa non credevamo fino in fondo che sarebbe accaduto davvero. Eppure oggi è lì, che si vede. Si vede intorno a noi con persone care malate di cancro, che avremmo pensato essere alla fine del loro percorso, e invece vivono, vivono, vivono. Si vede con il numero dei guariti che cresce esponenzialmente.

Con un esercito di italiani che vive anni e anni (molti anni) dopo aver incontrato il cancro, continuando a curarsi magari, ma anche, spesso, a lavorare, mettere su famiglia, provare a essere felice. Si vede quando un uomo parco e severo come Francesco Perrone dice, senza mezzi termini: "Oggi c'è un'opzione terapeutica per tutti i tipi di tumore" (il presidente eletto dell'Aiom lo ha fatto nell'intervista che trovate qui).

Così anche noi, che siamo stati sempre cauti, e che ancora lo siamo pensando ai tanti italiani che ogni anno comunque muoiono di cancro (181.330 nel 2021), partiamo per Chicago con la speranza che davvero il grande male stia, lentamente e con costi elevatissimi, umani soprattutto, diventando un male. Sempre più trattabile, curabile forse, anche.

7000 ragioni per sperare

Si apre l'annuale assise del gotha mondiale dell'oncologia, a Chicago dal 2 al 6 giugno. Quarantamila partecipanti, tutti raccolti sulle rive del lago Michigan in un centro congressi che sembra un alveare; così grande che per andare da un'aula all'altra qualcuno si porta persino i pattini. Più piccolo non potrebbe essere visto che in quattro giorni si presentano 7000 ricerche, si ascoltano decine di letture magistrali che segnano le linee direttive, indicano cosa accadrà.

E quest'anno è il titolo del Congresso stesso a scrivere la direzione che prenderà l'oncologia nei prossimi anni. "Partnering with Patients. The Cornerstone of Cancer Care and Research". Perché se è vero che oggi genetica e biologia molecolare hanno cambiato la storia naturale di molti tipi di cancro e che la rivoluzione in corso, quella delle terapie mirate agli agenti coinvolti nella cancerogenesi, è la strada maestra per la ricerca, il futuro dovrà essere scritto insieme ai pazienti. Come?

La rivoluzione copernicana

Guardiamo lo scenario: il cancro è diventato "i cancri". Non si cerca più di trovare terapie per le neoplasie che colpiscono i diversi organi, ma per gruppi di neoplasie caratterizzate da una o più variazioni genetiche responsabili (in parte) della malattia. E così abbiamo visto proliferare il numero di "cancri", di pari passo col numero di geni coinvolti.

Non più tumore del seno, ad esempio, ma diversi tumori caratterizzati da diversi geni che coinvolti nella genesi del tumore; ma poi, a volte, gli stessi geni sono coinvolti in tumori localizzati in altre sedi (come Brca, coinvolto nell'ovaio, nella prostata, e non solo). Una sempre maggiore indviduazione del bersaglio che le terapie devono colpire.

Giornata tumore ovarico. Nuove cure, prevenzione, testimonianze. Un'iniziativa di Salute - integrale

E questo lo abbiamo scritto tante volte raccontando cosa accadeva in oncologia. Oggi però qualcosa è cambiato ancora: i pazienti sono la pietra miliare; individuazione non è più solo individuazione genetica, ma di tutta la persona. L'intera vita del malato è al centro. Non si può più fare ricerca clinica senza pensare alla persona, a come sta quando inizia la cura, a cosa gli offre la terapia, agli effetti collaterali che soffre, alle conseguenze psicologiche e sociali della sua condizione.

Persone, non numeri né Dna

Siamo davvero lontani dall'oncologia dei pazienti-numero, degli studi regolati dalle severe leggi della biostatistica che ci dicono se una terapia funziona o no su gruppi di pazienti selezionati e standardizzati? Beh non proprio. Quegli studi sono ancora la base per decidere cosa funziona e cosa no. Non si scappa.

Ma poi... c'è un poi. C'è il mondo reale, quello delle persone, della loro condizione di salute, della loro personalissima biologia. Della diversità umana che, su questa Terra, è il vero banco di prova delle terapie. Che su qualcuno funzionano, su altri meno. Che per qualcuno sono tollerabili, per altri meno. Che a qualcuno restituiscono un futuro, ad altri no.

La caccia al gene non basta più

Ma la scena cambia anche rispetto al trend in corso: la spasmodica caccia al gene mutato, al pathway che va storto e porta al cancro. A cui segue la caccia alla molecola che può fermare la degenerazione; per uno, due, mille geni in ballo. Non c'è dubbio che è così - con la biologia molecolare, i grandi database, l'intelligenza artificiale - che si trovano e sperimentano nuovi farmaci. Ma, allo stesso modo, Asco, la più grande comunità di oncologi del mondo, quelli che hanno in mano tutte le carte per vincere il grande gioco dell'oncologia di precisione, oggi indica un'altra rotta (magari da percorrere parallelamente): l'individuo, che non è la somma dei suoi geni.

Un lampo nel futuro

La scommessa oggi è quella di un'oncologia che sappia coniugare il rigore e l'imparzialità della medicina dei protocolli (unica, per ora, garanzia che non si finisca nelle mani dei ciarlatani o di esperti della porta accanto), la spasmodica ma virtuosa caccia al gene reponsabile da colpire con una molecola mirata (che diventerà miliardaria) con la clinica capace di curare il malato, proprio quello lì, con le sua particolarissima biologia.

I 40.000 di Chicago sono chiamati a cominciare a farlo sin da subito. Noi cercheremo di raccontarvelo.