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Sport

Carrozzine, protesi, stampelle: la tecnologia delle Paralimpiadi

Carrozzine, protesi, stampelle: la tecnologia delle Paralimpiadi
(reuters)
I disabili sono il 15 per cento della popolazione mondiale: e lo sport è un modo per riprendersi la vita, come mostrano i giochi di Tokyo
3 minuti di lettura

Siamo tornati a Tokyo. Dopo le Olimpiadi, le Paralimpiadi, un appuntamento non meno importante, altre medaglie azzurre in arrivo fino al 5 settembre, un evento non solo sportivo ma anche sociale. Non a caso, il Comitato Paralimpico Internazionale ha lanciato un suo manifesto per i prossimi anni, declinato su ogni piattaforma sociale: #Wethe15 l'hashtag di riferimento, a dire che i disabili sono il 15 per cento della popolazione mondiale, ma non reclamano per quantità il rispetto dei loro diritti, vogliono impegnare tutti, anche il restante 85 per cento, a realizzare una società migliore e più inclusiva. D'altra parte, quel 15 per cento è una fotografia, persino mossa, del mondo che siamo: non sono purtroppo arrivati a Tokyo gli atleti afghani rimpianti ad esempio da una atleta italiana, Monica Contraffatto, caporale maggiore dell'esercito italiano che, proprio in missione a Kabul, ha perso la gamba destra per una bomba; oppure, capita di vedere sul podio, con una frequenza mai vista alle Olimpiadi, atleti ucraini e bielorussi rappresentanti della prima generazione arrivata a maturità sportiva dopo il disastro di Chernobyl; infine è di questi giorni la notizia del primo ministro di un governo a prendere una medaglia alle Paralimpiadi: il romeno Novak, titolare dello sport con pieno diritto visto che, già pattinatore, perso poi per un incidente il piede destro, tornato a gareggiare nel ciclismo fin da Londra 2012, subito sul podio, a Tokyo è riuscito a rappresentare al meglio anche il governo di cui fa parte.

Con le Paralimpiadi i disabili si riprendono la vita, lo sport è uno dei loro certificati di esistenza, forse quello che meglio dimostra la resistenza di personaggi che adesso non sono più ai margini come prima. Bebe Vio, portabandiera azzurra nell'ultima cerimonia, ha più di un milione di follower su Instagram, ha dato del tu a Barack Obama e adesso è testimonial di tante aziende, compresa quella Toyota che in Giappone ha preso le distanze dai Giochi raccontando però in tutto il mondo in uno spot la storia di Jessica Anastasia Long.

Jessica era una bambina siberiana nata priva di rotule, tibie e dell'ossatura di entrambe le gambe. Da un ospedale in Russia chiamano negli Stati Uniti la signora Long: abbiamo trovato una bambina per lei, però non avrà una vita facile. Non importa, risponde la mamma adottiva, potrebbe non essere una vita facile, ma sarà comunque straordinaria. 28 medaglie paralimpiche dopo, Jessica è come Bebe, come Alex Zanardi, che pur assente è una presenza incombente sul Comitato Paralimpico Italiano, straordinaria rappresentante dei disabili che si ribellano contro chi li vorrebbe confinare in quel 15 per cento e si prendono la scena. Pure. nel caso di Giusy Versace, vincendo Ballando con le Stelle dopo aver perso una protesi durante un'esibizione. Anche perché oggi la tecnologia ha modificato protesi e carrozzine facendole diventare non più strumenti per uno sport altro ma il completamento per uno sport alto.

La Otto Bock, sponsor tecnico del Comitato Paralimpico Internazionale, un colosso di origine tedesca presente in tutto il mondo, con tanti centri in Italia, è presente a Tokyo con 100 tecnici (capaci di parlare più di 20 lingue), e con quasi 20 mila pezzi di ricambio. È un segreto di Pulcinella che tanti interventi non siano semplici riparazioni ma fornitore di nuove carrozzine, nuove protesi, nuove stampelle per tanti atleti che poi usano i supporti anche nella vita di tutti i giorni. All'inizio del secolo scorso, Otto Bock smise di lavorare sul legno, capì che per restituire la mobilità ai mutilati bisognava pensare ad arti unici e personalizzati. Oggi la tecnologia aggiunge le sue scoperte, il carbonio ad esempio, per rendere più leggeri non attrezzi che trasformano i paralimpici in atleti bionici, ma protesi utilizzate non solo in gara di tutti i giorni di un 15% di noi che siamo chiamati a riconoscere prima per rispettarli poi. E non è solo questione di tecnologia. Il centro protesi dell'Inail a Vigorso di Budrio, pochi chilometri da Bologna, è diventato un polo di eccellenza mondiale anche perché, proprio pensando ai diritti dei disabili, non ci si accontenta di miglioramenti tecnici: visto che la carriera di Bebe Vio è cominciata in una azienda che si chiama Arte Ortopedica è facile dire che oggi certe protesi sono esibite e percepite come gioielli e contribuiscono a migliorare il dialogo con il famoso 85 per cento.
Per questo le Paralimpiadi sono un evento di straordinaria rilevanza sociale: fanno capire a tutti cosa significa essere valutati per quello che si è capaci di fare piuttosto che per quello che non si può fare. E le medaglie di tutti, non solo quelle azzurre, non dovranno essere pesate solo in base a quanti ragazzi e ragazze andranno o torneranno in palestre e stadi, ma anche e soprattutto per come miglioreranno la vita di chi, grazie all'esempio degli atleti, troverà la voglia e le protesi giuste per continuare al meglio la sua vita.