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Beta-talassemia, la diagnosi prenatale può evitare oltre 400 casi l’anno

Foto: ANIRUDH/Unsplash
Foto: ANIRUDH/Unsplash 
Dieci anni fa nasceva il Campus di Ematologia “Cutino” presso l’Ospedale Villa Sofia Cervello di Palermo, che ha messo a punto il test di diagnosi fetale più precoce al mondo, a disposizione gratuitamente per tutte le donne portatrici sane della malattia
3 minuti di lettura

Settemila persone, di cui circa la metà vive nelle isole maggiori: 2.700 in Sicilia e 1.100 in Sardegna, secondo le stime. Sono i numeri della beta talassemia, malattia genetica rara del sangue, tra cui spicca anche un altro dato: grazie alla diagnosi prenatale, ogni anno vengono evitati oltre 400 nuovi casi, e il nostro Paese però si conferma all’avanguardia in Europa su diagnosi precoce e terapie. A sottolineare questi aspetti sono gli esperti intervenuti oggi in una conferenza stampa organizzata dalla Fondazione Franco e Piera Cutino, in occasione dei 10 anni di attività del Campus di Ematologia “Cutino”, presso l’Ospedale Villa Sofia Cervello di Palermo: ogni anno accedono al Campus oltre 1.400 pazienti, si effettuano circa 2.000 studi del portatore sano di talassemia e sono eseguite più di 5.300 trasfusioni di sangue, fondamentali per la sopravvivenza dei pazienti.

La diagnosi prenatale, grazie alla celocentesi: un primato siciliano

La Beta-talassemia è una forma di talassemia causata da alcuni difetti nei geni che regolano la produzione dell’emoglobina, la proteina responsabile del trasporto di ossigeno in tutto l’organismo. Colpisce allo stesso modo i due sessi. I portatori sani in Italia sono oltre 3 milioni e anche in questo caso le incidenze maggiori si riscontrano sempre nelle due isole e in Puglia. “Nelle coppie a rischio, in cui entrambi i genitori sono portatori sani, un bambino su quattro può nascere talassemico - spiega Aurelio Maggio, Direttore U.O.C. Ematologia e malattie rare del sangue e degli organi ematopoietici dell’Ospedale Cervello -. Da alcuni anni, però, è disponibile la celocentesi, un test di diagnosi prenatale messo a punto proprio in Sicilia, che è in grado di individuare, nelle coppie a rischio, già a 15 giorni dal test di gravidanza (settima settimana), lo stato di salute del feto e la presenza o meno della malattia, tramite un prelievo vaginale. È il più precoce test di diagnosi al mondo, realizzato grazie alla spinta della Fondazione Cutino”. Al momento è disponibile presso il nosocomio di Palermo, ma viene offerto gratuitamente a tutte le pazienti curate in altre strutture sanitarie italiane. Se non ci fosse la possibilità di fare questo test - sottolineano gli esperti - i numeri della talassemia sarebbero di gran lunga maggiori.


La cura e l’aspettativa di vita

Chi presenta questa malattia ha bisogno di continue trasfusioni, di solito una ogni 20 giorni, come spiega Gian Luca Forni, Direttore del Reparto di Microcitemia dell’Ospedale Galliera di Genova: “Se la talassemia non viene curata, il malato va incontro ad una grave anemia dovuta alla mancata produzione della giusta quantità di emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi deputata al trasporto di ossigeno nei tessuti, con pericolose conseguenze. Oltre alla trasfusioni, vanno assunte delle terapie farmacologiche in grado di evitare i danni causati dall’accumulo di ferro, portato in eccesso dalle trasfusioni e tossico, ad organi vitali come pancreas, fegato e soprattutto al cuore”. Trasfusioni e rimozione del ferro hanno cambiato la storia della patologia: l'aspettativa di vita è enormemente aumentata e quella di un neonato che nasce oggi con talassemia è la stessa di un bimbo senza malattia. Allo stesso tempo è aumentata la qualità di vita. I dati raccolti sui pazienti italiani ad oggi mostrano una mediana di sopravvivenza di circa 65 anni, quando 40 anni era di circa 20 anni. Nuovi farmaci, di cui uno già approvato, consentono inoltre di ridurre notevolmente la frequenza delle trasfusioni.

“Grazie ai continui progressi della ricerca la patologia è sempre più curabile - sottolinea Giuseppe Cutino, Presidente della Fondazione Franco e Piera Cutino -. In questo ultimo quarto di secolo abbiamo lavorato per riuscire a dare risposte ai bisogni concreti di tutti i pazienti. Siamo molto felici di poter celebrare oggi i 10 anni di attività del Campus di Ematologia che porta il nome di mio padre e di mia sorella, morta a causa della malattia - aggiunge Giuseppe Cutino -. Al Campus, collaboriamo proficuamente con gli ospedali riuniti Villa Sofia Cervello e abbiamo certamente dato un importante contributo. Colgo l’occasione per ringraziare i partner che ci sostengono nelle varie attività del Thalassemia day (che cade l’8 maggio): Vertex, Agios, Chiesi global rare diseases, Bioar e Tecnoplast”.

5 incontri online per pazienti e caregiver

Per la ricorrenza, infatti, sono organizzate una serie di attività, tra cui una conferenza internazionale a Palermo, alla quale parteciperanno rappresentanti delle Istituzioni, clinici e pazienti. Nelle prossime settimane si terranno inoltre cinque talk show online per pazienti e caregiver, dedicati ad altrettanti aspetti della patologia. Agli incontri parteciperanno un clinico e un paziente dei centri distribuiti in tutta la penisola, che si confronteranno per circa mezz’ora.

Il bisogno di informazioni

Nonostante i progressi, la beta-talassemia è ancora sottovalutata e poco conosciuta, tanto dalle istituzioni quanto dai cittadini, e c’è poco coordinamento anche tra gli ospedali. È infatti fondamentale, inoltre, che i pazienti siano seguiti da centri specializzati e si auspica che a breve si possa essere istituita la Rete dei centri delle emoglobinopatie. “La Fondazione Franco e Piera Cutino rappresenta le nostre istanze ed esigenze – conclude Clementine Pacmogda, paziente con anemia falciforme -. Il loro lavoro deve proseguire soprattutto nell’incentivare la prevenzione della patologia e l’accesso alle cure innovative. La vita di noi pazienti è oggettivamente migliorata nel corso degli anni. Tuttavia, la pandemia ha complicato e in parte compromesso l’assistenza socio-sanitaria. Soprattutto il Covid-19 ha ridotto ulteriormente in Italia il numero di donatori di sangue e questo può rendere più difficile la somministrazione delle trasfusioni che per noi sono fondamentali”. Non c'è stato, infatti, un ricambio generazionale dei donatori, e anche per questo è necessario informare e sensibilizzare i cittadini: è una questione di educazione alla salute - conclude Cutino - che dovrebbe essere fatta fin dalle scuole elementari.