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Sindrome emolitico-uremica atipica, approvato in Italia un nuovo farmaco

L'Aifa ha approvato la rimborsabilità di ravulizumab per chi presenta questa malatti ultra-rara. Il nuovo anticorpo monoclonale blocca i processi infiammatori per un lungo lasso di tempo, riducendo gli accessi in ospedale e migliorando la qualità di vita
3 minuti di lettura

Il trattamento della sindrome emolitico uremica (Seu) atipica sta per entrare in una nuova fase: l'Aifa (agenzia italiana del farmaco) ha approvato la rimborsabilità di un nuovo farmaco che promette di migliorare sensibilmente la qualità di vita delle oltre 600 persone in Italia colpite da questa malattia ultra-rara, che provoca infiammazione cronica e danni ai vasi sanguigni con conseguenze che, se non si interviene per tempo, possono essere anche fatali. Il nuovo trattamento, chiamato ravulizumab, blocca il meccanismo molecolare della malattia dalla prima infusione, prevenendo la necessità di dialisi, e ha effetto per 8 settimane, riducendo così la dipendenza dei pazienti dall'ospedale.

Che cos'è la sindrome emolitico-uremica atipica

La sindrome emolitico-uremica atipica è una malattia rara che colpisce circa  600 pazienti in tutta la Penisola. È dovuta all'attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, un componente del sistema immunitario.

"Questa anomalia - spiega Gaetano La Manna, Professore Ordinario di Nefrologia presso l'Università di Bologna e Direttore della UO di Nefrologia Dialisi e Trapianto al Policlinico di Sant'Orsola di Bologna - porta ad uno stato di infiammazione cronica che causa il danneggiamento delle pareti dei vasi sanguigni. Ciò comporta un accumulo di piastrine e leucociti che aumenta enormemente il rischio di formazione di trombi".

Le cause della malattia non sono del tutto chiare. Nel 50-70% dei casi la sindrome emolitico-uremica atipica ha una base genetica (si conoscono diversi geni coinvolti), ma non in tutti i casi è oggi possibile risalire alle mutazioni specifiche.

"L'esordio della malattia è improvviso e può avvenire sia in età pediatrica sia in età adulta - aggiunge La Manna - È possibile vivere decenni in perfetta salute, e poi, per un evento scatenante come può essere una gravidanza, un'infezione o l'abuso di alcuni farmaci, manifestare i sintomi della sindrome".

Il primo organo ad essere danneggiato, di solito, è il rene ma i danni possono estendersi a cuore, polmoni, cervello e sistema gastro-intestinale. Circa il 50% dei pazienti affetti dalla sindrome necessita di dialisi, soffre di danno renale permanente o va incontro a decesso entro il primo anno.

Dai trattamenti al plasma agli anticorpi monoclonali

In passato per gestire la sindrome emolitico-uremica atipica si ricorreva allo scambio o all'infusione di plasma, ma questa strategia non si è mai dimostrata realmente efficace. "Oggi l'obiettivo primario del trattamento consiste nello 'spegnimento' del sistema del complemento ed in particolare della proteina C5 - aggiunge l'esperto -. Per farlo, sino ad oggi si procedeva alla somministrazione di eculizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato inibitore del complemento in grado di bloccare la proteina C5 del complemento. Ora, grazie al nuovo ravulizumab, la cura della sindrome compie un ulteriore passo in avanti. La terapia non solo modifica radicalmente la storia naturale della malattia, ma migliora sensibilmente la qualità di vita dei malati e dei loro famigliari".

Sperimentato in due studi clinici di fase 3 multicentrici (uno su pazienti adulti con nuovo esordio della malattia sia su pazienti in età pediatrica naive e in trattamento), ravulizumab somministrato per endovena ha dimostrato di inibire il C5 nei pazienti fin da subito, in modo completo e per lungo tempo (8 settimane contro le 2 del predecessore eculizumab).

"Negli adulti trattati con ravulizumab, il 53% ha avuto una risposta completa alla microangiopatia trombotica (la manifestazione clinica più evidente della malattia, ndr) nel periodo iniziale di valutazione, pari a 26 settimane, e il 61% nei primi dodici mesi - spiega Giuseppe Castellano, Direttore di Struttura Complessa Professore Associato di Nefrologia all'Università degli Studi di Milano -. Ravulizumab nella popolazione pediatrica ha raggiunto il tasso di risposta completa del 94,4% e il 100% ha interrotto la dialisi".

L'innovazione che migliora la qualità di vita

La sindrome emolitico-uremica atipica, presentandosi spesso in forma acuta e colpendo sia adulti che bambini, compromette significativamente la qualità di vita. Passando improvvisamente da una condizione di benessere a una di malattia ci possono essere importanti ripercussioni psicologiche. Inoltre, la gestione della malattia condiziona la quotidianità delle persone e delle loro famiglie: gli accessi in ospedale sono molto frequenti, costringendo pazienti e famiglie a spostamenti (talvolta lunghi e costosi) e ad assenze da scuola o dal luogo di lavoro.

"Con ravulizumab i benefici dell'allungamento del tempo tra un'infusione e l'altra sono importanti - afferma Paolo Chiandotto, Presidente Associazione Pazienti Progetto Alice Associazione per la lotta alla SEU -. Significa recarsi meno volte in ospedale, quindi perdere meno ore di lavoro per i pazienti adulti e per i genitori dei piccoli pazienti, perdere meno giorni di scuola per i bambini. Nel complesso questi vantaggi si traducono in un maggiore benessere generale poiché ci si sente meno 'legati' all'ospedale". Un altro aspetto da non trascurare è che minori somministrazioni significano minori costi per gli spostamenti da e verso il centro di cura, costi interamente a carico della persona affetta.

"È importante che l'innovazione terapeutica vada anche in questa direzione, consentendo che le esigenze della persona entrino organicamente nella gestione della malattia, ed è altrettanto importante che la sostenibilità del percorso di cura, soprattutto in malattie croniche, sia un obiettivo comune di tutti gli interlocutori del Sistema Salute".

"Sin dalla nostra nascita - conclude Anna Chiara Rossi, VP& General Manager Italy presso Alexion, AstraZeneca Rare Disease - il nostro obiettivo di ricerca è quello di sviluppare terapie innovative capaci di migliorare sensibilmente la qualità di vita delle persone con malattie rare e dei loro familiari. Tutto ciò è stato possibile grazie alla collaborazione e allo scambio continuo delle esperienze con i pazienti e con i clinici. Essere riusciti a realizzare un anticorpo in grado di migliorare ulteriormente sia il trattamento sia la quotidianità delle persone è per noi motivo di grande orgoglio".