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Tumore al seno, oltre 3.500 casi non diagnosticati a causa della pandemia

Crediti: National Cancer Institute via Unsplash
Crediti: National Cancer Institute via Unsplash 
L'allarme lanciato dall'associazione Incontradonna, che domani organizza un incontro online tra clinici, istituzioni e pazienti. Bonifacino: “Ci saranno conseguenze importanti per l’intero sistema sanitario. Servono campagne informative per la popolazione”
2 minuti di lettura

QUANDO la diagnosi precoce viene meno, il tumore avanza. Nel senso letterale della parola. E il dato si trasforma in allarme: a causa della pandemia, si stima che siano almeno 3.500 i tumori al seno non individuati tra gennaio 2020 e maggio 2021. Questo sommerso deve essere ancora scoperto o è stato diagnosticato in ritardo. A cosa si deve è noto: il mancato invio di oltre un milione di inviti per lo screening mammografico (-20%) e oltre 816 mila esami mammografici in meno eseguiti (-28%) rispetto agli stessi mesi del 2019. I numeri reali sono con molta probabilità più preoccupanti, perché vanno sommati anche quelli legati alla prevenzione spontanea. “Si tratta di quelle donne che di propria iniziativa si sottopongono a mammografie fuori dai programmi di screening organizzati dalle Regioni”, spiega Adriana Bonifacino, oncologa e Presidente di IncontraDonna Onlus: “Già in epoca pre-Covid, attraverso i programmi di screening individuavamo poco meno di 10 mila casi sugli oltre 55 mila che ogni anno si registrano in Italia. Negli ultimi due anni, sempre a causa del coronavirus, molte indagini di prevenzione spontanea non sono state svolte. E ciò potrebbe incrementare ulteriormente i forti ritardi diagnostici”.

L’incontro online

L’argomento sarà al centro dell’incontro organizzato da IncontraDonna Onlus, “Screening oncologici e pandemia: i ritardi nelle diagnosi di tumore”, che si svolge domani 8 aprile (è possibile seguirlo in diretta streaming sui canali Facebook e Youtube di IncontraDonna, dalle 17). L’evento è parte della terza edizione del progetto “Pink Ring” e vede il confronto (online e in presenza) dei clinici, istituzioni, pazienti e associazioni. All’incontro di domani parteciperanno anche i rappresentati del GISCoR-Gruppo Italiano Screening Tumori Colorettali, GISCi-Gruppo Italiano Screening del Cervicocarcinoma e GISMa-Gruppo Italiano Screening Mammografico, che spiegheranno le strategie già messe in atto per recuperare i ritardi accumulati.

I ritardi per i tumori del collo dell’utero e del colon-retto

Le difficoltà, infatti, non sono riscontrate solo per il carcinoma della mammella: gli inviti in meno a partecipare agli screening per il collo dell’utero superano il milione e 500 mila, mentre gli esami non eseguiti sono oltre 780 mila (-35%) rispetto al 2019. Questo si traduce in un ritardo accumulato di 6 mesi ed una stima di oltre 3.500 carcinomi del collo dell’utero non identificati. In modo analogo, si registra una riduzione di oltre 2 milioni di inviti per gli screening colorettali. Gli esami non effettuati superano il milione e 200mila (-34%) ed i ritardi accumulati ammontano a 5 mesi. Questo significa più di 1.300 casi stimati di neoplasie colorettali non individuate, oltre ai 7.700 possibili adenomi avanzati non identificati.

Recuperare, grazie alla medicina del territorio

“A nostro avviso bisogna procedere con la fortificazione della medicina del territorio alla quale è delegata la gestione degli screening”, prosegue Bonifacino: “Già nel 2020 erano stati elargiti dal Ministro Speranza 500 milioni di euro per questo settore e adesso buona parte del PNRR si basa su investimenti della medicina del territorio e quindi anche delle ASL. Ma è necessaria una campagna di sensibilizzazione importante, per sollecitare donne e uomini a sottoporsi agli esami e non venga meno la fiducia nello screening come modello di sanità pubblica”.

Il problema della mancata aderenza allo screening esiste soprattutto per alcune realtà, dove la partecipazione era bassa già prima della pandemia. Secondo Bonifacino, la pandemia ha amplificato questo fenomeno, dovuto alla mancanza di informazione indirizzata alla popolazione target. “Solo lo screening mammografico ha ridotto del 30% la mortalità di una delle neoplasie più diffuse e frequenti in tutto il mondo. Fake news, sottovalutazione del pericolo cancro, ritardi o problemi organizzativi-burocratici non favoriscono la partecipazione ad esami che determinano degli indubbi benefici. E’ arrivato quindi il momento di rilanciare ed implementare la prevenzione del cancro in tutta la Penisola. Nell’aumentare i livelli di consapevolezza - conclude - un ruolo importante può essere svolto dalle associazioni di pazienti presenti sui vari territori”.