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Il rugby “abbassa” i placcaggi per tutelare i giocatori. Ma rischia di snaturarsi

La decisione della federazione inglese di cambiare le regole dal prossimo anno

stefano semeraro
Aggiornato alle 1 minuto di lettura

Creato da

(reuters)

Il rugby si rinnova, il rugby cambia. O il rugby è destinato a morire?
La decisione della RFU, la federazione inglese, di cambiare dall'anno prossimo la regola per il placcaggio - l'azione più caratteristica, quella che identifica l'anima dello sport - vietandolo ad altezza superiore al bacino (oggi è consentito fino alle spalle) sta provocando polemiche a non finire. Anche perché World Rugby, la federazione internazionale, ha già fatto sapere in maniera ufficiosa che intende adeguarsi ad una tendenza che avrebbe grosse conseguenze sulla dinamica del gioco, favorendo nettamente chi attacca.
Ora, il mondo del rugby è giustamente preoccupato dai casi sempre più frequenti di demenza precoce che colpiscono ex atleti o addirittura atleti ancora in attività. Nel football americano i traumi cranici hanno mietuto in silenzio vittime per decenni, ora oltre ai tanti drammi personali finalmente resi pubblici fioccano le cause e le richieste di rimborso, ma anche nella vecchia palla ovale per anni si è preferito ignorare il problema. Da quando il gioco è diventato sempre più violento e veloce, praticato da atleti sempre più muscolati e potenti, e con un calendario fittissimo di eventi, la questione si è posta però in tutta la sua evidenza. World Rugby del resto ha più volte tentato di adeguare le regole per assicurare che la zona della testa e del collo, diciamo dalle spalle in su, venga tutelata.
«La questione dei traumi va affrontata», ribatte Neil Back, l'ex terza linea inglese che nel 2003 conquistò la coppa del mondo a fianco di Jonny Wilkinson. «Ma il rugby resta uno sport di contatto, e non è detto che i traumi derivino solo da un contatto testa-testa. Puoi placcare a livello del bacino o del petto, e a provocare il trauma può essere il movimento della testa». Lo stesso concetto espresso da Michele Lamaro, capitano azzurro, nella conferenza stampa di lancio del Sei Nazioni: «Se placco 'basso' posso finire per sbattere la testa con il ginocchio o le gambe del mio avversario, e questo è altrettanto pericoloso». Insomma, si rischia di snaturare il gioco senza ottenere grandi vantaggi per la salute di chi sta in campo.
«Quando giocavo - ha continuato Back - spesso andavo 'alto' perché qualcuno aveva già effettuato un placcaggio basso. E se chi arriva per secondo è penalizzato mentre cerca di conquistare la palla, allora il gioco è morto. Stanno cercando di spiegare che chi porta la palla non può abbassarsi prima del placcaggio, ma è una cosa che qualsiasi rugbista fa automaticamente. Nessuno affronta un placcaggio restandosene dritto. E questo è un problema». Sicurezza personale o integrità sportiva? Il rugby è di nuovo ad un bivio.
 

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