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Tumore al seno metastatico, una terapia mirata per i casi più aggressivi

(Crediti: CDC via Unsplash)
(Crediti: CDC via Unsplash) 
I risultati aggiornati a due anni sul farmaco tucatinib mostrano una sopravvivenza raddoppiata in chi presenta metastasi cerebrali. A Milano un convegno per fare il punto sui progressi
3 minuti di lettura

Avevamo tre farmaci mirati contro uno dei tumori al seno più aggressivi - quello chiamato Her2-positivo - e ora ne abbiamo cinque. Due nuove “armi” si sono infatti aggiunte in questo ultimo anno per la fase metastatica, soprattutto per chi ha già tentato molte terapie o per chi ha metastasi cerebrali attive, tra le più temute da oncologi e pazienti. In particolare uno dei due nuovi trattamenti, tucatinib, mostra una sopravvivenza a due anni dal trattamento del 51%, e del 48,5% in chi ha metastasi cerebrali. Proprio ai recenti progressi nel tumore al seno avanzato è dedicato il convegno “Research Generators – Widening options in HER2+ metastatic breast cancer” che si è aperto oggi a Milano, promosso da Seagen: per due giorni, nella città lombarda, si riuniscono i più importanti specialisti della senologia oncologica, con l’obiettivo di promuovere il confronto tra il mondo accademico e clinico, associazioni di pazienti e industria.


Il cancro al seno al IV stadio Her2-positivo

In Italia, ogni anno, oltre 3.800 donne ricevono una diagnosi di tumore del seno metastatico e nel complesso si stimano tra le 37mila e le 50 mila pazienti che convivono con il cancro al seno al IV stadio. Di queste, circa il 20% presenta sulle cellule tumorali un aumento dei recettori 2 per il fattore di crescita epidermico umano (Her2). “Sappiamo che HER2 è un bersaglio importante fin dall’inizio degli anni 80”, spiega Lucia Del Mastro, direttrice della Clinica di Oncologia Medica dell’Irccs Ospedale Policlinico San Martino e ordinaria di Oncologia medica all’Università di Genova: “Nello studio HER2CLIMB, che verrà discusso nel convegno e che è stato pubblicato su Annals of Oncology, il farmaco orale tucatinib, in aggiunta al chemioterapico capecitabina, anch’esso orale, e al trastuzumab, ha dimostrato di essere efficace dopo due linee di terapia anti HER2, incluso un farmaco anticorpo coniugato: quindi in donne già trattate, dove lo standard di cura offre scarsi benefici. Oltre alla facilità di somministrazione, è importante sottolineare che questa combinazione è ben tollerata e non provoca la caduta dei capelli: un effetto collaterale particolarmente temuto dalle pazienti”.


I dati dello studio

L’analisi finale dei dati di HER2CLIMB dimostra che i vantaggi già evidenziati di tucatinib sono mantenuti dopo oltre 29 mesi e che questa terapia mirata aiuta a vivere più a lungo.  Il 51% è vivo rispetto al 40% con i soli trastuzumab e capecitabina, e la sopravvivenza globale mediana è stata di 24,7 mesi rispetto a 19,2 mesi: il beneficio ottenuto con tucatinib è stato quindi di 5,5 mesi. Non solo. Passi avanti anche per la sopravvivenza libera da progressione, che a un anno si attesta al 29% rispetto al 14%.

“HER 2 è da sempre una neoplasia molto temuta, perché caratterizzata da una maggiore aggressività e probabilità di recidiva, rispetto ai carcinomi mammari HER2-negativi”, aggiunge Giuseppe Curigliano, Professore di Oncologia Medica all’Università di Milano, Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo IEO di Milano e Responsabile Scientifico del Convegno di Milano: “Circa la metà delle pazienti con malattia avanzata sviluppa metastasi cerebrali, che rendono molto più difficile il trattamento. Per la prima volta al mondo, lo studio HER2CLIMB ha valutato anche molte pazienti - quasi la metà - con metastasi cerebrali attive, ovvero non pretrattate con radioterapia, finora escluse dalle sperimentazioni. Tucatinib è una molecola così piccola da attraversare la barriera ematoencefalica e raggiungere il cervello, bloccando lo stimolo di proliferazione della proteina HER2”.


In attesa della rimborsabilità

In Italia la terapia è attualmente disponibile in classe CNN, ossia non rimborsata dal sistema sanitario, e se ne sta discutendo la rimborsabilità presso l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). “Ad oggi le pazienti sono in trattamento con questo farmaco grazie all’uso compassionevole, per cui l’azienda lo rende disponibile al costo di un euro a confezione”, dice Saverio Cinieri, Presidente Nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM)”. Sarà così fino al 31 luglio, data in cui Seagen spera di concludere la negoziazione. In ogni caso, dal 1 agosto chi è già in trattamento continuerà a ricevere il farmaco. “Il dossier - ricorda Cinieri - era stato sottoposto ad Aifa nel febbraio 2021. C’è un ritardo da parte dell’agenzia che si sta cercando di colmare da anni”.

L’azienda ha coinvolto più di 40 centri per la ricerca clinica in Italia: “Stiamo realizzando partnership con le eccellenze dell’oncologia italiana per trovare soluzioni ai bisogni clinici ancora insoddisfatti, assicurando l’accesso a nuove opportunità terapeutiche per i pazienti”, conclude Rodrigo Fernandez-Baca, General Manager Seagen Italia: “Il convegno ‘Research Generators’ ci offre l’opportunità di presentare il nostro impegno e di fare una riflessione congiunta tra istituzioni e industria sull’accesso all’innovazione nel nostro Paese”.