I vaccini anti-influenzali devono essere rinnovati ogni anno perché i virus influenzali, seppur con una velocità leggermente minore del coronavirus, hanno delle varianti che si evolvono durante le epidemia annuali, tendenzialmente stagionali, con picchi diversi in aree diverse del mondo. Nell'emisfero australe per esempio l'influenza si diffonde durante i nostri mesi estivi, nelle zone temperate in primavera-autunno e dalle nostre parti durante l'inverno. Due volte l'anno l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si riunisce per monitorare l'evoluzione di questi virus e stabilire quindi la composizione dei vaccini: a febbraio per i vaccini prodotti nel nostro emisfero, a settembre per l'altro emisfero, così da dare tempo alle aziende produttrici di sviluppare le formulazioni adeguate in vista della prossima stagione epidemica.
Evolvendosi i virus influenzali possono cambiare tanto, originando virus pandemici, come è stato l'H1N1 del 2009 o poco, con varianti leggermente diverse ma che schivano le difese immunitarie e rendono meno efficace il vaccino ricevuto la stagione precedente o la risposta immunitaria dalla guarigione da infezioni pregresse. È vero altresì che rimane una cross-protezione contro questi virus leggermente diversi, ma tende a ridursi nel tempo: ecco perché è fondamentale l'aggiornamento dei vaccini anti-influenzali. L'efficacia del vaccino dipende da quanto si è riusciti a prevedere i virus circolanti e dunque a “indovinare” la composizione dei vaccini. A oggi la composizione dei vaccini anti-influenzali ne comprende quattro, due di tipo A e due di tipo B, scelti sulla base dei virus dominanti nel momento in cui l'Oms si riunisce due volte l'anno.
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*Fabrizio Pregliasco è Professore associato del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell'Università di Milano e direttore sanitario dell'Irccs, Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio di Milano