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Dopo un ictus asportare il trombo dall’arteria bloccata fa la differenza

Dopo un ictus asportare il trombo dall’arteria bloccata fa la differenza
Con la trombectomia endovascolare si recupera il coagulo che blocca la circolazione. E si migliora la prognosi anche dopo un ictus che ha creato danni estesi al cervello. A dirlo una ricerca sul New England Journal of Medicine, sospesa prima per la superiorità di risultati dei pazienti trattati
2 minuti di lettura

Quando esiste un tappo che blocca la circolazione, togliendolo si può far riprendere il normale flusso del sangue. E con buoni risultati clinici anche in caso di lesioni ischemiche estese. Attenzione però. Se prima esistevano indicazioni chiare al trattamento di trombectomia, ovvero di asportazione del coagulo di sangue che blocca un vaso, in caso di ictus di dimensioni limitate, ora arriva la definitiva certezza che questo trattamento può consentire di ridurre i deficit a distanza dell’ischemia cerebrale anche quando questa è particolarmente estesa. A dirlo sono i risultati dello studio internazionale SELECT-2, pubblicato sul New England Journal of Medicine. La ricerca, che ha coinvolto 31 centri medici in Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda, è stata addirittura sospesa in anticipo visto il vantaggio dell’associazione della trombectomia con la terapia medica standard, rispetto a questa ultima da sola.

Oltre le sole cure mediche

La ricerca porta a modificare una percezione molta diffusa, ovvero la sensazione che la trombectomia possa risultare efficace nelle lesioni di dimensioni ridotte ma non possa essere considerata tale, in termini di sicurezza, se l’ischemia è molto estesa. Lo studio coordinato da Amrou Sarraj, Docente di Neurologia presso la Case Western Reserve University, cambia radicalmente il paradigma.  Secondo Sarraj si tratta di “un'enorme opportunità di miglioramento a un livello molto ampio, soprattutto perché questi pazienti rappresentano dal 20 al 25 percento di tutte le occlusioni dei grandi vasi e possono avere un enorme impatto sui pazienti, sulla loro famiglia e sulla società". La ricerca è stata interrotta dal comitato di monitoraggio dei dati  e della sicurezza dopo l’arruolamento di 352 pazienti rispetto ai 560 attesi, per i risultati molto superiori nel gruppo trattato con trombectomia. Sono stati considerati pazienti con occlusione di una grande arteria che quindi portava ad ampio coinvolgimento di tessuto cerebrale, confermato con la Tac (TC) o con altre tecniche di imaging. 

Dopo la trombectomia meno problemi a distanza

I pazienti studiati sono stati assegnati in modo casuale a uno dei due gruppi: 178 hanno ricevuto trombectomia e 174 hanno ricevuto la classica terapia medica. Per quelli che sono giunti all’osservazione degli specialisti prima di quattro ore e mezza dall’inizio dei sintomi sono stati effettuati anche trattamenti medici per sciogliere il trombo, quindi di trombolisi. Risultato: poco meno del 20% dei pazienti sottoposti a trombectomia a distanza dopo l’ictus è giunto all’indipendenza funzionale, senza necessità di supporto, e quasi il 40% dei soggetti è riuscito a tornare a deambulare normalmente nonostante le ampie dimensioni della lesione neurologica. Al contrario, dopo le sole cure mediche solo il 7% dei pazienti ha recuperato l’autonomia. “Che l’asportazione meccanica di un trombo occludente consentisse di ristabilire il normale flusso di sangue è già stato dimostrato da molti trial pubblicati a partire dal 2015 – spiega Danilo Toni, Ordinario di Neurologia presso l’Università Sapienza di Roma.  Tutti gli studi già pubblicati, però, avevano escluso pazienti con lesioni troppo estese. La novità di questo trial, ma anche del trial ANGEL-ASPECT, pubblicato sulla stessa rivista, è il trattamento di pazienti con lesioni estese, a conferma di un precedente studio giapponese del 2022”.

Quanto è importante arrivare presto

La trombolisi intravenosa e la trombectomia meccanica, in combinazione o separatamente fra loro a seconda dei casi clinici, consentono oggi di ottenere un recupero delle funzioni neurologiche allo stato precedente l’ictus fino al 50-60 per cento dei casi trattati. I risultati di questo studio ampliano ulteriormente queste opportunità, anche in caso di lesioni molto estese. Con la trombectomia, si punta ad asportare il trombo che blocca la circolazione  attraverso un trattamento che non prevede l’uso del bisturi, ma si basa sulla possibilità di agire con una sonda all’interno del vaso ostruito. Al momento, solo il 10-15 per cento di tutti i pazienti con ictus è candidabile alla trombolisi intravenosa e circa il 5 per cento alla trombectomia meccanica. “Ma le neuroimmagini avanzate, ovvero lo studio della perfusione cerebrale con la TC o con la RM (Risonanza Magnetica), stanno consentendo di ampliare sempre di più la platea dei pazienti trattabili, con l’inclusione di quelli con esordio dei sintomi da molte ore e di quelli, come ci hanno detto i trial citati, con lesioni anche estese – conclude Toni. In ogni caso resta fondamentale che,  comprendendo il tempo necessario per la diagnosi e per la localizzazione del problema al vaso, si intervenga entro al massimo un’ora dall’arrivo del paziente al centro specializzato per le terapie di rivascolarizzazione farmacologica e meccanica”