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Tumori del sangue, il punto sulle nuove terapie

(Crediti: National Cancer Institute via Unsplash)
(Crediti: National Cancer Institute via Unsplash) 
Dalle terapie cellulari con CAR-T agli anticorpi bispecifici agli immunomodulanti di seconda generazione. Novità anche per il trattamento dell’anemia legata alle mielodisplasie. I dati presentati al congresso mondiale di ematologia
5 minuti di lettura

Ancora una volta, la ricerca nel campo dei tumori del sangue segna importanti risultati in grado di cambiare le prospettive di cura dei pazienti. Per capirlo, basta scorrere i dati, tanti e importanti, presentati nell’ultimo congresso della Società americana di ematologia, Ash: a partire dalle nuove terapie cellulari con CAR-T fino ai nuovi immunomodulanti. Le novità riguardano diverse neoplasie molto comuni, in particolare il mieloma multiplo, il linfoma a grandi cellule B e le mielodisplasie.

 

Le novità per il mieloma multiplo

Partiamo dal mieloma multiplo, che in Italia colpisce 5.800 persone ogni anno. Più del 90% dei pazienti colpiti da mieloma multiplo va incontro a recidiva. Nell’ultimo ventennio, però, grazie alla ricerca, la sopravvivenza mediana (mediana) è passata da circa 36 mesi a 7 anni. “Le CAR-T rappresentano la frontiera più avanzata e innovativa dell’immunoterapia, basata sui linfociti del paziente modificati geneticamente”, spiega Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia ‘L. A. Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi e Ordinario di Ematologia presso l’Università di Bologna.

Lo studio di fase II KarMMa-2 presentato ad Ash ha riguardato per la prima volta casi più precoci della malattia (in seconda linea di trattamento). In questo caso, la terapia CAR-T ide-cel (l’unica oggi approvata in Europa per il mieloma multiplo, in terza linea di trattamento) ha portato a una risposta completa - cioè la scomparsa della malattia agli esami di laboratorio - in circa il 46% di chi, dopo il trapianto con cellule staminali autologhe, aveva avuto una recidiva precoce (entro i 18 mesi dalla diagnosi) e nel 74% dei pazienti per cui il trapianto non aveva portato a remissione fin dall’inizio. “Ide-cel è una terapia cellulare di seconda generazione diretta contro l’antigene BCMA (B Cell Maturation Antigen), espresso sulla superficie delle plasmacellule - continua Cavo - La terapia cellulare ha dimostrato risposte complete e durature in una percentuale significativa di pazienti, oltre a una buona tollerabilità”.

Sempre nel campo dell’immunoterapia più avanzata, negli ultimi anni stanno emergendo gli anticorpi bispecifici, che hanno il ruolo di reindirizzare i T linfociti del paziente verso le cellule tumorali. Tra questi, alnuctamab, nella formulazione sottocutanea, ha mostrato una buona tollerabilità e un tasso di risposta globale del 53%. Infine, negli ultimi 20 anni sono stati introdotti altri farmaci chiamati immunomodulanti, che agiscono sia sulle cellule del sangue sia sul microambiente midollare. “In particolare, mezigdomide e iberdomide sono due potenti modulatori di una particolare proteina, Cereblon, che superano i meccanismi di resistenza ai farmaci e consentono di offrire concrete speranze di cronicizzazione della malattia – riprende Cavo -. Gli studi hanno dimostrato l’efficacia di mezigdomide, in combinazione con desametasone, in pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario già sottoposti a tre o più linee di terapia. Il tasso di risposta globale è stato del 40% e ha raggiunto il 50% nei pazienti che hanno ricevuto terapie target anti-BCMA. Anche iberbomide ha dimostrato, in combinazione con desametasone, risultati significativi in pazienti pesantemente pretrattati, con una risposta globale del 36,8%”. Da una parte, quindi, le CAR-T si stanno spostando verso le fasi più precoci della malattia, dove mostrano benefici superiori, e questo comincia a far ragionare su quale sia la sequenza migliore da adottare; dall’altra, nuovi farmaci stanno indicando la possibilità di recuperare pazienti che avevano sviluppato resistenze.

Le novità nei linfomi

Anche nei linfomi, che ogni anno colpiscono oltre 16mila persone in Italia, le terapie CAR-T stanno avendo un ruolo sempre più importante. Nei pazienti con linfoma a grandi cellule B, in particolare, lo studio TRANSFORM sulla terapia cellulare con liso-cel (approvata in europa lo scorso aprile) in seconda linea di trattamento ha mostrato miglioramenti clinicamente rilevanti dopo un periodo di osservazione di oltre 17 mesi. Nello specifico: un vantaggio nella sopravvivenza libera da eventi, nelle risposte complete e nella sopravvivenza libera da progressione rispetto allo standard di cura (cioè alla immunochemioterapia seguita dal trapianto autologo di cellule staminali. I pazienti avevano avuto una prima recidiva o una ricaduta precoce entro un anno dalla diagnosi. “La sopravvivenza libera da eventi ha raggiunto il 53% nei pazienti trattati con liso-cel rispetto al 21% con lo standard di cura e la risposta completa è stata, rispettivamente, del 74% e del 43%. Va inoltre sottolineato che, nello studio, la risposta negli over 65 è sovrapponibile a quella dei più giovani, a cui si aggiunge una buona tollerabilità”, spiega Pier Luigi Zinzani, Ordinario dell’Istituto di Ematologia ‘L. A. Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi di Bologna.

I dati sugli immunomodulanti orali di nuova generazione non sono meno importanti nei linfomi non-Hodgkin. Un esempio è rappresentato da iberdomide che, in monoterapia o in combinazione con un anticorpo monoclonale anti-CD20, ha mostrato la sua efficacia in pazienti recidivati o refrattari. “I risultati preliminari di uno studio di fase1/2, che ha arruolato pazienti con diversi tipi di linfoma non-Hodgkin recidivati o refrattari sottoposti ad almeno due linee precedenti di terapia, mostrano risposte complete del 32% - dice Zinzani -. In particolare, nel linfoma diffuso a grandi cellule B, la risposta completa è stata del 29% e nei linfomi indolenti ha raggiunto circa il 40%. Si aprono quindi importanti prospettive”.

Le novità per i pazienti con mielodisplasie

Passi avanti anche nel trattamento delle sindromi mielodisplastiche, che contano circa 3.000 nuovi casi ogni anno nel nostro paese: un numero sottostimato secondo gli esperti, per cui sono ancora tanti i pazienti che non ricevono una diagnosi corretta e tempestiva. Il sintomo più frequente è l’anemia, che spesso richiede trasfusioni di sangue. “Le sindromi mielodisplastiche sono un gruppo eterogeneo di tumori del sangue, in cui le cellule del midollo osseo non riescono a diventare cellule perfettamente funzionanti e sane, ma presentano alterazioni della maturazione. Nelle forme più gravi, queste sindromi possono evolvere in leucemia mieloide acuta, un tipo di tumore ancora più aggressivo”, spiega Valeria Santini, Professore di Ematologia all’Università di Firenze e Responsabile MDS Unit dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze.

 

Lo studio registrativo MEDALIST aveva già dimostrato che il trattamento con luspatercept libera dalla necessità di trasfusioni per almeno 8 settimane quasi la metà dei pazienti trasfusione-dipendenti (nello specifico, si parla di chi ha rischio molto basso, basso e intermedio, presenta sideroblasti ad anello e non risponde o non è candidabile alla terapia con agenti eritrostimolanti - ESA). “Un risultato molto importante per persone costrette a recarsi nei centri trasfusionali frequentemente, anche ogni settimana - continua Santini -. I vantaggi si riflettono sulla qualità di vita e sulla possibilità di ridurre l’accumulo di ferro introdotto con le trasfusioni, grazie alla ripresa della eritropoiesi”.

Questi risultati sono stati confermati anche su 184 pazienti ‘real life’, non selezionati e inclusi nel programma compassionevole avviato nel nostro Paese e presentato per la prima volta quest’anno all’ASH: “Nelle prime 48 settimane, il 38,6% dei pazienti ha raggiunto l’indipendenza trasfusionale per almeno 8 settimane e, durante l’intero periodo di trattamento, buona parte dei pazienti che rispondevano al trattamento ha avuto molti periodi di indipendenza da trasfusione ripetuti nel tempo”. Sono importanti anche i vantaggi in termini di sopravvivenza globale offerti da luspatercept, come evidenziato dai risultati aggiornati dello studio MEDALIST presentati ad ASH da Santini: “I pazienti rispondenti a luspatercept hanno una probabilità aumentata di lunga sopravvivenza. E va considerato che i pazienti trattati con luspatercept hanno una probabilità 5 volte superiore di risposta rispetto al placebo”.

 

I prossimi passi

Le diverse terapie presentate in questi studi sono state sviluppate dalla farmaceutica Bristol Myers Squibb. “Abbiamo ridefinito gli orizzonti del trattamento del mieloma multiplo, grazie agli immunomodulanti e alle terapie cellulari CAR-T, che rappresentano l’evoluzione dell’immunoncologia- conclude Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia. Vogliamo accelerare lo sviluppo di CAR-T che oggi vengono prodotte negli Usa. Stiamo costruendo un nuovo stabilimento che sarà operativo tra il 2024 e il 2025. Gli sforzi di tutta l’azienda, a livello mondiale, sono concentrati nell’accelerare i tempi di produzione, con l’obiettivo di trattare sempre più pazienti grazie a terapie geniche di seconda generazione. Puntiamo alla terapia personalizzata e siamo impegnati nello sviluppare approcci innovativi sia per terapie che agiscano su target specifici, sia per terapie che agiscano attraverso il sistema immunitario. In quest’ultimo ambito stiamo sviluppando molecole per aumentare il riconoscimento delle cellule tumorali, aumentarne l’efficienza nel sopprimerle e infine prevenire l’immunosoppressione che avviene durante l’evoluzione della malattia tumorale”. L’azienda sta inoltre lavorando per migliorare le terapie disponibili anche nella mielofibrosi, nella leucemia mieloide acuta e nelle talassemie, come dimostrano altri studi presentati sempre al congresso dell’ASH.