In partita solo per dieci minuti, poi il crollo: Apu umiliata a Bologna
L’assenza di Briscoe non può bastare per spiegare la preoccupante resa (95-67) contro la Fortitudo
Antonio Simeoli
BOLOGNA. OOld Wild West battuta. No, umiliata in diretta tv al PalaDozza da una Fortitudo solo sesta forza del campionato. È una squadra che non sta in piedi Udine. Altro che giugno, finali e gloria, il suo campionato rischia di essere arrivato al capolinea il 30 gennaio.
Con quasi tre milioni spesi bisognava impegnarsi tanto a cucinare questa frittata. Una partita vera c’è stata solo nel primo quarto.
Accoglienza “oxfordiana” della Fossa ai friulani, che onorano l’ex presidente Enzo Cainero nel minuto di silenzio. Prima grana: non c’è Briscoe (botta al ginocchio), ma aggrapparsi a Isaiah dopo lo scempio visto non sarebbe onesto.
Finetti inizia con Pellegrino ed Esposito, Gentile, il figliol prodigo Palumbo e Sherrill. È dura giocare in questo clima, boato assordante, l’Apu ci prova con Gentile, destinato a tanti minuti sul parquet, che più viene fischiato e più prova a caricarsi con quel tiro dalla media buttandosi all’indietro che in questa categoria è immarcabile.
Ma in un primo quarto accettabile (26-22) c’è già il seme della disfatta: tre triple piedi a terra concesse ad Aradori solo soletto. Se non difende l’Apu 2.0 non può più salvarsi col tiro da fuori, neanche i tiratori ha più dopo la rivoluzione di dicembre.
Gli inguardabili lunghi si fanno battere anche dal portiere del palazzo e la Effe, pipa in bocca, così prende in mano la partita volando sul 36-26 dopo 2 minuti del quarto. È troppo fragile l’Apu, una squadra costruita male e aggiustata forse peggio, con un allenatore giovane ai comandi di un’auto inguidabile. Trentasei punti presi in 12 minuti, 50, 50 avete capito bene, a metà quarto: l’Apu non c’è. E quando Italiano segna la tripla di tabella e poi un’altra, l’imbarcata è servita, si va già di ventello prima dell’intervallo. Gentile, che però non può fare pentole e coperchi, e vagamente Gaspardo ci provano, ma non ci siamo. Qui Cividale otto giorni fa aveva vinto con le armi di un coach navigato come Pillastrini: la calma, l’organizzazione difensiva, la grinta. E senza un americano, tanto per far capire che la Effe di questi tempi è sbiadita. E non poco.
Il presidente Pedone rifletta, o lo faccia fare a qualcuno che capisca di pallacanestro, invece di aggrapparsi a presunti complotti o balle varie. Perché poi ai tifosi, che nonostante tutto continuano a riempire il Carnera, bisogna spiegarla una partita così. E per piacere lasciamo stare Messina e Scariolo per Finetti. Ripetiamo, il senese, è un bravo coach, ma così gli si fa solo del male, Dalmonte con una Lambretta l’ha surclassato. Sapendo che Udine senza lunghi e tiratori può fare solo una cosa: affidarsi alle penetrazioni, alla quarta è tutto finito.
La cronaca di un’umiliazione, non di una partita fa registrare il parziale al 20’: 60-37. Sì, l’Apu rifatta è forse peggio di quella precedente. Quella almeno prima della crisi di dicembre difendeva. Mancava Briscoe? Dai, siamo seri, Gentile in A2 è meglio di un americano. I tifosi della Fortitudo, abituati a stagioni di pane e acqua si chiedono increduli: «Sessanta punti, ma come abbiamo fatto?». Undici su tredici da tre in 20’, sì giornata di grazia, ma libero da tre anche un tiratore onesto di C silver segna suvvia. Finisce 95-67: i venti minuti finali non ve li raccontiamo neanche. Per pietà. —
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