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l’intervista

A tu per tu con il regista Matteo Oleotto: «Racconto il nostro territorio con onestà e molto amore»

Il regista goriziano ospite del primo incontro di “Giovedì prima di tutto”

Annachiara Baratto
2 minuti di lettura

In occasione del primo evento di “Giovedì Prima di Tutto”, il nuovo progetto presentato da PrimaCassa che propone incontri su temi di attualità in ambito sociale, culturale, scientifico ed economico, abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda al regista friulano Matteo Oleotto, che nelle sue produzioni ha da sempre messo in evidenza le valenze territoriali del Friuli Venezia Giulia, ponendole al centro dei suoi soggetti e delle sue produzioni.

«Sono Matteo Oleotto, ho 45 anni, e sono un regista. Sono pochi anni che posso dirlo con orgoglio e serenità, è lavoro complesso, strano, difficile da raggiungere. Sono nato e cresciuto a Gorizia, ho studiato e mi sono diplomato alla Civica accademia d'arte drammatica "Nico Pepe" di Udine, per poi frequentare il Centro sperimentale di Ccinematografia a Roma.

Dopo aver vissuto a Roma e lavorato in televisione è sempre più cresciuta la voglia di creare un progetto personale, il mio primo film. Sono tornato a Gorizia e ho messo in piedi la produzione per “Zoran il mio nipote scemo”, è stato un film estremamente fortunato che mi ha dato la possibilità di continuare a lavorare in televisione». Si è presentato così l’emergente direttore artistico che ha poi continuato a raccontarci la sua esperienza, parlando di territorio e giovani.

Quali sono gli obiettivi e messaggio più importante per quanto riguarda la valorizzazione del proprio territorio, in questo caso il Friuli, all’interno delle produzioni?

«Faccio un lavoro in cui devo mettere in gioco costantemente la mia passione. Restare a girare a casa credo mi dia la possibilità di scendere in profondità nelle storie che racconto, nei personaggi che ho in mente, perché sono luoghi che ho immagazzinato ne profondo della mia anima già dall’infanzia, sono i ricordi più importanti e indelebili del mio passato.

Inoltre è semplice girare le scene sul nostro territorio: è molto ricco e offre sempre tutto quello di cui si può avere bisogno. Il Friuli Venezia Giulia è una terra che mi piace molto, mi diverte e mi stimola».

Come si è costruito il suo futuro sul nostro territorio?

«Cercando di raccontarlo sempre con grande onestà e rispettandolo molto. Quando produco i miei lavori i giudizi che più temo sono quelli delle persone care, quelle che vivono questo territorio e che possono dirmi se l’ho “tradito” o se sono riuscito a raccontarlo al meglio, in maniera realistica e valorizzandolo».

Quali sono le opportunità che c’erano e non ci sono più e quali invece ai suoi tempi non c’erano e che adesso ci sono?

«Mi sento una storta di pioniere; la nostra regione era priva di situazioni istituzionali come la Fvg film commission o il Fondo regionale per l’audiovisivo, strutture che le hanno dato grande forza. Adesso abbiamo molte società di produzione e addetti ai lavori che riescono a vivere di cinema e televisione, rimanendo sul territorio senza doversi muovere. Ritengo quindi che il risultato maggiore sia aver sviluppato qui maggiori possibilità di lavoro in questo ambito».

Quale messaggio vorrebbe lanciare ai giovani che hanno un grande sogno e che vengono scoraggiati solo perché sperano di poter vivere di professioni come il cinema?

«l primo consiglio che vorrei dare è “fate l’amore non fate la guerra”, che mi sembra molto attuale.Il secondo consiglio è quello di provarci sempre, nella mia esperienza ho visto sempre che chiunque abbia un fuoco dentro riescono a raggiungere i propri obiettivi e a fare quello che volevano. È un percorso sicuramente duro e complesso, ma se c'è passione e volontà si può realizzare ogni sogno.

Bisogna quindi non mollare ne perdersi d’animo, non esiste la strada semplice ma esiste il cammino che si fa mettendo un passo davanti all’altro e marciando, lavorando, impegnandosi e rimanendo se stessi possibilmente perché c’è un gran bisogno di identità nuove e non di massificazione».

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