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Cresce la violenza informatica in Europa, vittima una donna su 20

Pubblicato oggi uno studio del Parlamento europeo che evidenzia un problema in crescita, con conseguenze economiche e sociali significative. E indica un mix di proposte da valutare per affrontarlo

2 minuti di lettura

«Con l'avvento delle nuove tecnologie e dei social media, la violenza informatica di genere è una minaccia in costante crescita con impatti a livello individuale, sociale ed economico, sulle donne e sulle ragazze e sulla società in generale. Le azioni intraprese finora sono state inadeguate e la natura transfrontaliera della violenza informatica di genere deve ancora essere affrontata adeguatamente». Anche perché in questi tempi di pandemia per il coronavirus la situazione si è potenzialmente peggiorata, perché la vita sociale delle persone è cambiata ed è molto più online di prima.

Questa valutazione è il risultato di uno studio pubblicato oggi e condotto dall’Unità Valore Aggiunto Europeo (Eava) del Servizio Ricerca del Parlamento europeo con a capo l’italiano Lauro Panella, che integra la relazione legislativa di iniziativa del Parlamento europeo sulla lotta alla violenza informatica di genere.

Lo studio prende atto che la violenza informatica di genere, un fenomeno inconcepibile 30 anni fa, purtroppo riguarda in particolare sempre più le donne e le ragazze che subiscono molestie, stalking e altri tipi di minacce mentre sono online. Con l'uso sempre crescente dei social media, le minacce che donne e ragazze sperimentano online hanno un effetto sul modo in cui utilizzano Internet. Sebbene ci siano molti esempi di donne che denunciano le molestie o altre forme di violenza informatica subìte, non sono stati raccolti molti dati o prove sul fenomeno. Nel frattempo, gli Stati membri della Ue reagiscono e agiscono in modo diverso quando si tratta di questo argomento. È noto che spesso esista una connessione tra la violenza di genere virtuale e quella nella vita reale, online e offline in molti casi la violenza si intreccia.

Lo studio stima che dal 4 al 7 per cento delle donne nei 27 Paesi Ue ha subito molestie online negli ultimi 12 mesi, mentre tra l’1 e il 3 per cento ha subito stalking virtuale. È probabile che la prevalenza della violenza informatica di genere continui ad aumentare nei prossimi anni, prevede lo studio, soprattutto tra gli adolescenti. La violenza informatica ha un impatto diretto sulle vittime, prima di tutto in termini di salute mentale, con una maggiore incidenza di depressione e disturbi d'ansia. Un impatto che è anche sociale ed economico: dal ritiro dal dibattito pubblico ai costi sostenuti per la ricerca legale e assistenza sanitaria, dall’impatto sul mercato del lavoro in termini di minore presenza sul lavoro, al rischio di perdita del lavoro o minore produttività e ridotta qualità della vita a causa della cattiva salute mentale. Alcuni di questi impatti aggravano altre forme di discriminazione affrontate dalle donne, ad esempio il divario retributivo di genere sul mercato del lavoro. Inoltre, hanno una dimensione intersezionale e devono essere osservati insieme con altre forme di discriminazione e incitamento all'odio nei confronti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer, cioè che si interrogano sulla propria sessualità (LGBTIQ).

Attualmente non esiste una definizione comune o un approccio politico efficace per combattere la violenza informatica di genere nè a livello europeo nè a livello nazionale. Secondo lo studio le azioni fin qui intraprese sono state inadeguate, anche per la natura transfrontaliera della violenza informatica di genere. Inoltre, i costi di questa violenza per gli individui e la società sono alti, valutati da un minimo di 49 miliardi di euro fino a oltre 89 miliardi. Tra le soluzioni proposte, una combinazione di azioni politiche «legali e non legali» che si stima «genererebbe il maggior valore aggiunto europeo, promuoverebbe i diritti fondamentali delle vittime, ridurrebbe i costi imposti alle persone e alla società e sosterrebbe le forze dell'ordine e le persone che lavorano con le vittime». Di fatto azioni di prevenzione, concertazione delle normative e sostegno alle iniziative già in corso per far prevalere il rispetto dei diritti umani.

Come già emerso dal rapporto del gruppo di lavoro sull’odio online istituito in Italia con decreto un anno fa, chiunque si presenti con la soluzione in tasca e una ricetta magica per contrastare le conseguenze dell’odio online non tiene adeguatamente conto della complessità e della delicatezza del fenomeno. 

Lo studio del Parlamento Ue sulla violenza informatica di genere

Rapporto italiano su come si combatte l’odio online