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Silenzio e cappello alpino, così il Friuli ricorda Scarponi

Commozione al Verdi di Pordenone all’inizio dell’evento dedicato a Pantani. E la pedalata del 28 maggio nata per il Pirata diventerà anche un’Aquila day

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PORDENONE. Michele e Marco, accomunati da una passione e, purtroppo, da un destino crudele. E così la serata al teatro Verdi di Pordenone, ideata da Enzo Cainero per ricordare Pantani a ormai un mese dalla tappa che riporterà il Giro d'Italia a Piancavallo 19 anni dopo il trionfo del Pirata, non poteva che iniziare in un modo soltanto: con il ricordo di Michele Scarponi.

Un ricordo struggente, più che mai “made in Friuli”. Perché tante erano le cose in comune tra lo scalatore, che sabato ha finito la sua esistenza a 37 anni, schiantandosi contro un autocarro mentre era in allenamento a due passi da casa sua nelle Marche, e la nostra terra. E la gente di questa terra. Due su tutte: l'amore per la fatica, subito evidente a teatro con la riproposizione di alcuni frammenti della telecronaca della tappa del 2007 sullo Zoncolan.

Quella salita l’Aquila di Filottrano, in maglia Androni, l'aveva affrontata alla sua maniera: salendo forte, digrignando i denti e non mollando mai. Simpatico giù dalla bici, tenace in sella. Non a caso era tesserato per l’Associazione nazionale alpini come amico. E la sua foto col cappello d’alpino è stata proiettata mentre la tromba intonava il silenzio d'ordinanza.

Un pugno allo stomaco, un applauso. Scrosciante. Poi l’annuncio di Cainero: «Il Comitato della tappa di Piancavallo ha deciso che la pedalata Maniago-Piancavallo del 28 maggio, due giorni dopo l’arrivo dei girini, sarà dedicata non solo al Pirata, ma anche a Scarponi». Altro applauso e via, dopo l’Inno di Mameli, con la serata-ricordo di Pantani. Un altro filmato, quello Rai del 30 maggio 1998. Piancavallo, inizio della salita. Il Pirata con la bandana, Tonkov, Zuelle i suoi avversari.

La voce di Adriano De Zan, indimenticabile. Come indimenticabile la domanda: «Cassani, che rapporti usa Pantani? E via l’enciclopedico commentatore, ora ct azzurro, a indicare uno per uno i rapporti usati dai corridori. L’attacco di Pantani, la bandana che se ne va, il Bornass spianato da quella che sarà la maglia rosa finale del Giro, il trionfo. Quanti ricordi. «Lassù sul Piancavallo - ha ricordato il sindaco di Pordenone, Alessandro Ciriani - eravamo saliti tutti per assistere all’impresa annunciata».

In platea annuisce il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello: il ciclismo unisce. È vero, le imprese del Pirata erano annunciate. La fase preparatoria, De Zan che fremeva, Pantani che sguinzagliava i gregari. Che gettava la bandana, attaccava. Già i gregari, tre fedelissimi del Pirata sono arrivati a Pordenone per ricordare il loro capitano, uno che cambiava le carriere anche dei suoi luogotenenti. Prima Claudio Della Vedova, sandanielese, che vide nascere l’astro romagnolo alla Giacobazzi tra dilettanti, ancora emozionato a ricordare lo scalatore.

Poi Marco Velo, Enrico Zaina, Roberto Conti. Uno capace anche di domare l’Alpe d'Huez (1994) e divenuto celebre per l’episodio della Marmolada. Pantani deve attaccare per sfilare la maglia rosa di Zuelle, presa nella crono di Trieste il giorno dopo la tappa del Piancavallo.

Indugia, non ha mai fatto la Marmolada, sa che dopo Rocca Pietore c’è un tratto durissimo, apposta per lui. Chiede a Conti: «Roberto, quando arriva il muro?». Pantani ci stava pedalando sul tratto duro, l’interminabile rettilineo al 15%, ma era talmente forte che non se n’era accordo. Conti, boccheggiando, lo avvertì. Poi tutti sanno com’è andata a finire.

«Grazie per aver pensato a una serata così per Pantani - ha detto il vicedirettore della Gazzetta dello Sport, Pier Bergonzi, a un passo dalla bici con cui nel 1997 il Pirata domò l’Alpe - un fuoriclasse entrato nella leggenda per aver fatto breccia nel cuore dei tifosi perché ogni sua vittoria era un'impresa, capitolo di un grande romanzo».

Ricordi Pantani e ripensi all’Aquila che affronta lo Zoncolan. Se ne sono andati troppo presto Marco e Michele. Ma il ciclismo ha tanti difetti, ma è un grande pregio. Non dimentica e ricorda. Guardate, un po’ come i friulani.

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