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Cancro, la profilazione genomica modifica la cura per un paziente su 3

Cancro, la profilazione genomica modifica la cura per un paziente su 3
Presentati i risultati preliminari dello studio italiano Rome Trial, che ha coinvolto oltre 40 centri e mille pazienti. Il 24% presentava mutazioni "bersaglio" di farmaci esistenti. Per un terzo, la discussione all'interno dei Molecular Tumor Board ha portato a un cambio di terapia
2 minuti di lettura

Si chiama Rome Trial, ed è uno studio unico nel suo genere. Avviata a ottobre 2020 e promossa da Sapienza Università di Roma, Istituto superiore di sanità (Iss) e Fondazione per la medicina personalizzata (Fmp), si tratta di una sperimentazione che ha coinvolto oltre 40 centri e mille persone con diversi tipi di cancro, su cui è stata eseguita una profilazione genomica estesa. I risultati sono stati discussi all'interno del Molecular Tumor Board (MTB), un gruppo multidisciplinare di esperti che ha il compito di individuare la terapia più adeguata per i singoli pazienti. In questo caso, indipendentemente dall'organo colpito dal tumore. Un approccio oncologico (chiamato modello mutazionale) decisamente innovativo, la cui efficacia, naturalmente, è da provare: ed è proprio di questo che si occupa il Rome Trial.

I primi risultati del Rome Trial

Oggi, al congresso Tat (Targeted Anticancer Therapies) della Società europea di oncologia medica (Esmo), sono stati presentati i risultati preliminari del lavoro, che sembrano molto incoraggianti: la discussione multidisciplinare della profilazione genomica ha consentito di modificare il trattamento in circa un terzo dei pazienti colpiti da tumore metastatico; nel 10% dei casi sono state date indicazioni ad effettuare un test genetico negli altri componenti della famiglia, per valutare il loro rischio di sviluppare un tumore. Un altro 10% dei pazienti, infine, ha avuto accesso ad altri studi clinici, con terapie non incluse nel Rome Trial.

"Sono stati coinvolti 1.319 pazienti, ne sono stati selezionati 721 (55%) portatori di alterazioni genomiche rilevanti e, nel 24% dei casi, sono state scoperte mutazioni genomiche suscettibili di trattamento con farmaci a bersaglio molecolare - racconta Paolo Marchetti, direttore scientifico dell'Idi di Roma, professore ordinario fuori ruolo di oncologia a Sapienza e presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata - In alcuni casi sono emerse alterazioni a livello germinale, cioè trasmesse ereditariamente, il che ci ha consentito di avviare un percorso di consulenza oncogenetica. In altri casi, il Molecular Tumor Board ha suggerito di modificare la terapia standard originariamente scelta, in presenza di alterazioni genomiche di resistenza alla terapia proposta dall'oncologo curante". Questo modello non è basato su studi clinici che hanno già dimostrato l'efficacia di un determinato trattamento in presenza di una specifica mutazione genomica, ma è rivolto a valutare, in un complesso percorso di studio, quanto la discussione in un MTB dei dati derivati dalla profilazione estesa può aiutare il singolo paziente (e non un gruppo di pazienti) che presentano una certa mutazione.

In attesa dell'istituzione dei Molecular Tumor Board e dell'elenco dei centri per l'NGS

Proprio alla luce dell'importanza di questo approccio per garantire ai pazienti opportunità di cura sempre migliori, in un percorso "controllato", è in attesa di approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni un Decreto ministeriale per l'istituzione dei Molecular Tumor Board nell'ambito delle reti oncologiche regionali e per l'individuazione di centri specialistici dove eseguire i test di profilazione estesa. Il provvedimento recepisce il documento tecnico trasmesso dall'AGENAS. "Nella profilazione estesa - spiega Andrea Botticelli, Principal Investigator del 'Rome Trial - non utilizziamo piccoli pannelli NGS per vedere le 8-10 mutazioni già note, ma svolgiamo una ricerca più ampia e riusciamo ad analizzare oltre 300/500 geni significativi nella evoluzione della neoplasia. La profilazione estesa oggi può essere svolta in diversi Centri del nostro Paese ed è effettuata nei pazienti oncologici metastatici che hanno affrontato non più di due linee di trattamento".

Dopo il Rome Trial

Mentre in letteratura viene stimato che circa il 35% dei pazienti presenta una mutazione che teoricamente può essere il presupposto per l'impiego di una specifica terapia a bersaglio molecolare, nel 'Rome Trial'questa percentuale è risultata inferiore, pari al 28%: "Abbiamo compreso che alcuni pazienti, pur presentando un possibile bersaglio molecolare, sono caratterizzati da alterazioni aggiuntive che rendono del tutto improbabile la risposta a una terapia mirata sul bersaglio molecolare" - riprende Marchetti, che conclude - Questo progetto nazionale ha aperto una nuova strada della ricerca che sarà approfondita da un'altra sperimentazione, 'Beyond the Rome Trial', con cui vogliamo definire percorsi innovativi".