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La pressione non scende? Attenzione (anche) al microbiota

La pressione non scende? Attenzione (anche) al microbiota
La composizione dei batteri presenti nell’intestino potrebbe giocare un ruolo sulla disponibilità del principio attivo di alcuni farmaci. E aumentare il rischio che l'ipertensione diventi resistente
2 minuti di lettura

Si provano tutte. Si associano i farmaci tra loro, per migliorare l'aderenza. Si controlla scrupolosamente che la persona prenda le cure come indicato dal medico. Si punta sui cambiamenti dello stile di vita. Purtroppo però, in diversi casi, i valori della pressione arteriosa non scendono sotto i livelli desiderati. Così il cuore e le arterie sono a rischio.

Cosa fare? Forse, in futuro, bisognerà anche andare a valutare le caratteristiche del microbiota, quella popolazione immensa di batteri (ma anche virus e miceti), che vive nell'apparato digerente e che, in termini di unità, è quasi dieci volte superiore a quella delle cellule dell'organismo che li ospita.

In particolare, appare importante  prestare attenzione ai ceppi del genere Coprococcus, visto che la loro presenza in quantità elevate potrebbe correlarsi con un calo di efficacia di farmaci antipertensivi della classe degli Ace-inibitori, come quinapril o ramipril.

Lo studio dell'università di Toledo

A lanciare questa affascinante ipotesi, che ancora una volta segnala quanto il microbiota sia importante per la salute umana e quanto possa influire sull'azione dei medicinali (negli ultimi tempi sono apparsi studi che indicano come la composizione del microambiente batterico possa giocare un ruolo negli effetti dell'immunoterapia per i tumori), è una ricerca pubblicata su Hypertension, condotta dagli esperti dell'Università di Toledo, coordinata da Tao Yang e Bina Joe.

L'ipertensione "resistente"

Sia chiaro. Siamo ancora ad una prima indagine, che potrebbe contribuire a spiegare almeno in parte i quadri di ipertensione resistente che rappresentano una delle sfide più complesse nel mondo della prevenzione cardiovascolare. L'ipertensione può essere considerata "resistente" quando non si riesce a raggiungere valori inferiori a 130/80 millimetri di mercurio per diabetici e nefropatici, e 140/90 per gli altri, dopo  terapia a dosi piene con almeno tre farmaci di cui un diuretico.

Ovviamente prima di arrivare a questo giudizio il medico deve valutare l'aderenza del paziente alla terapia, l'assunzione contemporanea di farmaci che possono influire sui valori pressori ed altre problematiche. Ma forse, stando allo studio che per primo (sia pure solo sperimentalmente) ha preso in esame l'impatto dei batteri intestinali, l'attenzione dovrebbe concentrarsi anche sul microbiota.

L'abbinamento di antipertensivi e batteri intestinali

La ricerca ha esaminato in particolare quanto avviene in termini di efficacia somministrando un antipertensivo di uso comune (quinapril) in animali con batteri intestinali fisiologici, in confronto a quanto si osserva dopo un trattamento antibiotico prolungato.

In termini generali si è osservata una miglior risposta farmacologica nei ratti in cui la terapia antibiotica aveva "ripulito" il microbiota, ovviamente alterandolo, rispetto agli altri. Ma soprattutto si è visto, sempre sperimentalmente, che il batterio Coprococcus, dominante nel microbiota degli animali in studio, poteva giocare un ruolo importante.

Interazione tra alimentazione, farmaci e microbiota

Come? Agendo direttamente sugli Ace-inibitori, come appunto il farmaco in questione e molti altri principi attivi, che verrebbero in qualche modo "alterati" nella loro struttura dall'azione del batterio, con conseguente impatto sull'azione farmacologica.

Si tratta di una prima evidenza, comunque molto importante. Il gruppo di ricerca prevede di continuare il suo lavoro studiando l'interazione tra farmaci aggiuntivi per la pressione sanguigna e altri tipi comuni di batteri intestinali. E comunque, a prescindere dai risultati di questo studio, la possibile interazione tra alimentazione, farmaci e microbiota è davvero sotto la lente d'ingrandimento degli esperti.

L'efficacia della terapia dipende dalle concentrazioni di farmaco assorbite

"Il problema dell'impatto del microbiota intestinale nel destino cinetico dei farmaci è un tema di grande interesse che è emerso recentemente - ricorda Claudio Borghi, direttore della Medicina Interna presso il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. Occorre sempre ricordare che l'efficacia della terapia dipende dalle concentrazioni di farmaco assorbito. E non bisogna sottovalutare che queste possono essere modificate dalle caratteristiche del microbiota la cui modulazione, magari attraverso i comportamenti dietetici o l'assunzione di probiotici, può essere uno degli elementi che condizionano la efficacia terapeutica o la necessità di aggiustamenti delle dosi".