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la storia

Dai chicchi di riso alla tecnologia, 11 anni di Xiaomi e 3 anni di Xiaomi Italia

Dai chicchi di riso alla tecnologia, 11 anni di Xiaomi e 3 anni di Xiaomi Italia
Dagli smartphone alle auto, dai fan al futuro, intervista con Leonardo Liu, general manager italiano del colosso cinese del tech: "Nel vostro Paese abbiamo 16 Mi Store e il 28 maggio ne sarà inaugurato un altro alle porte di Roma"
3 minuti di lettura

Fra la nascita di Xiaomi e la nascita di Xiaomi Italia sono passati 8 anni: una è stata fondata nell’aprile del 2010 e l’altra il 24 maggio del 2018. È un arco di tempo piuttosto lungo, in cui però poco o nulla è cambiato nell’approccio dell’azienda al cliente e al mercato. E invece tantissimo è cambiato in quello che è Xiaomi, a livello mondiale e pure italiano: da marchio cinese low cost, noto soprattutto per telefonini affidabili, ben fatti ed economici, a colosso della tecnologia che vende di tutto e che, per restare agli smartphone, ne ha una gamma che va da meno di 200 a circa 1400 euro.

In questo tempo, non è cambiata nemmeno la filosofia di Xiaomi, come ci ha ricordato il suo general manager in Italia, Leonardo Liu, duranta una lunga chiacchierata a distanza: “Il nome dell’azienda deriva da due ideogrammi cinesi che significano piccolo e riso, perché il fondatore Lei Jun voleva che, per quanto grande potesse diventare, fosse gestita sempre come un piccolo ristorante, in cui la cura dei dettagli e delle persone ricoprono un ruolo fondamentale”.

Tre anni di Xiaomi Italia, al secondo posto del mercato
È un approccio che ha evidentemente aiutato anche qui: “Nel vostro Paese abbiamo 16 Mi Store e il 28 maggio ne sarà inaugurato un altro alle porte di Roma - ci ha raccontato Liu - Abbiamo conquistato il secondo gradino del podio della classifica Canalys per smartphone consegnati nel terzo trimestre del 2020, riconfermato nel primo trimestre del 2021, con una quota di mercato del 25% e una crescita su base annua del 91%”.

Ma Xiaomi non produce solo telefoni, anche se è soprattutto per i telefoni che è conosciuta: “Siamo anche la più grande piattaforma al mondo della Internet of Things, con quasi 325 milioni di dispositivi connessi alla Rete - ci ha detto Liu senza nascondere la soddisfazione - Stiamo registrando una domanda crescente su questo dall’Italia e stiamo facendo il possibile per soddisfare le richieste”. Smartphone a parte, i prodotti che sono andati meglio in Italia “sono stati monopattini elettrici, purificatori d’aria, fitness band e smart tv”.

Tutti rispettano in qualche modo il concetto del “giusto profitto”, introdotto a livello globale poco prima del debutto in Italia: “Ad aprile 2018 abbiamo annunciato che il nostro hardware avrebbe avuto un margine di profitto complessivo non superiore al 5% - è la spiegazione di Liu - Quando il margine supera il 5%, troviamo il modo di restituire l’eccedenza ai clienti”, magari sotto forma di ricerca e sviluppo di innovazioni che verranno integrate nei prodotti successivi. È un aspetto che aiuta a tenere contenuti i prezzi, soprattutto in rapporto ai contenuti tecnologici, anche se ultimamente la sensazione è che Xiaomi stia un po’ cercando di seguire le orme di OnePlus, partita dal basso e arrivata ai piani altissimi del mercato degli smartphone. A dimostrarlo c’è l’ultimo Mi 11 Ultra, che costa più o meno come un iPhone 12 Pro. Su questo, Liu non si nasconde: “Certa componentistica ha costi elevati, ma facciamo del nostro meglio per garantire un prezzo finale più competitivo rispetto a quello della concorrenza e credo che i nostri clienti capiscano l’investimento che stiamo facendo per avere prodotti innovativi al miglior prezzo”. E comunque, “la nostra gamma è vasta proprio per incontrare qualsiasi tipo di gusto e di disponibilità”.

Il rapporto con i fan e la lezione del coronavirus
Perché lo scopo finale è quello di non deludere i clienti (anzi, i Mi Fan), con cui Xiaomi ha storicamente una relazione molto stretta, anche nello sviluppo dei prodotti e nella correzione degli eventuali difetti: “I nostri fan sono importantissimi e con loro abbiamo costruito un rapporto davvero speciale”. In Italia, in particolare, “la community era già presente prima ancora del nostro arrivo ufficiale e oggi conta oltre 400mila iscritti e quasi 90 Mi Fan Club su tutto il territorio”.

È uno scambio che è proseguito pure nel 2020, nonostante le difficoltà legate al coronavirus: “Come molti, abbiamo puntato sui social per entrare nelle case degli italiani, per coinvolgerli, accorciare le distanze e non farli sentire soli - ci ha raccontato Liu - Abbiamo evitato cerimonie per l’inaugurazione degli Store, per evitare assembramenti e rispettare i protocolli di sicurezza, e abbiamo cercato di dare una mano, con la donazione di migliaia di mascherine”.

Il futuro, fra la Xiaomi Car e la scalata a Samsung
Quanto ai passi successivi, confermato già a fine marzo che Xiaomi produrrà vetture elettriche, con un investimento iniziale di 1,5 miliardi di dollari, Liu non ha voluto sbilanciarsi: “Non posso ancora dare dettagli, se non che nei prossimi 10 anni questa sarà l’area di sviluppo più interessante e diventerà fondamentale per noi”.

Abbiamo concluso la nostra chiacchierata con lui con una domanda che gli avevamo già fatto durante una precedente intervista, chiedendogli quando supereranno Samsung sul mercato italiano. La sua risposta è stata una domanda: “Vi sareste mai aspettati questa crescita da parte di Xiaomi in Italia?”.