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Intervista

Baldoni: “L’Agenzia della cybersicurezza finanzierà i giovani che difendono il Paese”

Parla il direttore generale dell’agenzia nazionale per la cybersicurezza

2 minuti di lettura

L’Agenzia nazionale per la cybersicurezza è stata creata il 14 giugno 2021: meno di due mesi dopo, Roberto Baldoni ne è stato nominato direttore generale. Baldoni è stato fra gli ospiti della prima giornata di Italian Tech Week 2022, la più importante conferenza italiana sulla tecnologia e l’innovazione, alle Ogr di Torino, dove ha risposto alle domande del direttore di Repubblica, Maurizio Molinari.

Lei è l’uomo che veglia sulla sicurezza di tutti noi, cui tutti noi dobbiamo la possibilità di navigare protetti: quali sono gli attacchi che abbiamo subìto quest’anno e qual è la dimensione delle minacce?
“Quest’anno gli attacchi sono aumentati molto, lo abbiamo notato in due momenti: un mese prima del 24 febbraio e poi in agosto. Sono stati toccati alcuni settori particolarmente sensibili, come quello dell’energia e quello sanitario. Mediamente, il numero di attacchi in Italia è cresciuto di più rispetto ad altri Paesi, ma il problema è ovviamente mondiale”.

Com’è cambiata la strategia di chi ci attacca?
“Sino a qualche tempo fa, c’erano criminali che usavano software scritti da loro: sviluppavano programmi specifici per questo. Nell’ultimo paio d’anni siamo passati all’utilizzo di software che si possono acquistare già pronti, da usare per colpire i bersagli scelti. Questo rende più complesso il lavoro di attribuzione del reato, il risalire al colpevole, perché non è più possibile disassemblare il software per avere indizi su chi l’ha usato. Ovviamente, abbiamo altri strumenti per individuare gli autori, perché ogni gruppo criminale segue tattiche e procedure che gli sono proprie, che è una cosa che ci aiuta a capire”.

Avete notato una differenza tra prima e dopo l’inizio della guerra in Ucraina?
“Decisamente sì. Noi siamo nati un anno fa come Agenzia nazionale per la Cybersicurezza: il 27 dicembre 2021 sono stati pubblicati i nostri regolamenti di funzionamento in Gazzetta Ufficiale e un paio di settimane dopo, il 14 gennaio di quest’anno, è partita la prima campagna d’attacco forte e decisa, seguita poi da un’altra campagna, il giorno prima dell’invasione dell’Ucraina. È stato un continuo susseguirsi di allarmi, che abbiamo gestito e di cui abbiamo dato conto: le persone devono sapere che la trasformazione digitale è necessaria, ma si porta dietro alcuni problemi. Che vanno gestiti da tutti: da noi, ma anche dai responsabili della sicurezza informatica delle aziende, passando per ogni singolo cittadino. Tutti devono adottare semplici regole di cybersicurezza, perché la cybersicurezza non si delega”.

Come sono andate le elezioni del 25 settembre sul fronte della cybersicurezza?
“Considerate le condizioni geopolitiche che si sono verificate dopo l’invasione dell’Ucraina, era chiaro che sarebbero state un problema. Non tanto per la tipologia di voto cartaceo, ma per la gestione del flusso di dati legati ai risultati. Che potevano essere manipolati. Insieme con la polizia postale e il ministero dell’Interno siamo partiti un paio di mesi fa, abbiamo creato una war room per affrontare eventuali attacchi, con l’attenzione che è stata massima negli ultimi giorni. Però non abbiamo avuto particolari problemi, e ogni situazione è stata gestita bene”.

Come si fa entrare nell’Agenzia per la cybersicurezza?
“La cybersecurity non è uno sport che si fa da soli, ma che si fa in squadra. E non è fatto solamente da tecnici: li abbiamo, ma abbiamo anche bisogno di esperti di diritto, di esperti di relazioni internazionali e anche di giovani diplomati. A ottobre apriremo un concorso per loro, proprio per favorire l’ingresso di persone veramente giovani. Cerchiamo innanzitutto persone sveglie e veloci, a prescindere dalle competenze: che sappiano ragionare rapidamente, perché per noi la velocità di risposta è fondamentale”.

Parliamo di startup, della possibilità che anche voi le sosteniate economicamente: avete programmi di questo tipo?”Partiremo tra qualche mese con un primo bando per gli incubatori, perché vogliamo avere una mappatura delle startup a livello nazionale. E poi arriveremo a sostenere, a finanziare e anche a entrare nel capitale di alcune società, se può essere l’interesse per il Paese. Noi siamo quelli che diciamo di difendere il Paese dall’attacco cibernetico, ma sappiamo che abbiamo davanti un rischio tecnologico che va gestito: dobbiamo aumentare la nostra capacità tecnologica come Paese e come Europa, perché abbiamo sonnecchiato un po’ troppo sul cloud, sul 5G, sui chip. Dobbiamo impegnarci di più, sia come nazione sia a livello europeo. Perché non potremo mai raggiungere un’autonomia senza avere le competenze”.

(testo raccolto da Emanuele Capone)