L’Apu crolla a Forlì: Udine in gara due regge poco più di un quarto e finisce 2-0
Finale disastroso: ora serve un miracolo
Antonio Simeoli
Ethan Esposito
Si squaglia a Forlì l’Old Wild West Udine, regge un quarto all’Unieuro, perde 83-58 , va sotto 2-0 nella serie e, onestamente, visto l’atteggiamento della squadra nella seconda parte del match, è a un passo dall’eliminazione.
Inizio partita di Udine: pessimo, come il 90% delle partite del campionato. Altra musica rispetto a gara uno. Squadra nervosa, palle perse e il solito tallone d’Achille dei tiri liberi sbagliati da Gentile. Signori, puoi avere tutto l’enorme talento che vuoi, ma in serie A, e non solo, i tiri liberi si segnano. È l’abc del gioco. Senno gli avversari si divertono a mandarti in lunetta.
Forlì ha più energia e coach Martino continua a mettere pressione a Monaldi, il motore dell’Apu. Briscoe? Attacca male, difende peggio: esce. Sembra scivolar via Udine, ma Esposito prima la tiene a galla poi guida la rimonta. Gaspardo firma il 12-0 di parziale con una tripla dall’angolo. L’Apu guida 16-14, per quel (poco)che si è visto un successone.
Resta quel solito rammarico: aver visto poco correre la squadra friulana in questa stagione, perché quando lo fa è letale: come il contropiede con “Gas” abbattuto sotto canestro.
Ecco Briscoe, piazza una tripla e poi, però, pensa di provocare il pubblico credendosi in uno dei suoi campetti in cui d’estate evoluisce a suon di dollari. Ma questa è la Serie A2 Isaiah, pensa a giocare che è meglio.
E non è una grande idea poi provocare il vecchio Cinciarini, silente in gara uno: tripla, fallo e palasport infiammato.
Udine non gioca da squadra, in fondo lo avrà fatto per qualche minuto a partita in questa stagione, e uno dei risultati è che fa diventare anche l’ex Penna un fenomeno. Che proprio non lo è. Monaldi da tre: sbang. È la chiave della serie. Senza il play di Aprilia è notte fonda. E nemmeno Terry da sotto viene innescato a dovere: eppure potrebbe far male alla difesa romagnola.
Il secondo quarto evidenzia il gap di “chimica” tra la squadra di Martino e Finetti.
Forlì gioca come un orologio, difende, attenzione non è uno squadrone imbattibile, ha dei difetti. Udine invece difende male e attacca solo con le sue individualità. Eppure nelle poche volte che c’è un’azione costruita arriva un canestro, vedi tripla di Gaspardo a fine primo quarto. A un certo Pollone da tre può tirare con tre metri di vantaggio. Non esiste.
A metà partita l’Apu è già sotto un macigno: 41-28. Ha tirato undici volte meno dei rivali, “cavalca” un poco edificante 3 su 11 da 3 (Monaldi 0 su 4) contro il 6 su 17 dell’Unieuro. Servirebbe una rivoluzione copernicana, non una rimonta. Ma per il pianeta Apu è sempre il sole che continua a girare attorno alla terra. Accade dallo scellerato acquisto di Sherrill in giugno.
Solo Esposito gioca, Forlì anche, con Sanford che alza i giri del motore. Briscoe: tiro libero, non prende nemmeno il ferro. Finetti non gradisce. Fosse solo quello che non va, coach. Sanford ci sguazza sulle dormite difensive dell’Apu che, si vede a un miglio, mancando di rispetto ai tanti tifosi arrivati anche stavolta in Romagna, comincia a pensare a gara tre. E si becca un ventello già a metà terzo quarto.
Servirà il fattore campo per riequilibrare la serie? Mentre Cremona aspetta la finalista, e lo farà per parecchi giorni, Udine deve raccogliere le forze e giocare due partite di grande intensità dando un segnale a un avversaria bene allenata, in palla e con una panchina pure lunga. Un’avversaria che pare anche aver tratto nuova linfa dalle disavventure della propria terra. Insomma, serve un miracolo, al momento l’Unieuro Forlì merita di giocarsi la finale per la serie A. Ma, come vi abbiamo scritto molte volte, il basket è uno sport dove quando dai una cosa per scontata il giorno dopo vieni smentito.
Rimediare, però, a stagioni nate male, proseguite peggio e migliorate solo in parte in primavera, è ben peggio di una rivoluzione copernicana.
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