Milana, sul campo vola ma per gli uffici regionali non le spetta la tessera sanitaria
La vicenda dell’atleta americana di Talmassons unica in Italia. Il club: «Incredibile, un anno fa ce l’aveva». Anche il Coni si mobilita
alessia pittoni
Quello di Giovanna Milana, la schiacciatrice americana in forze alla Cda Talmassons per il campionato di A2 femminile di pallavolo, è un caso probabilmente unico in Italia.
L’ufficio amministrativo di Latisana dell’Azienda sanitaria del Friuli centrale continua infatti a negare alla giocatrice statunitense l’iscrizione al sistema sanitario regionale e il conseguente rilascio della tessera sanitaria perché, a detta della funzionaria che sta seguendo la pratica, «non rientra nelle casistiche citate per ricevere prestazioni di assistenza sanitaria».
L’atleta, quindi, non può avere un medico di base ed è obbligata a sostenere tutti i costi di eventuali visite mediche. Una situazione che risulta paradossale considerando che lo scorso anno la stessa giocatrice militava nell’Itas Martignacco ed era regolarmente registrata, così come lo è oggi la statunitense dell’Itas Roxanne Wiblin e così come lo era la brasiliana Lana Silva Conceição che vestiva nello scorso campionato la casacca della Cda.
A Conceição l’iscrizione al sistema sanitario nazionale era stata addirittura concessa dallo stesso ufficio di Latisana cui si è rivolta Milana, ma da un altro funzionario.
«Ho seguito in prima persona la vicenda di Giovanna – racconta il ds Gianni De Paoli – ravvisando una profonda incoerenza rispetto al trattamento riservato a tutte le altre giocatrici extracomunitarie di A2 e anche rispetto alla nostra precedente esperienza con Conceição.
Per rassicurare gli uffici di Latisana ho mobilitato il ministero della Salute oltre alla Fipav e al Coni nazionali che hanno prodotto tutta la documentazione necessaria. Ma non è servito».
La normativa che disciplina l’ingresso e il permesso di soggiorno degli sportivi non comunitari prevede che questi, «se ingaggiati da società professionistiche, rientrino nei cosiddetti “casi Particolari”, da equiparare a un documento rilasciato per “Lavoro Subordinato/Sport” o “attività sportiva”».
In base al successivo pronunciamento del ministero dell’Interno, datato 2 marzo 2007, è stato poi stabilito che tale normativa è da estendersi anche a coloro che “svolgono attività dilettantistica, purché sempre nell’ambito sportivo di alto livello di una delle Federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni».
«Sinceramente non capiamo dove stia il problema – afferma il presidente del Coni Fvg, Giorgio Brandolin – perché da decenni lavoriamo in questo modo con i tanti sportivi extracomunitari che gareggiano in regione in maniera sì dilettantistica ma ad alto livello e il cui rapporto di lavoro è regolarizzato da un contratto sportivo.
Per quanto di nostra conoscenza, in Italia non si registrano situazioni di questo genere perché i contratti sportivi dilettantistici vengono equiparati a quelli professionistici e il visto viene concesso, dopo tutte le verifiche del caso, nell’ambito del plafond previsto ogni anno da Coni».
A preoccupare Brandolin è la situazione di incertezza che potrebbe, un domani, interessare altri atleti o atlete.
«Pregherei la direzione dell’azienda sanitaria e l’assessorato regionale – dice – a non far passare questo concetto di impossibilità coinvolgendo così un numero nutrito di sportivi extracomunitari che gareggiano in regione.
Sono vicino alla Cda e sono convinto che uno dei primi diritti di un atleta sia la tutela sanitaria». Interpellata, la direttrice facente funzioni del Distretto di Latisana, Silla Stel, ci ha comunicato di non voler rilasciare dichiarazioni in merito.
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