Aumento dell’intensità della sostanza bianca. Anche se quando si parla della capacità cognitive di una persona si fa sempre riferimento alla materia grigia, non ci sono dubbi che questo parametro rilevabile con la risonanza magnetica sia sempre più importanti per indicare una sofferenza cerebrale. E proprio questo marcatore è stato preso in considerazione in uno studio condotto all’Università di Oxford, che ha correlato la presenza di valori elevati di pressione diastolica (non necessariamente oltre i livelli minimi consigliati, ma anche inferiori a questi e quindi nell’intervallo ottimale) nell’età adulta con sviluppo di difficoltà cognitive da anziani. La ricerca, coordinata da Karolina Wartolowska del Center for Prevention of Stroke and Dementia, è apparsa su European Heart Journal ed ha preso in considerazione più di 37.000 persone, i cui dati erano disponibili all’interno della grande banca Dati Biobank, in Gran Bretagna. Sono state rilevate le osservazioni ottenute su una popolazione di età compresa tra i 40 e i 69 anni, di cui erano disponibili anche le scansioni cerebrali ottenute con la risonanza magnetica. Sotto la lente di ingrandimento degli esperti sono finite proprie le alterazioni della sostanza bianca, rilevabili proprio attraverso l’esame diagnostico per immagini. La presenza di aree di iperintensità, quindi più chiaramente “rilucenti” nelle sequenze del test, indicano eventuali problemi circolatori legati ai piccoli vasi che irrorano aree specifiche del cervello: la loro presenza viene considerata come un possibile parametro di un maggior rischio di deficit cognitivi, sviluppo di depressione e addirittura di ictus. Sia chiaro: questi “segni” dell’invecchiamento del tessuto cerebrale che può diventare patologico, non sono una rarità: in genere possono essere rilevati in almeno la metà degli over-65, ma ovviamente in caso di ipertensione sono più frequenti.
Attenzione alla pressione diastolica
Le persone inserite nell’indagine sono state valutate ovviamente sotto tutti i punti di vista, per definirne correttamente il rischio cardiovascolare. Poi, ovviamente, l’attenzione degli specialisti si è concentrata sulla pressione arteriosa: come ci si poteva attendere, i livelli pressori elevati portavano, negli anni a venire, ad un maggior rischio di comparsa di aree di iperintensità della sostanza bianca. Colpisce però un dato: la pressione “minima”, cioè la diastolica, sarebbe associata ad un aumento delle lesioni in modo particolarmente significativo. Si tratta ovviamente solo di un’associazione, ma va ovviamente valutata con attenzione. Vediamo comunque come i danni della sostanza bianca si correlano con l’ipertensione partendo dalla sistolica: Un aumento di 10 millimetri di mercurio della “massima” sopra i valori normali incrementa il “carico” di aree di iperintensità di 1,126 volte. Ogni aumento di 5 millimetri di mercurio della diastolica, spesso poco considerata, incrementa solo di poco meno i rischi. Secondo la Wartolowska, la ricerca permette di giungere a due conclusioni significative. “Lo studio ha dimostrato che la pressione sanguigna diastolica nelle persone di 40 e 50 anni è associata a danni cerebrali più estesi negli anni successivi – commenta”. Ma soprattutto l’analisi permette di capire come non sia solo la pressione sistolica a dover essere considerata, ma anche la diastolica, se ovviamente di punta a prevenire problemi cognitivi e cerebrali. Conclusioni pratiche: attenzione tra i 40 e i 50 anni. in queste fase, controllando la pressione nell’ambito dell’attenzione al rischio cardiovascolare globale, si riducono i rischi per il futuro. “Per un’ottimale prevenzione dell'iperintensità della sostanza bianca in età avanzata, il controllo della pressione sanguigna diastolica andrebbe concentrato fin dall’età giovanile-adulta – conclude lo studio”.
(FM)