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Intervista

Kurolily, 9 anni di streaming su Twitch: "Non sono solo un simbolo della lotta al sessismo"

Kurolily, 9 anni di streaming su Twitch: "Non sono solo un simbolo della lotta al sessismo"
È fra le streamer più esperte in Italia, ha condotto trasmissioni tv ed è amata dai brand e "da grande magari starò dietro le quinte"
4 minuti di lettura

Sara Stefanizzi, in arte Kurolily, è una delle più seguite streamer italiane su Twitch. Streamer però è forse un termine che inizia a starle stretto, perché oltre ad andare in diretta ogni giorno ha condotto programmi televisivi, partecipa a InnTale, uno dei più importanti progetti italiani legati al gioco di ruolo, è ospite fissa di ogni evento o convention vagamente a tema nerd, è il volto di un team esport di corse e il testimonial di molte aziende.

La carriera di Kurolily è il classico caso di persona giusta al momento giusto. Una ragazza che, alla faccia dei luoghi comuni, da sempre accompagna la sua vita con i videogiochi, finisce per lavorare in un negozio che li vende e infine diventa uno dei volti più noti per parlarne alla generazione che non guarda più la televisione. Una carriera che è lo specchio del nuovo ruolo che i creatori di contenuti stanno giocando oggi nel mondo della pubblicità, con le capacità sviluppate grazie al fatto di andare costantemente in diretta che le permettono di affrontare palchi, set televisivi e quant’altro.

Tutto questo in 9 anni in cui si è concessa pochissime vacanze, mantenendo una costanza nelle sue dirette che l’hanno resa l’appuntamento fisso di centinaia di persone. Recentemente è diventata anche ambasciatrice di Comics and Games Factory, il programma di Lucca Comics & Games che vuole sostenere le idee di persone under 35 che potrebbero avere un potenziale nel mondo della cultura pop, dalle squadre esport ai webtoon, passando per tutto ciò che riguarda la creazione di contenuti.

Lavorando da anni in un settore come quello dello streaming online, dove in cima alle classifiche dei più pagati ci sono quasi sempre gli uomini, e maschile è gran parte del pubblico (soprattutto per quanto riguarda i videogiochi), Kurolily si è fatta ormai da tempo la pelle dura su determinati temi. D’altronde il suo successo, e anzi la sua stessa presenza su Twitch e la tranquillità della sua community, sono una bella presa di posizione contro le posizioni più retrograde. Non si esaurisce tutto qui, però: sarebbe facile parlare della lotta al sessismo e della voglia di Kurolily di promuovere un messaggio inclusivo, ma sarebbe anche il modo migliore per farla arrabbiare, perché questa combattiva riminese odia ogni etichetta, soprattutto quelle che le vengono attaccate addosso senza permesso. “Sono anni che ogni intervista o articolo su di me vira immediatamente della lotta al sessismo, come se facessi solo quello. Paradossalmente lo trovo un comportamento discriminatorio, come se la mia persona si identificasse solo nella sua capacità di soffrire o fosse interessante solo se può essere vista sotto quella lente – ci ha spiegato – Sono anni che lotto soprattutto per essere me stessa, per fare quello che mi piace. Chiaro che sono contro il sessismo, ma sono anche altro”.

Anche perché a guardare le sue live si ha la sensazione di trovarsi in uno spazio molto tranquillo, dove si chiacchiera serenamente, i toni sono pacati e i bulli vengono rapidamente messi alla porta con una battuta: “Non credo che spingere solo ed esclusivamente sul tema del sessismo quando è coinvolta una donna nel mondo dei videogiochi sia la strada giusta, ovviamente là fuori ci sono un sacco di persone pessime, ma anche tanti ragazzi tranquilli, che stanno dalla nostra parte. Ormai, come altre streamer, sono diventata un simbolo solo di quello, e non mi va. Mi rendo conto che la mia carriera e la mia esistenza siano in qualche modo un esempio al di là del mio controllo, ma sono anche una persona con idee, progetti e molte altre cose, non solo quella che ogni giorno deve combattere contro il sessismo, che poi non è neanche vero”.

Purtroppo, questo è uno dei problemi del raccontare storie, la necessità di incasellare le persone in archetipi e spazi in cui sia una caratteristica preponderante a dover spiccare, soprattutto quando si va a parlare a un pubblico che quelle persone non le conosce: “Mi piacerebbe che ogni tanto fosse messo in risalto il mio percorso, non è da tutti mollare un contratto a tempo indeterminato e scommettere in qualcosa come lo streaming, non c’è tanta gente che ha 9 anni di carriera alle spalle, sono state tra le prime a superare il gioco per fare anche trasmissioni dedicate al folklore popolare, alla lettura di librigame e libri di narrativa, a portare Twitch in Italia verso qualcosa di nuovo - ci ha detto ancora - Però, no: deve sempre venire solo fuori che il mio aspetto più interessante è essere una donna che fa streaming e che viene trattata male da qualche bullo, ignorando tutto il lavoro che c’è dietro”.

E di lavoro dietro ce n’è tanto, perché per quanto Kurolily sia veramente appassionata e faccia sembrare facile stare ore e ore in streaming, fuorionda svolge un costante lavoro su sé stessa (magari per migliorare la voce e riuscire a coinvolgere di più il pubblico) e di analisi, per capire come incrociare i suoi gusti con quelli dei potenziali spettatori, le mode del momento ed eventuali novità cui nessuno ha pensato. Kurolily ci ha ricordato che “per capire bene come va il tuo streaming devi guardare la chat: i numeri fluttuano, vanno e vengono, ma il cuore di una trasmissione è la chat. Se il pubblico è interessato, se è curioso, se si sta divertendo, interagirà con te. E questo non dipende da quanto il gioco sia conosciuto: ci sono titoli amati e giocati che però non vanno bene per le live, magari sono troppo tecnici oppure sono divertenti solo se ci stai giocando e conosci bene ogni dettaglio. In quel caso lo capisci subito che la gente si annoia, perché in chat non parla quasi nessuno o parlano di altro. Secondo me, se vuoi veramente capire come stai andando devi vedere quanta gente ti sta parlando in quel momento. Un’altra analisi che faccio è guardare come vanno i colleghi con gli stessi giochi, perché magari lo raccontano meglio di me o in modo differente”.

E dopo? Una domanda che tanti creatori di contenuti si fanno, ma in pochi sanno offrire una risposta adeguata. Di solito chi vive nel mondo dei videogiochi e della cultura pop non ha tantissimi anni per sfruttare al massimo l’occasione: “Al di là che il dopo non mi spaventa, ho già qualche idea. In questi anni ho sviluppato tantissima esperienza su come si parla in pubblico, sull’organizzazione di eventi in diretta, su come gestire una community e sugli aspetti tecnici e non dello streaming, come leggere i dati, quali strumenti usare e così via. Quindi penso che mi piacerebbe un lavoro dietro le quinte, una consulenza per chi vuole iniziare, per chi pensa di volerne fare una carriera o un hobby. Un sacco di gente, anche streamer navigati, mi hanno detto che se mi mettessi a fare consulenze vorrebbero mettermi sotto contratto”.

E la televisione? “Se i videogiochi fossero trattati meglio, ci farei un pensiero, perché quando ho fatto House of Esport su DMAX mi è piaciuto, ma non voglio certo fare l’opinionista di altre cose. Però se esistesse una pillola tipo quelle che fa Drusilla Foer, ma a tema nerd, quello sì!”.