Poco sale, please. Lo chiede il cuore. Anche e soprattutto in questo periodo di leccornie, apericene con stuzzichini vari, piatti prelibati, cerchiamo di non portare la mano al salino per farne scendere il contenuto nella fondina. Basta davvero poco, appunto la mancata (o comune minima) aggiunta del pizzico di sale, per ridurre il rischio di infarto, altre problematiche ischemiche e scompenso cardiaco.
Il vantaggio si osserva anche quando già le persone seguono un approccio alimentare sano, come la dieta DASH, che mira al contrasto dell'ipertensione. A dirlo, seppur basandosi su dichiarazioni autoriferite e quindi ampiamente passibili d'errore di percezione, è una ricerca condotta su un'ampia popolazione raccolta nella banca dati UK Biobank, pubblicata su Journal of the American College of Cardiology.

Questionari su misura
Lo studio si è concentrato sulla frequenza dell'aggiunta di sale agli alimenti in rapporto al rischio di patologie cardiache, considerando anche chi aveva un'alimentazione sana e ricca in vegetali come la dieta DASH, consigliata per il controllo della pressione.
Sono state coinvolte quasi 177.000 persone, cui è stato chiesto di segnalare la frequenza di aggiunta di sale agli alimenti, escluso il sale utilizzato in cucina. Ai partecipanti è stato anche chiesto se avessero apportato modifiche importanti alla loro dieta negli ultimi cinque anni, oltre a completare 1-5 cicli di nuove indicazioni nutrizionali per circa 3 anni. I dati sugli eventi di malattie cardiache sono stati raccolti attraverso anamnesi e dati sui ricoveri ospedalieri, questionari e dati del registro dei decessi.

Abitudini migliori nelle donne
Chi generalmente aggiunge meno sale ai piatti? Stando all'indagine si tratta più facilmente di donne, con miglior controllo del peso, consumo moderato di alcolici, minor vizio del fumo, più attente all'attività fisica. L'aggiunta di sale è risultata inoltre meno frequente in chi aveva problemi di ipertensione e malattie renali croniche. Peraltro, queste persone avevano anche maggiori probabilità di aderire a una dieta in stile DASH. In genere consumavano più frutta, verdura, noci e legumi, cereali integrali, bevande dietetiche a basso contenuto di grassi ma meno zuccherate o carni rosse/trasformate rispetto a quelli con una frequenza più elevata di aggiungendo sale agli alimenti.
La tendenza a mettere mano al salino e a rendere più sapidi alimenti già preparati si è osservata soprattutto nelle persone in condizioni economiche meno agiate e nei fumatori: in questi soggetti si è scoperta l'associazione più significativa tra questa tendenza e l'aggiunta di sale.
"Nel complesso, abbiamo scoperto che le persone che non aggiungono un po' di sale in più ai loro cibi molto spesso hanno un rischio molto più basso di eventi di malattie cardiache, indipendentemente dai fattori dello stile di vita e dalle malattie preesistenti - è il commento di uno degli autori dello studio, Lu Qi, dell'Università Tulane di New Orleans".

L'importanza della giusta dieta
Dall'indagine emerge anche che se si combina una dieta DASH con una bassa frequenza di aggiunta di sale, il rischio di malattia cardiache diventa estremamente ridotto. Stando ai risultati della ricerca anche solo ridurre il sale aggiuntivo al cibo, pur non rimuovere completamente il sale, è un fattore di rischio incredibilmente modificabile che può incidere sul benessere cardiovascolare senza pesare sul gusto. In pratica la dieta DASH non è altro che "l'americanizzazione" dell'alimentazione mediterranea, con una puntualizzazione sugli introiti di sodio e potassio a livelli raggiungibili anche da noi. Si propone di sostituire i grassi saturi con quelli insaturi, di aumentare i vegetali e di consumare più alimenti integrali, con un aumento del consumo di vegetali che sono ricchi di acqua e fibre ed hanno un più elevato potere saziante.
Il corpo non ha così bisogno di sale
"L'importanza dell'apporto di sale nel rischio di malattie cardiovascolari ha radici ancestrali ed è andata incontro ad una serie innumerevole di conferme fino ai giorni nostri - commenta Claudio Borghi, direttore della Medicina Interna presso il Policlinico Sant'Orsola-Malpighi di Bologna. La motivazione principale non è semplicemente l'apporto eccessivo, ma la enorme discrepanza tra la quantità ingerita con la dieta e il reale fabbisogno del nostro organismo che crea quell'eccesso potenzialmente patologico descritto dalla analisi dei dati di UK Biobank".
Insomma: l'alimentazione moderna contempla un contenuto di sale palese o occulto molto elevato che dovrebbe essere ampiamente sottolineato. E non possiamo sottovalutare i rischi. "Noi dobbiamo prestare più attenzione alla qualità della nostra alimentazione prima di ogni altro provvedimento finalizzato alla prevenzione cardiovascolare - ammonisce l'esperto".
