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Infrastrutture e formazione: le chiavi per un’Europa digitale

Oliver Süme, presidente del Cda dell’associazione Eco, plaude alla proposta italiana di introdurre il digitale come materia scolastica e vuole un’Europa più unita per competere con Stati Uniti e Asia

1 minuti di lettura

A luglio è iniziato il semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione Europea. Eco – Associazione dell’Industria di Internet, con base in Germania, ma membri da ogni parte del continente, ha stilato alcuni punti chiave da portare a Bruxelles, per l’implementazione di una politica digitale europea. Ricerca, innovazione, istruzione, competitività, e ancora infrastrutture, traffico dei dati, sicurezza e privacy, senza dimenticare start-up e piccole e medie imprese.

Schiacciata tra Stati Uniti e Asia, l’Europa fatica a ritagliarsi un ruolo di spicco nel mondo digitale, ma forse non è ancora troppo tardi. «Abbiamo perso la battaglia delle piattaforme, questo è evidente e non avrebbe senso cercare di rincorrere – spiega Oliver Süme, presidente del Cda di Eco –. Ma l’Intelligenza Artificiale ad esempio propone nuove, interessanti opportunità per l’Europa. In un ambito così delicato, offriamo un quadro normativo ben strutturato, garantiamo maggiormente la protezione dei dati e la tutela della privacy rispetto a mercati come la Cina, che magari si muovono più velocemente a livello tecnologico, ma di cui molti clienti non si fidano. Sarà fondamentale per l’Europa riuscire a trovare il giusto equilibrio nel quadro normativo, in modo da garantire il cliente, senza essere eccessivamente rigidi e restrittivi. Questo è un terreno su cui la Commissione EU sta lavorando e potrebbero nascere nuove aziende leader a livello globale».

Proprio l’aspetto normativo in ambito digitale è uno dei punti di forza dell’Europa, a partire dal GDPR, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, che per Mr. Süme rappresenta una «pietra miliare per l’Europa, perché interviene su un tema tanto delicato con una regolamentazione direttamente applicabile nei singoli stati membri.» Da qui si deve partire, per continuare il lavoro di armonizzazione. Prima questione da affrontare è quella della frammentazione causata dall’esistenza di autorità nazionali per la protezione dei dati. «In Germania è anche peggio, sono 16, ce n’è una per ogni Länder».

Insomma, la vera sfida da affrontare, prima che tecnologica è politica: «L’Europa ha bisogno di essere più unita – rimarca Oliver Süme –. E il primo passo è il completamento del Digital Single Market. L’EU è uno dei mercati più grandi del mondo per numero di cittadini, ma il suo sviluppo unitario è frenato dal fatto che abbiamo sistemi normativi diversi in ogni nazione. L’e-commerce è l’esempio più evidente e immediato: un’azienda che voglia operare a livello europeo dovrà dotarsi di termini e condizioni e di privacy policy diversi per ogni paese, o quasi. Per le piccole e medie imprese questo è un ostacolo non di poco conto».