L’autocritica di Pozzo: è tutta colpa mia
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di Massimo Meroi
UDINE. Un film già visto, con i soliti orrori ed errori commessi da chi sembra non fare tesoro del proprio passato. L’Udinese contro l’Atalanta è tornata a mostrare la faccia più brutta di sè, quella della squadra slegata, immatura e che inevitabilmente fa arrabbiare tutti i suoi tifosi a cominciare dal numero uno, Gianpaolo Pozzo. Ieri il patron è stato per tutto il giorno al lavoro nell’ufficio della sede bianconera dove ad una riunione ne seguiva un’altra. In serata, poi, si è concesso per qualche riflessione. Ma chi si aspettava il Pozzo versione furiosa è rimasto spiazzato. Il patron bianconero ha fatto autocritica, anche se chi lo conosce bene assicura che quando Pozzo usa pubblicamente la carota, significa che all’interno del pianeta bianconero si è messo a usare il bastone.
Errori. Giocatori stanchi e lasciati in campo fino a risultato compromesso (vedi Lukovic e Sanchez), quando stavolta in panchina le alternative non mancavano (Pasquale). L’insistenza nel tenere in tribuna un talento come Romero che, anche se possiede caratteristiche diverse, avrebbe potuto tornare più utile di qualche senatore come Corradi. «Non voglio bruciarlo», è stata la spiegazione data da Marino. Mai visto un ventenne “bruciarsi” per un gettone in panchina e magari un esordio di pochi minuti. Subito viene alla mente l’esempio dello scorso anno di Asamoah. Un film già visto, appunto.
Autocritica. Eppure stavolta Pozzo non getta la croce addosso al tecnico e alla squadra, almeno pubblicamente. «Sarebbe troppo semplicistico dare la colpa all’allenatore o a un giocatore – spiega –. Io credo che il problema è nella società. Ho la convinzione che le nostre potenzialità a livello di risorse tecniche ed economiche non siano inferiori a quelle della Fiorentina, eppure i viola da anni arrivano ai preliminari di Champions League mentre noi no. Questo significa che dobbiamo lavorare per fare il salto di qualità a livello di struttura societaria».
Filosofia di lavoro. Perchè è dall’alto che devono arrivare gli imput e in questo senso l’autocritica di Pozzo non solo va apprezzata, ma è anche corretta. «La nostra è una società atipica – prosegue il patron – e nella nostra atipicità dobbiamo completarci. L’allenatore lo sa già, dovremo cominciare a lavorare secondo uno standard e una filosofia decisi dalla società». Verrebbe da pensare che Pozzo stia pensando a uno staff tecnico allargato allestito dalla società, ma questa è una soluzione impossibile, almeno adesso, visto che fa a pugni con la decisione presa la scorsa primavera quando si decise di andare avanti con Marino.
Giocatori. La società, poi, dovrà intervenire in prima persona sulla squadra. Perchè onestamente non è accettabile che Sanchez abbia un rendimento da 8 in nazionale e da 5,5 a Udine, che Zapata vada in campo con la sensazione di avere la testa già da un’altra parte, che Corradi non sfrutti l’occasione di fare le scarpe a Floro Flores. Sì, ci sono tante cose che non vanno e se la situazione è questa forse vuol davvero dire che ha sbagliato anche la società.
di Massimo Meroi
UDINE. Un film già visto, con i soliti orrori ed errori commessi da chi sembra non fare tesoro del proprio passato. L’Udinese contro l’Atalanta è tornata a mostrare la faccia più brutta di sè, quella della squadra slegata, immatura e che inevitabilmente fa arrabbiare tutti i suoi tifosi a cominciare dal numero uno, Gianpaolo Pozzo. Ieri il patron è stato per tutto il giorno al lavoro nell’ufficio della sede bianconera dove ad una riunione ne seguiva un’altra. In serata, poi, si è concesso per qualche riflessione. Ma chi si aspettava il Pozzo versione furiosa è rimasto spiazzato. Il patron bianconero ha fatto autocritica, anche se chi lo conosce bene assicura che quando Pozzo usa pubblicamente la carota, significa che all’interno del pianeta bianconero si è messo a usare il bastone.
Errori. Giocatori stanchi e lasciati in campo fino a risultato compromesso (vedi Lukovic e Sanchez), quando stavolta in panchina le alternative non mancavano (Pasquale). L’insistenza nel tenere in tribuna un talento come Romero che, anche se possiede caratteristiche diverse, avrebbe potuto tornare più utile di qualche senatore come Corradi. «Non voglio bruciarlo», è stata la spiegazione data da Marino. Mai visto un ventenne “bruciarsi” per un gettone in panchina e magari un esordio di pochi minuti. Subito viene alla mente l’esempio dello scorso anno di Asamoah. Un film già visto, appunto.
Autocritica. Eppure stavolta Pozzo non getta la croce addosso al tecnico e alla squadra, almeno pubblicamente. «Sarebbe troppo semplicistico dare la colpa all’allenatore o a un giocatore – spiega –. Io credo che il problema è nella società. Ho la convinzione che le nostre potenzialità a livello di risorse tecniche ed economiche non siano inferiori a quelle della Fiorentina, eppure i viola da anni arrivano ai preliminari di Champions League mentre noi no. Questo significa che dobbiamo lavorare per fare il salto di qualità a livello di struttura societaria».
Filosofia di lavoro. Perchè è dall’alto che devono arrivare gli imput e in questo senso l’autocritica di Pozzo non solo va apprezzata, ma è anche corretta. «La nostra è una società atipica – prosegue il patron – e nella nostra atipicità dobbiamo completarci. L’allenatore lo sa già, dovremo cominciare a lavorare secondo uno standard e una filosofia decisi dalla società». Verrebbe da pensare che Pozzo stia pensando a uno staff tecnico allargato allestito dalla società, ma questa è una soluzione impossibile, almeno adesso, visto che fa a pugni con la decisione presa la scorsa primavera quando si decise di andare avanti con Marino.
Giocatori. La società, poi, dovrà intervenire in prima persona sulla squadra. Perchè onestamente non è accettabile che Sanchez abbia un rendimento da 8 in nazionale e da 5,5 a Udine, che Zapata vada in campo con la sensazione di avere la testa già da un’altra parte, che Corradi non sfrutti l’occasione di fare le scarpe a Floro Flores. Sì, ci sono tante cose che non vanno e se la situazione è questa forse vuol davvero dire che ha sbagliato anche la società.
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