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Beta-talassemia, nuova terapia riduce del 30% trasfusioni di sangue e dona più tempo ai pazienti

La malattia costringe a frequenti accessi nei centri specialistici. La nuova molecola può diminuire il fabbisogno trasfusionale e le complicanze dell'accumulo di ferro. L'8 maggio la Giornata Mondiale di sensibilizzazione
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Il tempo è prezioso per tutti, ancor di più quando si convive con una malattia come la talassemia che costringe a frequenti accessi nei centri specialistici. Proprio per questo la disponibilità di una nuova terapia che può ridurre di oltre il 30% le trasfusioni di sangue è una notizia che può cambiare la vita dei pazienti che soffrono della beta-talassemia 'trasfusione dipendente'. In vista della Giornata Mondiale della Talassemia che si celebra l'8 maggio, si è svolta oggi una conferenza stampa a Roma, promossa da Celgene ora parte di Bristol Myers Squibb, dedicata all'innovazione terapeutica. 

L'Italia paese più colpito

La beta-talassemia è malattia genetica del sangue che causa una grave anemia e che colpisce oltre 5000 persone in Italia. La loro esistenza è condizionata dai frequenti accessi ai centri specialistici, ogni 2-3 settimane, per soddisfare il fabbisogno trasfusionale. "La trasfusione di sangue è la terapia d'elezione per i pazienti affetti dalle forme più gravi di beta-talassemia, malattia ematologica ereditaria, causata da un difetto di produzione delle catene globiniche, che costituiscono la struttura dell'emoglobina, la proteina responsabile del trasporto di ossigeno in tutto l'organismo - afferma Gian Luca Forni, direttore Ematologia Centro della Microcitemia e delle Anemie Congenite, Ospedali Galliera di Genova, Centro che ha partecipato allo studio BELIEVE. L'Italia è uno dei Paesi al mondo più colpiti e sono circa 3 milioni i portatori sani del difetto talassemico. È pari al 25% la probabilità che nasca un bambino malato da due portatori sani. Si prevede un aumento dei nuovi casi nei prossimi anni".

Talassemia, l'ematologo Forni: "La vita dei pazienti è un percorso ad ostacoli"

 

Un percorso ad ostacoli

La vita dei pazienti con beta-talassemia trasfusione dipendente resta ancora oggi un 'percorso a ostacoli', caratterizzato da appuntamenti ogni 2-3 settimane con il centro di cura, a cui si aggiungono le visite di controllo. "Poiché il nostro organismo non è in grado di eliminare il ferro in eccesso portato dalle trasfusioni - sottolinea Forni - questi pazienti sono costretti ad assumere ogni giorno una terapia ferrochelante, per evitare i danni causati dall'accumulo di ferro, che possono manifestarsi a livello cardiaco, endocrino, epatico o pancreatico". A sottolineare le enormi difficoltà dei pazienti è anche Raffaele Vindigni, presidente United Onlus (Federazione Nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare): "La beta-talassemia lega la persona al centro di cura: in media vengono trasfuse 2-3 unità di sangue ad ogni seduta in ospedale, che dura fino a 5 ore. Tutto questo influisce sulla quotidianità e determina un'invalidità che si ripercuote sulla qualità di vita e sullo stato psicologico dei pazienti e dei familiari: da qui l'importanza della disponibilità di una terapia innovativa come luspatercept, in grado di trasformare la loro vita".

Pazienti con 'prognosi aperta'

Fino agli anni Sessanta, le persone affette da beta-talassemia major, la forma più grave, non sopravvivevano oltre i 10/15 anni. "Oggi, con la combinazione della terapia trasfusionale e ferrochelante, la loro aspettativa di vita è drasticamente migliorata, si parla infatti di 'prognosi aperta' - spiega Roberto Lisi, responsabile Unità Operativa Dipartimentale Talassemia ARNAS Garibaldi di Catania. Un obiettivo un tempo impensabile, raggiunto grazie alla modifica dell'apporto trasfusionale, che è stato ridotto, e ai nuovi farmaci chelanti orali. Siamo in grado di controllare sia la patologia sia le comorbidità. Pur avendo una migliore aspettativa di vita rispetto al passato, questi pazienti rimangono strettamente condizionati dal frequente fabbisogno trasfusionale e dai continui esami strumentali necessari per il monitoraggio della malattia".

Riduzione del 30% di trasfusioni di sangue

La disponibilità di una nuova molecola, luspatercept, da dicembre 2021 rimborsata anche in Italia, può consentire oggi di allungare gli intervalli tra le varie sedute o di diminuire le unità di sangue da trasfondere. Nello studio internazionale BELIEVE, pubblicato sul 'New England Journal of Medicine' e che ha coinvolto 336 pazienti affetti da talassemia trasfusione dipendente, il 70% dei pazienti trattati con luspatercept ha ottenuto una riduzione del 33% del fabbisogno trasfusionale in un qualsiasi intervallo di tempo di 12 settimane. "Luspatercept, che riduce l'eritropoiesi inefficace responsabile della grave anemia e consente la produzione di globuli rossi maturi, cambia radicalmente le prospettive", prosegue Lisi.  "La cosiddetta 'real life', cioè la pratica clinica quotidiana, ha confermato le evidenze dello studio registrativo BELIEVE. Va, inoltre, considerato che i pazienti 'real life' non sono selezionati e spesso presentano complicanze. La riduzione del fabbisogno trasfusionale determina una serie di conseguenze positive a cascata".

Talassemia, il pediatra Lisi: "La nuova terapia accende la speranza dei pazienti e delle famiglie"

Meno complicanze dovute ai farmaci ferrochelanti

Meno sangue trasfuso si traduce in una minore quantità di ferro accumulata e in una riduzione rapida della ferritina sierica, la proteina che svolge la funzione di deposito del ferro, come già emerso dallo studio BELIEVE. "Diminuire il numero di trasfusioni - precisa Lisi - significa ridurre anche le possibili complicanze legate agli effetti collaterali dei farmaci ferrochelanti e i rischi determinati dalle continue stimolazioni del sistema immune. Ad ogni seduta vi è infatti la possibilità di sviluppare una reazione trasfusionale". Questi risultati hanno condotto all'approvazione della molecola da parte dell'agenzia regolatoria europea a giugno 2020. "Luspatercept è stato approvato anche nel trattamento delle sindromi mielodisplastiche, che sono neoplasie del sangue tipiche del paziente anziano", spiega  Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb. "Il nostro impegno su malattie gravi come la beta-talassemia è testimoniato dall'attivazione di programmi compassionevoli che, grazie alla fornitura gratuita dei farmaci nel periodo di negoziazione con l'Agenzia Italiana del Farmaco, consentono di accedere alle terapie prima della commercializzazione sul territorio nazionale. In questo modo abbiamo reso disponibile luspatercept per 159 pazienti a partire da novembre 2020".

Le differenze regionali

Vi sono però ancora discrepanze a livello regionale nell'accesso al nuovo farmaco, dovute a ritardi burocratici. "Nel 2017, tramite un apposito dispositivo di legge, è stata istituita la Rete Italiana della Talassemia e delle Emoglobinopatie", spiega Vindigni. Manca ancora il decreto attuativo per mettere in sicurezza la Rete, consentendole di continuare l'opera svolta in questi anni di diagnosi, cura, formazione e prevenzione. Non bisogna pensare alla talassemia limitandosi all'idea che sia sufficiente ricevere la sacca di sangue, perché la patologia richiede un'assistenza costante ed esami strumentali da eseguire a intervalli definiti. Per questo servono protocolli uniformi su tutto il territorio".

L'esempio virtuoso della Sicilia

La Sicilia è virtuosa da questo punto di vista perché, dal 1984, ha attivato il Registro Siciliano Talassemia ed Emoglobinopatie (RESTE), essendo una delle Regioni più colpite dalla malattia. Infatti, nell'isola sono 1167 i pazienti con beta talassemia major (al 31 dicembre 2019). "Dal 2011 è operativa anche la Rete Regionale della Talassemia e delle Emoglobinopatie (R.R.T.E.), che consente di gestire la malattia in modo uniforme sul territorio - conclude Lisi. Durante la pandemia abbiamo affrontato numerose difficoltà nel reperire il sangue, con un grande sforzo delle associazioni di volontariato e dei centri trasfusionali per limitare le possibili conseguenze negative per i pazienti. Inoltre, è forte il coordinamento con il centro regionale sangue, perché, grazie al Registro che fornisce dati certi sul numero di pazienti che necessitano di trasfusioni, sappiamo esattamente quante unità di sangue servono in media nell'isola ogni anno. Ad esempio, nel 2021 nel centro di Catania, dove seguiamo 189 pazienti, abbiamo trasfuso circa 6000 unità di sangue