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Tumore al seno, la versione di Maggy Style

(Crediti: Claudia Maggiurana dal libro "Un amore dal grigio al colore")
(Crediti: Claudia Maggiurana dal libro "Un amore dal grigio al colore") 
Adottare una prospettiva positiva, non rinnegare il dolore ma dargli una prospettiva diversa, prepararsi ad accogliere ed accettare il cambiamento inevitabile, dare spazio alle emozioni. Così la fashion stylist Claudia Maggiurana ha scelto di "vivere a colori"
4 minuti di lettura

"Mi dice 'Lei arriva direttamente dagli anni '70?'. 'No, dagli anni '80' - dico io. E deve aver pensato che fossi matta quando le ho rivelato che, nonostante tutto, avevo trovato interessante affrontare il cancro al seno. Avevo preso coscienza di un mondo di cui ignoravo l'esistenza, e stavo compiendo un viaggio dentro me stessa. Un viaggio dal grigio ai colori... 'Lei non si preoccupi - riprendo a dire alla chirurga - io ragiono in maniera un po' diversa dallo standard... sono i miei ragionamenti di artista'".

Una telefonata importante

Claudia Maggiurana, in arte la Maggy Style, ha avuto la diagnosi di tumore al seno due anni fa, all'età di 42 anni, in piena pandemia. Vive in Umbria, in una delle zone che proprio in quel periodo erano state dichiarate rosse. Ospedali blindati, screening oncologici fermi. Nonostante questo, un giorno riceve una telefonata dall'ospedale in cui era seguita per delle cisti a un seno, che era solita controllare ogni anno. Non ha alcuna voglia di andare, ma si rende conto che se rifiuta l'appuntamento probabilmente non sarà richiamata a breve. Accetta e dopo qualche giorno è a fare mammografia ed ecografia. Stavolta, però, non fila tutto liscio come al solito: la dottoressa continua a trafficare con il macchinario, guarda e riguarda le immagini. Claudia le chiede diretta: "È un'ora che siamo qui, me lo dice se c'è un problema?". "C'è qualcosa che non mi convince, vorrei fare un altro esame di approfondimento", risponde. 

L'agoaspirato è fissato dopo soli due giorni, e in 15 arriva il referto: è un carcinoma mammario. Ed è lì che è cominciato quel viaggio a colori. "Ho sempre vissuto nel mondo dell'arte floreale e della moda, che è il mio. E quando mi sono scontrata con il mondo della medicina, così scientifico, fatto di casistiche e percentuali, ho reagito nel solo modo che conoscevo: tirando fuori le emozioni e usando la fantasia".

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Un colore per ogni passo

Così Claudia  ha cominciato ad associare un colore ad ogni momento del percorso della malattia. Il primo è stato il giallo. "Mi ha ispirato il mio nipotino, che spesso reagiva al mondo imitando il verso del leone. Lo stesso che ha fatto quando sono andata dai miei a dire 'c'è qualcosa che non va e si chiama tumore'. Grrrrr". Da qui la sinestesia con il giallo, che per Claudia è il colore dell'energia e della vita che reagisce con grinta. "Mi sono detta: è ora di far uscire quel felino che è dentro di me".

Poi c'è stato il bianco: il colore delle garze che le fasciavano il seno al risveglio dall'intervento, "come la mummia di una faraona dell'antico Egitto che era passata attraverso il rito della purificazione, per la preservazione del corpo. La chirurga è stata la mia traghettratrice".

Il rosa, il terzo colore, è quello delle vesti di una principessa indù prima dello sposalizio, che si è preparata ad accettare fin da subito una nuova vita e una nuova parte di sé, in questo caso le protesi. Quindi è stata la volta del rosso, il colore della chemio ma anche dell'Araba fenice, simbolo di rinascita. Infine il verde di un suo riflesso con la testa senza più capelli. "Ho guardato la mia ombra calva è mi è parsa quella di un extraterrestre venuto dal futuro: una nuova me".

La prospettiva positiva

Questo suo viaggio a colori si è trasformato in una mostra fotografica, in un libro e anche in un'associazione, Vivo a Colori, che Claudia ha fondato un anno e mezzo fa. "Sono passati appena due anni dalla diagnosi, ma se ripenso a tutto quello che ho vissuto mi sembra un evento lontanissimo nel tempo. Credo che questo sia dovuto al mio impegno nel rielaborare subito la malattia e tutto quello che ha comportato. La scienza serve, ovvio, ma c'è molto di più. Un paziente che riemerge psicologicamente dall'esperienza di un tumore in pochi mesi credo sia il sogno di ogni medico. Questo non significa averlo affrontato con leggerezza o che sia stato una passeggiata: ho vissuto profondamente il concetto di dolore, per me stessa e per gli altri. Non si tratta di negare il dolore, ma di dargli un taglio diverso. Per il corpo c'è la medicina, ma per l'anima non c'è farmaco. Bisogna che ognuno curi la sua".

In questo percorso, Claudia ha anche maturato la consapevolezza che l'ospedale è un luogo di bisogni emotivi spesso inespressi. "Vieni catapultato in una dimensione che non ti appartiene: o riesci a venirne fuori, oppure ti fai ingoiare. Per questo ho deciso di lasciare la mia attività e fondare un'associazione che si occupasse proprio di aiutare le altre donne colpite dal tumore al seno - e le persone in generale - a far emergere e a gestire le proprie emozioni".

Emozioni in movimento

Anche con l'aiuto di psicologi, l'associazione porta avanti corsi come quello di mindfulness, e di organizzare attività collettive, come quella che Claudia chiama uncinetto-terapia, e che vede 100 donne cucitrici unite nella realizzazione di coperte colorate che il prossimo ottobre, in occasione del mese dedicato alla sensibilizzazione sul tumore al seno, verranno stese sulla piazza di una città umbra. L'associazione si occupa anche di raccogliere fondi per la Breast Unit dell'Ospedale di Santa Maria delle Misericordia di Perugia: il prossimo obiettivo è l'acquisto e la donazione di un macchinario per la dermopigmentazione del complesso areola-capezzolo utilizzato nella ricostruzione del seno dopo il tumore.

Per raccogliere fondi, il 10 febbraio, presso il Cinema Teatro Concordia di Marsciano (in provincia di Perugia), si terrà l'evento Emozioni in movimento: "È una sorta di spettacolo molto coinvolgente, in cui donne che hanno avuto il tumore al seno, ma anche chi ha vissuto la malattia indirettamente, come le figlie e le amiche, vanno in scena e raccontano le loro emozioni su questa storia chiamata tumore. Utilizzando l'arte, la moda e, ovviamente, il colore. È un momento di condivisione difficile da spiegare".

Obiettivo: la maratona di Roma

Che Claudia viva di corsa non è solo una metafora. Sebbene prima della malattia non avesse mai indossato scarpe da running, per il prossimo 19 marzo si è posta l'obiettivo di correre la Maratona di Roma. "Tutto è nato perché l'oncologa mi aveva prescritto un'ora di attività fisica al giorno. Ho cominciato camminando, poi ho fatto nordic walking, finché un giorno ho contattato Sauro Mencaroni dell'Atletica Capanne per chiedergli di farmi da coach. Sono partita da zero e non è stato semplice. Ma a settembre ho vinto la mia prima gara, ho già partecipato a due mezze maratone e tra poco mi aspetta la terza, come preparazione ai 42 chilometri di Roma. È il regalo di un'altra emozione che voglio fare a me stessa".