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Il ricordo

«Papà lo immagino al traguardo a tifare per i suoi friulani»

Andrea Cainero e il primo Giro senza papà Enzo, l’inventore del Lussari. “Paolo Urbani organizzerà le tappe in Friuli, io continuerò a dargli sostegno”

Antonio Simeoli
2 minuti di lettura

«È vero, mio padre non c’è più, ma questa sarà la sua tappa, il suo ultimo sogno che sia avvera e non posso essere triste, ma orgoglio di essere il figlio della persona che ha ideato questa cronoscalata e che ha regalato al Friuli Venezia Giulia vent’anni di grande ciclismo».

Andrea Cainero è il primogenito di Enzo, che non c’è più, che doveva essere il padrone di casa della cronoscalata di oggi e che invece se la godrà da chissà dove con l’immancabile camicia rosa, un cappellino in testa e il telefono che suona ogni trenta secondi.

Andrea con quale stato d’animo ti accosti a questa tappa?

«È diverso da tutti, ero legatissimo a lui oltre che per motivi familiari anche professionali. Conoscevo bene la sua passione per lo sport e il ciclismo e quindi, quando si è ammalato e poi se n’è andato, non potevo non cercare di portare a termine questa avventura della cronometro del Lussari in suo nome».

A inizio dicembre 2022 c’era anche lei nella ricognizione sullo Zoncolan all’origine di tutto.

«E ne ha fatta di strada mio papà. Con le sue intuizioni e la sua passione l’ho visto lavorare per anni. Quando ci incontravamo capitava che parlassimo di lavoro e, d’un tratto, tirasse fuori uno di quei suoi progetti arditi di prossime tappe. L’ho visto passo dopo passo: esaltato per il successo dello Zoncolan, deluso per la questione del Crostis, emozionato tante altre volte. E capitava che, ad ogni sua “impresa”, mi fermassi a pensare come sarebbe stato quando lui le tappe del Giro non le avrebbe organizzate più».

Ha mai detto a suo papà: no, quello è troppo?

«Mai. L’ho sempre incoraggiato, a partire da quest’ultima tappa, nonostante organizzarla fosse un’impresa titanica. Il Crostis? Sì, l’ho visto arrabbiato, molto arrabbiato e deluso, ma a lui passava subito, cambiava pagina e progettava altre imprese».

E con il Giro d’Italia si è creato un legame fortissimo…

«Un legame ultra ventennale con patron come Castellano, Zomegnan e ora Vegni. Mio padre ha offerto la credibilità del sistema Friuli Venezia Giulia, da Rcs ha ottenuto fiducia: un rapporto reciproco destinato ora a durare. Ringrazio i direttori del Giro con i quali si è creato un legame straordinario anche dal punto di vista umano. La partenza del’ultima tappa del Giro under 23, il 18 giugno, ora chiamato Next Gen, da Cavalicco è un’ulteriore prova di questo legame».

Senza papà ha mai avuto paura di portare avanti l’operazione Lussari?

«No, sapevo di poter contare su una organizzazione di livello dal presidente della Regione Fedriga all’ultimo dei volontari coinvolti. L’unica paura? Il meteo sfavorevole, ma sembra che…».

Oggi striscioni, cartelli, scritte sulle strade per suo padre non si conteranno…

«Ringrazio tutti i tifosi anche a nome della mia famiglia. Il Giro proseguirà anche senza di lui. L’organizzazione delle tappe in Fvg era già stata affidata da mio padre a Paolo Urbani, che avevano già iniziato a lavorare insieme. Io collaborerò col comitato tappa perchè il legame tra la mia famiglia e la corsa rosa è indissolubile. Le tappe del Giro sono un successo del sistema Fvg, una regione che quando si tratta di organizzare grandi eventi non deve temere rivali».

Se suo papà fosse ancora qui dove se lo immaginerebbe gustarsi la tappa?

«All’ultimo chilometro, sotto il santuario del Lussari, attorniato dagli amici storici a sperare in un grande risultato di De Marchi e ad applaudire Milan in maglia ciclamino, perché lui per i “suoi” friulani stravedeva».

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