Rabottini, fuga per la vittoria
Il giovane pescarese vince dopo 150 km in solitaria sotto la pioggia. Rodriguez ritorna in maglia rosa

PIAN DEI RESINELLI. Tanto tuonò che... piovve. Poco (in senso figurato), ma piovve. In una giornata zuppa, trascorsa passando dentro e fuori dalle nuvole, il Giro ritrova il vecchio padrone, Rodriguez. Ma soprattutto applaude un grande ragazzo, Matteo “Rambo” Rabottini, figlio d’arte, in fuga per 150 chilometri, quasi tutti in solitaria, in una giornata di tregenda.
Il pescarese, sul traguardo della quindicesima tappa, batte proprio quel Purito Rodriguez che due minuti prima aveva mollato il gruppo maglia rosa e lo aveva raggiunto con uno scatto. Lo spagnolo non trova il coraggio di rovinargli la festa. Questa è la tappa di Rabottini e guai a togliergliela. Tanto, non c’erano nemmeno gli abbuoni in palio...
Gli altri? Se la giocano mollicci nell’ultima salita, come temuto. Anzi: Scarponi manda avanti Cunego per mettere in croce Basso, che nell’ultima discesa prende contatto, ma poi rientra. L’affondo del marchigiano va in accoppiata con un altro affondo, quello dell’Astana in discesa, che scalfisce appena Basso. Ma ora facciamo un po’ di moviola.
Lampi e tuoni. A Busto viene osservato il secondo minuto di silenzio in due giorni, stavolta per le vittime del terremoto in Emilia Romagna. Molti corridori sono stati svegliati dalla scossa. E al mattino alle 7 sono arrivati pure i controlli antidoping.
Si parte e ci si ritrova presto senza Schleck, che aveva voglia di fare il Giro come noi di lanciarci col parapendio. Si perde presto anche Giovanni Visconti. Ciao. La prima clacsonata la danno Rabottini e Bonnafond, andando in fuga bagnata. Dietro di loro l’esercito multicolore si sfila come una collana rotta e, sul valico di Valcava, Rabottini resta solo.
Il francese molla, mentre dal gruppo si sganciano Bruseghin (ciao Visconti), Petrov, Sella, Ulissi, Malori, Txurruca, Losada, Flecha, Pinotti, Pirazzi e Rohregger . Piove sempre, senza sosta. Mentre Pinotti cade e tenta disperatamente di recuperare, dal gruppo rientrano su Ulissi & Co. anche Cunego, Amador e Larsson. Cunego si ritrova maglia rosa virtuale, mentre gli altri farebbero volentieri a meno di lui: il gruppo – escluso Scarponi perchè ce l’ha mandato – sa che lo prenderà. I big fanno spallucce e si fermano perfino a fare pipì.
C’è ancora una discesa killer. E poi una salita vera. Nella discesa Basso, attaccato dall’Astana, si perde, poi rientra in gruppo con un paio di compagni. Della salita di Pian dei Resinelli già abbiamo detto: tutti a sospingere Rabottini con il cuore. E non invano.
Da domani. Al Pian dei Resinelli (quest’ultimo era il padrone della miniera locale) c’è qualcuno che porta a spasso un asino in maglia rosa. Escluso che si tratti del canadese Hesjedal, che rimane secondo, il riferimento forse va a chi la prenderà a Milano. Viste le ... imprese delle prime due settimane, c’è solo l’imbarazzo della scelta nel dare il titolo a chi ha più “tirato indietro”. La prossima volta consigliamo agli organizzatori, ammesso che salvino la pelle, di fare due distinti giri: quello della pelandronite (due settimane) e quello più tradizionale (il finale).
Già è difficile raccogliere gli sponsor, già è difficile conquistare spazi sui media, se anche i capitani decidono di farsi pagare per fare poco e nulla, pensando che la gente si diverta a vederli traccheggiare, allora è finita. E non ci si racconti che è perchè adesso sono “piu onesti e puri”.
Per fortuna ci sono ragazzi come Rabottini a farci emozionare ancora. Ma ce ne vorrebbero di più. Un Giro in cui se la giocano pure figure che un tempo sarebbero state di contorno, è comunaue mezzo Giro. Ma Basso rinvia tutto alle prossime tappe e... non abbiamo il coraggio di dargli torto.
Ieri, in una giornata per lui pessima, ha nonostante tutto rintuzzato. Certo, gli avversari non avevano nomi altisonanti come qualche anno fa (ma sullo Zoncolan Evans aveva 38 di febbre), ma queste due erano le tappe che meno gli si addicevano. Un’ultima insidia: Ivan teme il maltempo.
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