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A Milano per conoscere l’immunoterapia

Da oggi fino a domenica la seconda tappa di “Lo so anch’io”, il progetto di informazione che racconta nelle piazze italiane gli importanti avanzamenti nella cura dei tumori
3 minuti di lettura

Negli ultimi decenni l’immunoncologia ha offerto un contributo fondamentale nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti, rendendo croniche neoplasie prima molto difficili da curare. Per raccontare a tutti i cittadini questi importanti risultati, da oggi fino a domenica 21 maggio a Milano, in Piazza Argentina (dalle 10 alle 18), arriva “Lo so anch’io”, campagna di sensibilizzazione realizzata da Bristol Myers Squibb, con la partecipazione di TUTOR (Associazione Tumori Toracici Rari), APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma), FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica), Vivere senza stomaco (si può), FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe), con il patrocinio di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica). Ad accogliere i cittadini sotto il gazebo ci saranno rappresentanti delle Associazioni dei pazienti e una speciale “macchina del tempo” che mostrerà le tappe principali nella storia dell’immunoncologia. A disposizione anche materiale informativo, presente anche sul sito dedicato (www.bms.com/it/losoanchio.html) alla campagna. 

L’efficacia dell’immunoterapia

 

“L’immunoncologia – spiega Filippo de Braud, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Milano e Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano - ha aperto una ‘nuova era’ nel trattamento dei tumori. È in grado di stimolare il sistema immunitario contro il cancro e di migliorare in maniera significativa la sopravvivenza, con una buona qualità di vita. I farmaci immunoncologici tolgono il ‘freno’, costituito dai recettori CTLA-4 e PD-1, con cui il tumore blocca la risposta del sistema immunitario. I risultati ottenuti sono importantissimi: nel melanoma metastatico la sopravvivenza era soltanto di 6 mesi mentre oggi, grazie alla combinazione di due molecole immunoncologiche, nivolumab e ipilimumab, quasi la metà dei pazienti (48%) con tumore metastatico trattati in prima linea è viva a 7 anni e mezzo. Questa combinazione è disponibile anche nel carcinoma a cellule renali avanzato, dove, storicamente, la sopravvivenza a 5 anni non superava il 13%. Oggi invece, grazie alla duplice immunoterapia in prima linea, il 43% è vivo a 5 anni. E negli adenocarcinomi gastroesofagei (stomaco, giunzione gastro-esofagea e esofago), in fase avanzata o metastatica, possiamo offrire ai pazienti un’opzione efficace in prima linea, costituita dall’immunoterapia con nivolumab in combinazione con la chemioterapia”. 

I risultati nel polmone

 

Anche nella forma più comune di tumore del polmone, quella non a piccole cellule, l’immunoterapia ha cambiato lo standard di cura. La sopravvivenza a 5 anni nella malattia metastatica era pari a circa il 15%. “A tre anni, è vivo il 27% dei pazienti trattati in prima linea con nivolumab più ipilimumab, in associazione con due cicli di chemioterapia, rispetto al 19% con la sola chemioterapia – spiega Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano -. L’ulteriore vantaggio di questo approccio è rappresentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia, che permette di ridurre gli effetti collaterali. Il paziente in meno di un mese termina la chemioterapia e prosegue con la sola immunoterapia. La riduzione della durata della chemioterapia porta indubbi vantaggi nella tollerabilità delle cure e nella qualità di vita”. Buone notizie anche per quel che riguarda il trattamento del mesotelioma pleurico, un tumore toracico particolarmente difficile da curare. “Nella forma più aggressiva, quella non epitelioide, la combinazione di nivolumab e ipilimumab ha più che raddoppiato la sopravvivenza mediana, che ha raggiunto 18,1 mesi rispetto a 8,8 con la chemioterapia standard. Sono risultati davvero significativi e inimmaginabili fino a poco tempo fa. Al dato sulla sopravvivenza si aggiunge quello estremamente rilevante per i pazienti sulla qualità di vita, nettamente a favore dell’immunoterapia”, continua de Marinis.

L’importanza della ricerca per i tumori rari


  
“Oggi, grazie all’innovazione, sempre più pazienti possono affermare di aver superato il cancro, ma per i tumori rari con un’incidenza di 6/100.00 casi la strada è ancora lunga, anche se si stanno aprendo prospettive importanti anche in patologie aggressive come il mesotelioma – afferma Laura Abate-Daga, Presidente TUTOR (Associazione Tumori Toracici Rari) -. Per questi risultati, dobbiamo ringraziare la ricerca scientifica e tutti i pazienti che accettano di partecipare alle sperimentazioni. Aderiamo alla campagna ‘Lo so anch’io’, che vuole sensibilizzare i cittadini, perché abbiano fiducia nella scienza, nei clinici e nella ricerca e siamo certi che, tutti insieme, potremmo fare più ricerca sui tumori rari, quali mesotelioma e tumori del timo”. Numerose le sfide ancora da affrontare: per esempio – ricorda Daga - è essenziale che la diagnosi e il percorso di cura di neoplasie rare come i tumori toracici rari ed il mesotelioma siano definiti solo in strutture di riferimento, che garantiscono esperienza per numero di casi trattati e un approccio multidisciplinare. “Lo sviluppo di nuove tecnologie grazie alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale può permettere di individuare ulteriori setting di pazienti che rispondano all’immunoncologia, estendendone così l’efficacia. Ed è importante che i cittadini siano informati sui progressi della ricerca, per questo promuoviamo la campagna ‘Lo so anch’io’”, sottolinea Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia. 


Ridurre le disparità 

 

“I risultati ottenuti grazie alla ricerca permettono di guarire definitivamente la maggior parte dei pazienti colpiti da una neoplasia sviluppata in età pediatrica. E sono ancora più incoraggianti le prospettive offerte da approcci innovativi, come quelli fondati sull’immunoncologia – conclude Paolo Viti, Presidente FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica) -. È però importante ridurre le disparità regionali che costringono i bambini e le loro famiglie a spostarsi per le cure, anche per lunghi periodi, con un flusso che va dal Sud al Nord del Paese, con gravi conseguenze in termini psicologici ed economici. Per migliorare il livello di cure è necessario, inoltre, attivare le reti pediatriche all’interno delle Reti Oncologiche Regionali. Così si potrà raggiungere un’assistenza omogenea su tutto il territorio”.