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10 years challenge. Da fenomeno social a Grande fratello

10 years challenge. Da fenomeno social a Grande fratello
La moda online che sta contagiando tutto e tutti: si pubblica una foto di oggi e una di come si era dieci anni fa. Ma qualcuno avanza il dubbio che sia un sistema per addestrare l’intelligenza artificiale a riconoscere le persone anche partendo da una vecchia foto. Facebook smentisce, molti esperti sorridono. Altri invece no. Ecco perché    
3 minuti di lettura
ROMA - Persone comuni, celebrità, politici, club sportivi, città, musei, aziende, scienziati, attivisti. Ci sono più o meno tutti. 10 years challenge, il pubblicare una foto di dieci anni fa al fianco di una di oggi, è una moda nata sui social network come un gioco ed è diventato nel giro di pochi giorni un fenomeno globale. Fino a quando qualcuno non ha cominciato a sospettare che dietro ci potesse essere una delle più grosse raccolte di dati personali mai messe in atto: milioni di immagini da usare per addestrare gli algoritmi per il riconoscimento facciale rendendoli capaci di individuare una persona anche partendo da una sua foto scattata tempo addietro.


Il dubbio. E' stato avanzato dalla giornalista di Wired Kate O'Neill ed è piaciuto parecchio, quasi quanto il gioco stesso. Il suo articolo, dove si spiega che uno dei problemi essenziali nel rendere efficace una intelligenza artificiale sta proprio nell’avere abbastanza dati specifici come delle foto personali collocate temporalmente, è volato oltre le 430mila condivisioni. Perfino Facebook, che quelle foto probabilmente già le aveva in parte, trarrebbe vantaggio da informazioni così pulite. Fra gli addetti ai lavori che abbiamo sentito qualcuno si è messo a ridere: il social network non ha certo bisogno di un meme per avere certi dati. Altri hanno riso un po’ meno anche se considerano l’ipotesi improbabile. “Foto del genere potrebbero tornare utili a qualche nova azienda che ha bisogno di quel particolare tipo di immagini perché non le ha”, ha spiegato uno di loro che preferisce però restare anonimo.


•Facebook. Per inciso, non è stata Facebook (che possiede Instagram) a lanciare la 10 years challenge. “Si tratta di un meme creato dagli utenti e che è diventato virale in modo spontaneo”, fanno sapere dalla compagnia di Mark Zuckerberg. “Non abbiamo iniziato noi questo trend, in cui vengono utilizzate foto già esistenti sulla piattaforma, e non guadagniamo nulla da questo meme (se non ricordarci quanto fosse discutibile la moda nel 2009). Gli utenti di Facebook possono, in qualsiasi momento, scegliere se attivare o disattivare il riconoscimento facciale”. Già, il riconoscimento facciale di Facebook, che è stato usato per la prima volta nel 2015, serve a segnalare quando qualcuno pubblica una tua foto e serve al social network a riconoscere in automatico i suoi utenti. Può esser disattivato dalle impostazioni, alla voce riconoscimento facciale. Noi in redazione lo abbiamo trovato tutti attivo. Solo sul profilo di collega era disattivato.

•La tecnologia. “Sky News ha usato sistemi del genere al matrimonio reale fra il principe Harry e Meghan Markle”, aveva spiegato a Dublino pochi mesi fa Barry O'Sullivan, direttore dell’Insight Centre for Data Analytics all’Università di Cork e presidente della European Artificial Intelligence Association (EurAi) che raccoglie oltre quattromila e cinquecento fra istituti di ricerca e università di trenta Paesi “Gli invitati venivano identificati in tempo reale dalle Ai e il loro nome compariva in automatico sul video mentre entravano in scena. Sullo smartphone o sul tablet si poteva cliccare sui loro nomi per accedere alle pagine personali o alle voci di Wikipedia che li riguardano”. I personaggi celebri sono terreno facile: il catalogo di foto è ampio. E sono facili da leggere anche le espressioni, dunque i sentimenti e le reazioni emotive delle persone. Perfino stabilire l’età e la razza sta diventando sempre più semplice, stando al professor O'Sullivan.


Il grande fratello. Ma non c’è solo l’applicazione nel campo dell’intrattenimento. Il riconoscimento facciale è una delle armi a diposizione di chiunque voglia applicare una sorveglianza di massa. E’ parte integrante ad esempio del Sistema di Credito Sociale cinese, nato con l’idea di valutare la reputazione dei propri cittadini in ogni aspetto della loro vita. Ogni Grande fratello che si rispetti guarda con interesse allo sviluppo di questo aspetto dell’intelligenza artificiale applicata alle immagini, come sottolineato fra gli altri dalla studiosa della Harvard Law School Shoshana Zuboff in The Age of Surveillance Capitalism. Tanto che alcune aziende come Microsoft hanno iniziato a mettere le mani avanti. “Finché non ci saranno regole certe anche fuori dall’Europa, ci rifiutiamo di vendere a certi governi tecnologie come il riconoscimento facciale”, aveva detto a questo giornale Julie Brill, vice presidente della Microsoft ed ex numero uno della Federal Trade Commission sotto l’amministrazione Obama.

Gli Europei, per ora, possono dormire sonni tranquilli da questo punto di vista. La General Data Protection Regulation (Gdpr) vieta da noi l’uso di tecnologie per identificare i cittadini. Ma ci sono eccezioni e fra queste quel che riguarda la sicurezza nazionale. E ci sono anche dei modi per usare il riconoscimento facciale senza violare il Gdpr, limitandosi ad esempio a raccogliere dati non sull’identità ma sul comportamento. Nel mondo ci sono 626 milioni di camere per la sicurezza, nel 2017 ne sono state vendute 97 milioni, e si valuta che il mercato dei software per il riconoscimento facciale valga circa 9,6 miliardi di dollari con una crescita annua del 21,3 per cento. Strumento utile per assicurare la sicurezza nelle città, nelle stazioni o aeroporti, ma che diventa pericoloso nelle mani di governi privi di scrupoli.
      

Il gioco. Torniamo a 10 years challenge, che secondo la stessa Facebook sarebbe "solo" un fenomeno spontaneo simile alla Bucket Challenge. Ve la ricordate? Era quella sfida divenuta virale nell'estate di cinque anni fa: il versarsi secchi di acqua gelata addosso per sostenere la raccolta fondi in favore della ricerca per la sclerosi laterale amiotrofica. Stavolta non c'è alcuna raccolta fondi, soprattutto dal 2014 sembrano esser passati decenni. Oggi i social network, Facebook in particolare, di credibilità ne ha persa tanta mentre i suoi utenti son diventati sospettosi. I dati usati da Cambridge Analytica, tanto per dirne una, provenivano dal gioco My digital life creato dal matematico Aleksandr Kogan. La stessa società inglese di quiz su Facebook ne ha poi creati altri per racimolare ancor più informazioni. Chissà se è andata allo stesso modo per 10 years challenge. Anche se Facebook è probabile non c’entri nulla nella nascita e nella diffusione del meme, è legittimo farsi venire il dubbio che altri potrebbero sfruttare quella montagna di foto che si sta accumulando online. Del resto il tempo dei giochi innocenti, almeno sui social network, sembra esser finito da tempo.