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Privacy, la retromarcia di WhatsApp: non limiterà le chat a chi non accetta l'aggiornamento

Privacy, la retromarcia di WhatsApp: non limiterà le chat a chi non accetta l'aggiornamento
Nel timore di una fuga verso Telegram e Signal, le funzionalità rimarranno complete anche senza approvare le nuove condizioni di utilizzo
2 minuti di lettura

Nessuna “punizione” per chi non accetterà gli aggiornamenti della privacy su WhatsApp. Almeno per ora. La chat più utilizzata del mondo ha deciso che tutti coloro che non hanno ancora approvato i nuovi termini di utilizzo, in vigore dallo scorso 15 maggio, potranno continuare a mandare messaggi, file multimediali, contenuti vocali e a godere di tutte le funzionalità dell’applicazione.

Nessuna limitazione, insomma, nonostante che in un primo momento Menlo Park, che dal 2014 controlla la chat, avesse spiegato che in caso di diniego la piattaforma sarebbe di fatto diventata inservibile: “Date le recenti discussioni con varie autorità ed esperti di privacy, vogliamo chiarire che al momento non abbiamo intenzione di limitare le funzionalità di WhatsApp per coloro che non hanno ancora accettato l’aggiornamento - ha spiegato un portavoce dell’azienda a The Next Web - Invece continueremo a ricordare di tanto in tanto l’aggiornamento e quando le persone scelgono di utilizzare funzionalità opzionali pertinenti, come comunicare con un’azienda che sta ricevendo supporto da Facebook”.

In che cosa consiste l’aggiornamento sulla privacy
La pagina di supporto aggiornata sembra in effetti usare toni molto più rassicuranti rispetto a qualche settimana fa: spiega che “non sarà eliminato alcun account e non si perderanno funzionalità a seguito dell’aggiornamento”. Dall’entrata in vigore delle nuove condizioni, utili fondamentalmente a consentire un più lineare scambio di dati fra Facebook e WhatsApp in termini di rapporti con aziende, professionisti e piccole e medie imprese che lavorano e contattano i clienti via chat, la maggior parte delle persone ha accettato. In particolare, gli aggiornamenti delle policy, diffusi all’inizio dell’anno, consentiranno a una serie di società di Facebook (come la stessa piattaforma-madre, l’israeliana a Onavo, Facebook Payments e CrowdTangle) di accedere ai dati degli utilizzatori di WhatsApp: “Possiamo usare le informazioni che riceviamo e che condividiamo con loro, per aiutare a far funzionare, fornire, migliorare, comprendere, personalizzare, supportare e commercializzare i nostri servizi e le loro offerte, inclusi i prodotti dell’azienda”, aveva spiegato la celebre piattaforma di messaggistica.

I promemoria saranno costanti
La spinta ad accettare le condizioni sarà dunque dolce, ma costante: “Continueremo a mostrare una notifica su WhatsApp contenente maggiori informazioni sull'aggiornamento per ricordare a chi non l'ha ancora fatto di rivederlo e accettarlo - si legge nel blog ufficiale - Al momento non intendiamo rendere questi promemoria persistenti né limitare le funzionalità dell'applicazione”.

Insomma, in teoria anche chi non ha dato l’assenso non dovrebbe subire alcuna conseguenza. E non dovrebbe essere neanche perseguitato da continui messaggi pop-up promemoria e rimane ovviamente possibile esportare le chat e scaricare un rapporto delle attività dell’account. Una cosa è certa: bisogna diffidare di catene di Sant’Antonio, truffe e messaggi condivisi da migliaia di persone in cui si paventano le più diverse conseguenze sull’applicazione. Circolano da anni, ma in questo periodo se ne vedono di più, nel tentativo di sfruttare la confusione degli utenti: gli account non verranno rimossi e non c’è alcunché da pagare. Se c’è qualcosa da comunicare a chi le usa, le app lo fanno tramite aggiornamenti e notifiche, come quelli che si visualizzano su una qualsiasi applicazione poco dopo l’installazione, e non tramite comunicazioni testuali o di altro tipo. Specialmente inoltrate da un amico o parente.

Perché i toni di WhatsApp sono improvvisamente cambiati? Forse per cercare di trattenere sulla piattaforma gli utenti, negli ultimi mesi (anche sulla spinta di campagne di ammutinamento contro la chat di Zuckerberg) sempre più ingolositi da alternative ritenute più sicure in termini di riservatezza dei dati personali, come Telegram oppure Signal.