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l’intervista

Giro d’Italia, pronto il piano per la tappa del 2024: sarà un percorso tra pianura e montagna

Urbani, l’erede di Cainero: «Ci sono già idee e progetti per il 2025 e per i successivi, non ci fermiamo»

Maura Delle Case
2 minuti di lettura

«La tappa del Lussari è stata unica, eccezionale, al di sopra di ogni aspettativa e credo abbia consacrato una volta per tutte la genialità di Enzo Cainero». Tira un sospiro di sollievo Paolo Urbani, il delfino del manager scomparso, nuova guida del comitato organizzatore delle tappe friulane del Giro d’Italia, che scollinata la fatica della cronoscalata di sabato, ereditata in corsa e affrontata con determinazione ma anche con una serie di «timori da neofita», adesso guarda al futuro. La tappa del Lussari segna infatti uno spartiacque, l’ingresso vero nel dopo Enzo, che si accompagna a una prima, rilevante, domanda.

Urbani, tornerà nel 2024 il Giro in regione?

«La risposta è sì. L’anno prossimo ospiteremo ancora la corsa rosa. Sarà una tappa frizzante e molto attesa, che valorizzerà alcuni territori ai quali come sempre il passaggio dei Girini garantirà una visibilità eccezionale. Perché accanto allo spettacolo sportivo e alla festa che il Giro genera ovunque passi, l’interesse della Regione è che questo evento produca importanti ritorni economici e d’immagine, intesa in senso di promozione, per i nostri territori».

Che tappa sarà?

«Diciamo che è presto per svelarlo, posso solo anticipare che abbraccerà tutto il Friuli e comprenderà tratti sia di montagna che di pianura».

L’assessore regionale allo sport, Mario Anzil, ha dato voce a un desiderio: portare il Giro a Gorizia nel 2025, anno in cui la città isontina sarà capitale della cultura. Possibile?

«Per il Comitato organizzatore i desiderata della Regione sono un punto di partenza, ma ovviamente l’idea andrà approfondita e conciliata con le esigenze di Rcs con cui, del 2025, abbiamo già iniziato a parlare».

Dunque dobbiamo aspettarci il ritorno del Giro in Fvg non solo per il prossimo ma anche per l’anno successivo?

«Io spero che gli anni successivi siano anche di più e perché questo sogno possa concretizzarsi stiamo già lavorando, programmando, tentando di alzare sempre l’asticella come Enzo ci ha insegnato».

A proposito di insegnamenti, Cainero aveva l’abitudine di effettuare un sopralluogo al tracciato di gara di prima mattina per assicurarsi che tutto fosse perfetto. E lo faceva in moto con Edi Orioli…

«Per me niente moto, sono salito in auto (ride, ndr), ma come ho visto fare a Enzo per anni allo stesso modo ho voluto accertarmi che la strada fosse pronta a ospitare il passaggio dei ciclisti».

E quando Primoz Roglic si è fermato?

«Stavo guardando con Mauro Vegni la corsa alla tv e sono sbiancato. Gli ho chiesto cosa fosse accaduto e lui mi ha tranquillizzato dicendomi che si trattava di normali incidenti di percorso. L’arrivo dello sloveno al traguardo con grande distacco mi ha rasserenato, credo che se avesse perso il Giro per qualche secondo oggi forse parleremo d’altro».

E pensare che qualche settimana fa s’era rischiato un altro Crostis. Ha temuto che la tappa venisse cancellata?

«Devo dire in realtà che da questo punto di vista Rcs mi ha sempre rassicurato che non c’era alcun pericolo. L’importante era arrivare con tutti gli accorgimenti che ci erano stati richiesti e che abbiamo garantito in modo puntuale e rigoroso. Detto questo i giornali li leggevo anche io e non posso nascondere che qualche preoccupazione l’ho avuta…».

Sarebbe stato un delitto privare il mondo del ciclismo di una frazione spettacolare come la crono Tarvisio-Monte Lussari, per il contesto, le pendenze e non ultimo per la condizione unica in cui hanno corso i ciclisti, passati da una folla da stadio al silenzio della foresta…

«Me l’hanno raccontato in tanti. E’ stato incredibile per loro correre all’inizio due ali di folla, spinti nel primo chilometro di salita dal tifo della gente per poi ritrovarsi, all’improvviso, nel silenzio più totale, nel tratto interdetto al pubblico, alle prese con la rampa, il proprio respiro e la voce dei direttori sportivi in cuffia, e sbucare poi in vetta, in un altro stadio che ci ha ricordato quello dello Zoncolan».

Cosa le ha detto Vegni a fine giornata?

«Ci siamo in realtà abbracciati quando è arrivato l’ultimo ciclista. Per lui significava allentare la tensione, che per me invece restava considerato lo sfollamento di 13.000 persone dalla vetta tutto da gestire. Anche quello, fortunatamente, è andato bene».

Che immagine si porta a casa dal Lussari?

«Ce ne sono tante, ma l’affetto che la gente ha manifestato a Enzo è quella che mi è più cara, perché è il giusto riconoscimento a un uomo che ha fatto tanto per il Friuli».

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