Sanchez: voglio portarelo scudetto in Friuli
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di Massimo Meroi
UDINE. Alexis Sanchez è il Niño Maravilla, il “bambino meraviglioso”, per le magie che è capace di inventare su un campo di calcio. Da buon “bambino” il cileno è ancora uno che sogna a occhi aperti. «Io vado in campo per divertirmi – si è confessato ieri il numero 11 bianconero –, poi è chiaro che il coronamento dell’esperienza professionale è la vittoria. Ecco, io vorrei regalare ai tifosi dell’Udinese qualcosa di importante, un titolo, magari lo scudetto. Quando racconto questo desiderio tutti si mettono a ridere e allora mi chiedo: perchè l’Udinese non può farcela?».
Beata innocenza, verrebbe da dire. Eppure Sanchez insiste: «Ma avete visto le partite di questo campionato e anche di quello precedente? L’Udinese se la gioca alla pari con tutti, la cosa fondamentale è restare uniti e avere una mentalità vincente».
Dovrà essere così anche domani sera contro la seconda della classe, il Milan. Sanchez, dopo la prova non esaltante di sabato scorso con la Lazio, è chiamato a un riscatto immediato. I tifosi bianconeri sono ansiosi di vederlo protagonista contro una big del nostro calcio. «Mi fa piacere sapere che la nostra gente ha tanta fiducia in me. Finora l’Udinese è stata protagonista di una buona stagione, siamo arrivati ai quarti di finale della coppa Uefa e a tre giornate dalla fine siamo ancora in corsa per un posto in Europa. Da qui alla fine dobbiamo vincerle tutte, a cominciare da quella di domani sera con il Milan».
Non si sa se giocherà dall’inizio, Floro Flores ha dimostrato di stare bene ed è un concorrente temibile. Alexis, però, ostenta la tranquillità dei forti, quella che lo ha portato a diventare un calciatore professionista in Italia. Da bambino per portare a casa qualche soldo, lavava le automobili e faceva il custode del parcheggio del cimitero di Toccapilla, il suo paese d’origine, 960 miglia a nord di Santiago.
Non è stata un’infanzia di tappeti rossi la sua, ma proprio perchè si ricorda da dove è partito niente gli fa paura. Vivere lontano da casa non è stato facile, ma i primi guadagni messi assieme prima con il Colo Colo e poi con il River Plate gli hanno permesso di regalare una casa alla mamma. Chi ha realizzato un sogno così importante può concedersi il lusso di sognare anche uno scudetto a Udine.
UDINE. Alexis Sanchez è il Niño Maravilla, il “bambino meraviglioso”, per le magie che è capace di inventare su un campo di calcio. Da buon “bambino” il cileno è ancora uno che sogna a occhi aperti. «Io vado in campo per divertirmi – si è confessato ieri il numero 11 bianconero –, poi è chiaro che il coronamento dell’esperienza professionale è la vittoria. Ecco, io vorrei regalare ai tifosi dell’Udinese qualcosa di importante, un titolo, magari lo scudetto. Quando racconto questo desiderio tutti si mettono a ridere e allora mi chiedo: perchè l’Udinese non può farcela?».
Beata innocenza, verrebbe da dire. Eppure Sanchez insiste: «Ma avete visto le partite di questo campionato e anche di quello precedente? L’Udinese se la gioca alla pari con tutti, la cosa fondamentale è restare uniti e avere una mentalità vincente».
Dovrà essere così anche domani sera contro la seconda della classe, il Milan. Sanchez, dopo la prova non esaltante di sabato scorso con la Lazio, è chiamato a un riscatto immediato. I tifosi bianconeri sono ansiosi di vederlo protagonista contro una big del nostro calcio. «Mi fa piacere sapere che la nostra gente ha tanta fiducia in me. Finora l’Udinese è stata protagonista di una buona stagione, siamo arrivati ai quarti di finale della coppa Uefa e a tre giornate dalla fine siamo ancora in corsa per un posto in Europa. Da qui alla fine dobbiamo vincerle tutte, a cominciare da quella di domani sera con il Milan».
Non si sa se giocherà dall’inizio, Floro Flores ha dimostrato di stare bene ed è un concorrente temibile. Alexis, però, ostenta la tranquillità dei forti, quella che lo ha portato a diventare un calciatore professionista in Italia. Da bambino per portare a casa qualche soldo, lavava le automobili e faceva il custode del parcheggio del cimitero di Toccapilla, il suo paese d’origine, 960 miglia a nord di Santiago.
Non è stata un’infanzia di tappeti rossi la sua, ma proprio perchè si ricorda da dove è partito niente gli fa paura. Vivere lontano da casa non è stato facile, ma i primi guadagni messi assieme prima con il Colo Colo e poi con il River Plate gli hanno permesso di regalare una casa alla mamma. Chi ha realizzato un sogno così importante può concedersi il lusso di sognare anche uno scudetto a Udine.
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