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Perché cresce il rischio di infarto se il rene soffre

Perché cresce il rischio di infarto se il rene soffre
Occorre puntare sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce dell'insufficienza renale. Poche, semplici regole ed esami mirati di basso costo aiutano a limitare i rischi cardiovascolari
3 minuti di lettura

Chi ha qualche rudimento di medicina lo sa bene. Nell'organismo umano ci sono tre organi considerati nobili: il cuore, il cervello e il rene. Ma se per i primi due siamo estremamente attenti, anche in termini di prevenzione e diagnosi precoce di eventuali problemi, dei reni tendiamo a dimenticarci. Soffrono in silenzio e spesso ci accorgiamo che qualcosa non va per il meglio quando il danno è già esteso.

In queste fasi anche i rischi di infarto (e purtroppo anche di ictus, visto che le eventuali alterazioni delle arterie possono interessare anche i vasi che irrorano il sistema nervoso centrale) crescono. E non solo per la malattia renale cronica, già riconosciuta come fattore di rischio indipendente per queste condizioni così come per lo scompenso cardiaco, ma anche per altre patologie. A ricordarci che il benessere del rene va a braccetto con quello del cuore è un originale studio apparso su JAMA Cardiology, condotto dagli esperti dell'ospedale Brigham and Women's di Boston. La ricerca mostra partendo direttamente da biopsie di tessuto renale come esistano associazioni tra lesioni dell'organo con esami non proprio ottimali e pericoli per il cuore in persone che non presentano rischi specifici.

Il rene "parla" al cuore

L'indagine ha preso in esame tessuti renali patologici per insufficienza renale conservati presso la Boston Kidney Biopsy Cohort di quasi 600 pazienti. Gli studiosi di anatomia patologica hanno dato un punteggio sulle lesioni osservate, in base alla malattia renale cronica osservata. Poi, analizzando gli eventuali ricoveri e le cartelle cliniche dei pazienti, si è provveduto ad associare le informazioni. Dopo un periodo di osservazione media di cinque anni e mezzo in tutti i soggetti di cui si sono analizzati i tessuti renali, si sono osservati ictus, infarti, scompenso cardiaco o decesso per cause cardiovascolari in poco meno del 20% dei pazienti.

Due le anomalie renali evidenziate più spesso in chi corre i rischi maggiori: l'accumulo eccessivo di sostanze in un'area dell'unità di filtrazione del rene e l'ispessimento delle pareti delle arteriole del rene stesso. Come se non bastasse, si è visto che una diagnosi di malattia renale vascolare, una diagnosi di malattia renale diabetica o una maggiore gravità delle lesioni renali croniche risultavano elementi che accrescevano il rischio per cuore e cervello. In particolare le persone con una forma seria di diabete da molti anni, avevano un rischio elevato di patologie cardiache. Reni, diabete e cuore insomma vanno considerati assieme. "I reni e il cuore sono organi che parlano tra loro ampiamente e direttamente - ricorda l'autore principale Leo F. Buckley".

Monitoriamo  la salute del rene

Lo studio americano segue di poco la pubblicazione di una ricerca giapponese che mette in luce lo stretto rapporto tra salute renale e rischio di ictus. Lo studio nipponico segnala però un altro aspetto: piccole alterazioni della funzione renale vanno identificate per tempo, altrimenti c'è il rischio di non riconoscerle e di non capire chi è a rischio.

Pensate che già in presenza di proteinuria, cioè appunto di proteine nella provetta di urina, insieme ad una limitata funzione di "pulizia" del sangue da parte del rene può crescere il rischio di andare incontro ad un ictus. Lo studio è stato condotto dagli studiosi del National Cerebral and Cardiovascular Center coordinati da Kaori Miwa ed è apparso su Neurology. Per chi soffre di insufficienza renale cronica il rischio sarebbe particolarmente elevato per l'ictus legato ad un'embolia a partenza dal cuore. ma non basta: le alterazioni della funzione del rene, ovvero il basso tasso di filtrazione, si correlano anche con un maggior rischio di disabilità dopo l'ictus cardioembolico. La scarsa capacità di filtrazione renale e la proteinuria particolarmente significativa si collegano ad un maggior rischio di decesso durante il ricovero.

Esami semplici per sospettare problemi renali

"Questi studi confermano ancora una volta il ruolo del rene come sensore di rischio per le malattie cardio e cerebrovascolari - spiega Roberto Pontremoli, direttore della Clinica Medica dell'Università di Genova. Lo stretto legame tra alterazioni della funzione renale e complicanze quali ictus o infarto del miocardio è oggi apprezzabile a diversi livelli: epidemiologico, per l'alta prevalenza ed incidenza di malattie cardiovascolari nei pazienti nefropatici, fisiopatologico (basti pensare al ruolo della malattia renale nel facilitare lo sviluppo di scompenso cardiaco e cardiopatia ischemica) e terapeutico, con nuove classi di farmaci hanno recentemente dimostrato di migliorare contemporaneamente la prognosi renale e cardiaca nei pazienti a rischio".  Insomma. gli esperti conoscono rapporti "pericolosi" tra rene e cuore e rischi associati. Ma tendiamo a dimenticare il benessere dei reni.

Le alterazioni renali sono quasi sempre asintomatiche e per questo motivo devono essere specificatamente ricercate mediante l'esecuzione di alcuni semplici esami ematochimici ed urinari, ormai alla portata di tutti. "Misurando l'escrezione urinaria di albumina (la cosiddetta microalbuminuria) e la capacità di filtrazione renale (il GFR o tasso di filtrazione glomerulare) è possibile ottenere precise stime del rischio di infarto e/o ictus a lungo termine (5-10 anni) in modo additivo rispetto ai tradizionali parametri in uso nei calcolatori di rischio (diabete, ipertensione, fumo, ecc.) - ricorda Pontremoli. L'applicazione su larga scala di questi test, semplici poco costosi e non "invasivi" per il paziente potrebbe portare certamente ad una migliore individuazione dei soggetti a rischio per i quali sono indicate misure preventive e terapeutiche mirate".