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Tumori, la strada italiana per l’immunoterapia "mirata"

Tumori, la strada italiana per l’immunoterapia "mirata"
Checkmab, azienda spin-off dell’Università di Milano e dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (INGM), ha sviluppato molecole potenzialmente in grado di agire solo sui tumori, evitando gli effetti collaterali autoimmuni. Siglato un accordo con Boehringer Ingelheim da 240 milioni di euro
3 minuti di lettura

C'è una storia cominciata meno di 5 anni fa a Milano, in uno spin-off dell'Università Statale, e che d'ora in avanti proseguirà in Germania, precisamente a Ingelheim am Rhein. È la storia di una scoperta scientifica che punta a cambiare, ancora una volta, la lotta al cancro. Ed è anche la storia di un'avventura imprenditoriale abbastanza rara per il nostro Paese.

Partiamo dall'inizio, e cioè dall'intuizione di due ricercatori italiani, il biologo molecolare esperto in oncologia Massimiliano Pagani e il medico immunologo Sergio Abrignani, entrambi ordinari dell'ateneo meneghino. L'intuizione è questa: mettere a punto un'immunoterapia altamente selettiva, che 'risvegli' il sistema immunitario solo ed esclusivamente all'interno del tumore, cioè dove serve.


La rivoluzione dell'immunoterapia e il problema dell'autoimmunità

Negli ultimi 12 anni l'immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento dei tumori, tanto che nel 2018 è valsa il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia a chi aveva scoperto il meccanismo su cui si basa, James P. Allison e Tasuku Honjo. Il principio è semplice: il nostro sistema immunitario sarebbe naturalmente in grado di riconoscere le cellule tumorali come qualcosa di estraneo, e di distruggerle. Questo, probabilmente, si verifica nella maggioranza di noi, ma quando la malattia si sviluppa significa che il tumore è in grado di nascondersi e di passare inosservato, attivando un meccanismo di 'freno' del sistema immunitario stesso. Bene, l'immunoterapia permette di sbloccare questo freno e di recuperare la risposta immunitaria. "Questo approccio ha permesso un importante miglioramento clinico in molti pazienti, sebbene non in tutti, con un'efficacia che va dal 30% al 50% dei pazienti trattati, a seconda del tipo di tumori - spiega Abrignani a Oncoline - Purtroppo, però, la stragrande maggioranza dei pazienti trattati sviluppa effetti collaterali di tipo autoimmune, tra cui polmoniti, epatiti e coliti. Questo accade perché l'immunoterapia agisce su tutti i linfociti T regolatori (che sopprimono la risposta immunitaria, ndr.), anche su quelli che si trovano al di fuori del tumore e che hanno la funzione di aiutarci a tollerare noi stessi. La conseguenza è che almeno il 10% dei pazienti soffre di autoimmunità grave ed è costretto a interrompere l'immunoterapia che per molti di loro sarebbe di grande beneficio".

La ricerca, la scoperta e il brevetto

Da qui l'idea: agire in modo selettivo solo sui linfociti T regolatori che infiltrano il tessuto tumorale. "La ricerca è nata nell'Istituto Nazionale di Genetica Molecolare 'Romeo ed Enrica Invernizzi' (INGM), realizzato grazie a quella che è probabilmente la più grande singola donazione filantropica mai fatta da un cittadino privato in Italia, di 20 milioni di euro - prosegue Abrignani, che lo dirige - Abbiamo cominciato isolando i linfociti T intratumorali, sequenziando il loro RNA e confrontandolo con quello dei linfociti dei corrispettivi tessuti sani e del sangue periferico, fino a identificare delle molecole di superficie presenti in modo molto selettivo solo sui linfociti T regolatori infiltranti i tumori. Abbiamo brevettato la scoperta nel 2016 e pubblicato poco dopo i dati dello studio su Immunity".

Nasce lo spin-off

I risultati erano così promettenti da scommettere su una start-up. Così nel 2018 è nata Checkmab, che vede tra i soci fondatori, oltre Pagani e Abrignani, anche l'INGM e l'Università di Milano, e un fondo di investimenti, Xyence Capital SGR, che ha contribuito con 6 milioni di euro: "Quel finanziamento - racconta Abrignani - è stato investito su 7 ricercatori, tra cui Renata Grifantini, Direttore Scientifico di Checkmab, che hanno dedicato anima e corpo al progetto. Siamo così arrivati a sviluppare due anticorpi monoclonali che hanno dimostrato di avere un effetto immunoterapeutico antitumorale sia in vitro sia in modelli animali".

L'accordo con Boehringer Ingelheim

Da questi anticorpi monoclonali potrebbe derivare un nuovo tipo di immunoterapia 'mirata'. E qui la scommessa l'ha fatta un'azienda Big Pharma: Checkmab ha infatti concluso con Boehringer Ingelheim un accordo in cui concede, in licenza esclusiva a livello mondiale, le molecole individuate, in cambio di un corrispettivo complessivo di 240 milioni di euro (che include un pagamento "upfront" e una serie di altri pagamenti vincolati al raggiungimento di obiettivi di sviluppo clinico). Dopo un periodo iniziale di ricerca congiunta tra le due società, Boehringer Ingelheim assumerà tutte le responsabilità di sviluppo e commerciali. "Stiamo pianificando lo studio clinico di fase 1 - dice Abrignani - e se i farmaci sviluppati arriveranno sul mercato, Checkmab riceverà un'ulteriore percentuale sulle vendite". Nel mondo degli spin-off universitari un accordo con questi numeri non è comune in Italia: "No - conclude - ma credo sia un bell'esempio di come anche nel nostro Paese sia possibile mettere a terra la ricerca che si genera in ambito accademico, può dare fiducia a tante altre imprese come la nostra e attrarre altri investimenti. L'equazione, nel nostro caso, ha funzionato bene: la filantropia della Fondazione Invernizzi unita alla ricerca accademica dell'Università Statale e all'imprenditorialità dei ricercatori. Noi continuiamo a fare ricerca traslazionale, non solo in ambito oncologico, ma anche nelle malattie autoimmuni".