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Covid, il rischio cardiaco resta alto per i guariti anche a distanza di tempo

Covid, il rischio cardiaco resta alto per i guariti anche a distanza di tempo
(ansa)
Nell’anno dopo l’infezione aumentano le probabilità di andare incontro ad ictus, scompenso, aritmie ed altre patologie cardiovascolari. È importante monitorare la situazione e cogliere i segnali d’allarme di cuore e vasi
2 minuti di lettura

Il Long-Covid può lasciare strascichi sul cuore. Anche a distanza. Ovviamente diventa più temibile per chi sviluppa una forma grave dell'infezione, ma le complicazioni su cuore ed arterie possono manifestarsi anche in chi non ha avuto sintomi particolarmente severi. Soprattutto, può aumentare i pericoli per la salute cardiaca anche in persone che non presentano particolari fattori di rischio, come l'età avanzata, il diabete, l'ipertensione o l'obesità.

L'aumento della probabilità di sviluppare un ictus nell'anno dopo l'infezione sale del 52% per cento rispetto alla popolazione di controllo, il che vuol dire che su 1000 persone ci sono quattro soggetti in più che vanno incontro al problema cerebrale. E la possibilità di sviluppare uno scompenso cardiaco aumenta addirittura del 72%, ovvero ci sarebbero quasi 12 casi in più in chi ha avuto l'infezione da virus Sars-CoV-2 rispetto a chi presumibilmente (la popolazione di controllo non è stata testata per un'eventuale positività) non ha contratto Covid-19. A riaccendere i riflettori sui potenziali rischi del Long-Covid sull'apparato cardiovascolare, con un incremento addirittura di una ventina di diverse patologie potenzialmente associate ai postumi dell'infezione, è una ricerca osservazionale pubblicata su Nature Medicine e coordinata da Ziyad Al-Aly della Washington University di St. Louis, nel Missouri.

Gli studiosi, che lavorano presso la Veterans Research and Education Foundation hanno preso in esame le informazioni presenti nella banca dati del Dipartimento "Veterans Affairs"  degli Usa, confrontando quanto emerso in oltre 150.000 persone sopravvissute per almeno un mese dopo Covid-19 con quanto osservato in due popolazioni di controllo, una di oltre cinque milioni e mezzo di persone che hanno utilizzato i servizi del dipartimento durante la pandemia e poco meno di sei milioni che invece sono stati "registrati" nel 2017, in periodo pre-pandemico.

La ricerca, va detto, colpisce per la potenziale durata degli effetti di Covid-19 anche dopo che il quadro infettivo si è risolto. Infatti, oltre ai dati davvero preoccupanti sulle probabilità di sviluppare un ictus o uno scompenso cardiaco, si è osservato anche un incremento del rischio di aritmie e dei processi coagulativi, oltre ad un maggior tasso di infiammazione come miocarditi e pericarditi.

Va detto che nonostante il significativo aumento del rischio di miocardite e pericardite nelle persone non vaccinate, l'incremento è risultato indipendente dalla presenza o meno di una vaccinazione. Lo studio ripropone quindi un problema che rischia di diventare pesante per la sanità, anche dopo che la pandemia tenderà ad estinguersi, ovvero quello delle cronicità cardiache conseguenti al grande numero di casi di infezione rilevati.

"Si tratta di uno studio metodologicamente molto accurato - dice Gaetano Maria De Ferrari, Ordinario di Cardiologia all'Università di Torino - che evidenzia purtroppo un importante aumento di rischio per tutte le principali malattie cardiovascolari anche nei pazienti che avevano avuto una forma leggera di Covid, che era stata curata a casa senza bisogno di ricovero ospedaliero. Alcune manifestazioni, come le miocarditi, appaiono cinque volte più frequenti fra questi malati rispetto alla popolazione di controllo".

Le cause di questa associazione sono complesse e solo in parte note.  "Possono comprendere un danno virale diretto dei virus a livello delle cellule del cuore o dei vasi del circolo, una persistente attivazione infiammatoria con produzione di citochine dannose, uno squilibrio del sistema nervoso autonomo e dell'asse renina-.angiotensina - riprende l'esperto. Quali che siano le cause, a livello di strategia di popolazione rimane logico cercare di ridurre la circolazione del virus, anche se meno pericoloso di per sé nei soggetti vaccinati, al fine di ridurre le complicanze a lungo termine. Ancora più importante è incrementare il livello di attenzione alle possibili manifestazioni cardiovascolari, ritornando al più presto alla piena operatività, se non addirittura ad un incremento delle visite e delle valutazioni cardiologiche ambulatoriali".