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Approfondimento

Da Stadia a Hangouts, i 10 peggiori flop di Google

Da Stadia a Hangouts, i 10 peggiori flop di Google
Big G è famosa per i successi, ma anche per la facilità con cui si sbarazza di servizi che non funzionano, proprio come accaduto con la sua piattaforma di cloud gaming
4 minuti di lettura

Per diventare una delle aziende più innovative del mondo è necessario investire molto in ricerca e attirare i migliori talenti grazie a una cultura innovativa. Ma è necessario anche saper fallire spesso, senza troppi rimorsi, accettando che a volte quelle che sembrano la next-big-thing, non lo sono affatto. È l’approccio di Google, la cui storia è costellata tanto da grandi successi quanto da grandi fallimenti, spesso spettacolari e tutt’altro che indolori.

Tutte esperienze che si potrebbero archiviare come figuracce (e alcune indubbiamente lo sono), che tuttavia dimostrano anche un invidiabile coraggio imprenditoriale e un sincero spirito pionieristico. Ecco 10 esempi, tra i tanti: i servizi di Google che hanno fatto la fine dei dinosauri sono talmente numerosi che qualcuno si è pure preso la briga di raccoglierli in un vero e proprio Google-cimitero.

Stadia, 2019-2023

Il servizio di cloud gaming, nonostante l’ampio apprezzamento di una nicchia di appassionati e di addetti ai lavori, non ha saputo conquistare adeguatamente il largo pubblico del settore videoludico. Doveva essere la Netflix dei videogiochi, invece Google spegnerà i server definitivamente a gennaio 2023, rimborsando chi ha comprato hardware e giochi negli ultimi 3 anni.

A Stadia, hanno fatto notare i critici, non sono mancate le innovazioni tecnologiche,, quanto tutto l’apparato che determina il successo di un servizio in settori ad alta concorrenza come quello videoludico: le esclusive, i grandi titoli e soprattutto un'adeguata potenza di fuoco nel marketing. A differenza di altri che sono finiti nel dimenticatoio, quello di Stadia è un fallimento che potrebbe avere conseguenze di medio e lungo termine, in particolare sulla fiducia che partner tecnologici e sviluppatori riporranno nei prossimi grandi progetti targati Google.

Google Glass, 2011-2015

Gli occhiali smart di Mountain View avrebbero dovuto rivoluzionare il mondo dei computer indossabili, ma sono rimasti sempre un costoso giocattolo in eterna fase beta, fino alla chiusura dell’esperimento a gennaio 2015. Problemi di privacy, dubbi sulla sicurezza alla guida e sugli effetti per la salute sono solo alcuni dei problemi che hanno piagato la breve vita del prodotto, assieme a una copertura mediatica fortemente negativa. A fallire non è stato tanto il dispositivo in sé, quanto le modalità di sperimentazione pubblica scelte da Google per un prodotto così complicato e difficile da comunicare. Oggi si fa di nuovo un gran parlare di occhiali per la realtà aumentata, mentre sia Snapchat sia Facebook hanno portato sul mercato dispositivi analoghi senza ricevere la stessa reazione negativa dei Glass, a suggerire che il prodotto di Big G aveva solo anticipato un po’ troppo i tempi.

Google Wave, 2009-2010

In un interessante tentativo di unificare flussi di social media, mail e messaggistica istantanea, Google nel 2009 introdusse Wave. Il servizio fu subito criticato dagli utenti per l’interfaccia complicata e poco usabile, che contribuì a rallentarne l’adozione dopo l’entusiasmo iniziale. Il fallimento fu rapido e relativamente indolore: Wave fu chiuso l’anno successivo. Nel 2012 Google ha eliminato tutti i dati residui del progetto.

Google Reader, 2005-2013

Reader era il lettore RSS online di Big G: il servizio permetteva di iscriversi ai feed di blog e siti di notizie ed era completamente gratuito. Nato nel 2005 come progetto dei Google Lab, Reader è stato chiuso nel 2013, con una decisione che ha suscitato proteste e polemiche sul Web. Motivo ufficiale del pensionamento: il numero di utenti che ancora utilizzavano Reader non era più sufficiente a giustificare l’allocazione di costi e risorse interne per il mantenimento del servizio.

Google Buzz, 2010-2012

Google sa fare tante cose molto bene, ma i social network non sono una di queste. Buzz ne è forse la dimostrazione più palese. Il meta-social collegato a Gmail e ad altri servizi dell’azienda voleva favorire la condivisione di contenuti su canali già stabiliti (come Facebook o Twitter) ma è stato solo un fallimento che, fra l’altro, ha costretto Google a sborsare 8,5 milioni di dollari per chiudere una class action sulla presunta violazione della privacy degli utenti Gmail.

Google Plus, 2012-2019

Google Plus è considerato dai più come la prova provata dell’incapacità di Google di creare un valido concorrente a Facebook. Va detto che per farlo funzionare, Mountain View le ha provate tutte, compresa l’imposizione del social network come unico sistema per commentare su YouTube e l’integrazione del profilo dell’autore di un contenuto online nei risultati del motore di ricerca. Non è servito: nonostante gli utenti siano più di due miliardi (basta avere un account Gmail per essere formalmente membri di Google Plus), quelli che pubblicano attivamente contenuti, secondo le ultime stime, sono arrivati al massimo a toccare i 6 milioni. Nel 2018 Google ne ha annunciato la chiusura definitiva, prevista per l’anno successivo.

Hangouts, 2013-2022

L’app di messaggistica collegata agli account Google verrà ufficialmente disattivata a novembre 2022 e sostituita da Google Chat, da non confondere con GChat, anche nota come Google Talk. Tutte quante non vanno confuse con Duo, che pure offre alcune delle caratteristiche simili, incluse le videochiamate, che però si possono effettuare anche con Meet. Se vi siete persi nelle righe precedenti, è perfettamente comprensibile, ed è la ragione per cui Google manderà presto in pensione Hangouts: mettere un po’ d’ordine in servizi di messaggistica e videocall dalle funzionalità simili e spesso ridondanti.

Google Answers, 2002-2006

Nel 2002 Google fece debuttare un servizio chiamato Answers. Chiunque poteva fare una domanda e decidere di pagare una cifra compresa fra i 2 e i 200 dollari per una risposta dettagliata e ben ricercata. Un interessante esperimento dalla vita breve, che fu chiuso nel 2006. Alla strada del crowdsourcing della conoscenza, Google ha preferito la via algoritmica, e oggi il Knowledge Graph integrato nei risultati della ricerca è in grado di rispondere (gratis) a molte domande comuni senza alcun intervento umano.

Google Video Player

Video Player era un’utility per PC e Mac per la visualizzazione dei filmati scaricati da Google Video in formato .gvi. Un tentativo di concorrenza a QuickTime, VideoLAN (su cui erano basate le prime versioni del player) e altri software analoghi, che tuttavia non riscosse mai un grande successo. Fu abbandonato nel 2007.

Google Audio & Print Ads, 2006-2009

Fra il 2006 e il 2009 Google ha tentato di estendere il suo dominio pubblicitario online anche alla stampa e alla radio. Tramite Adwords, lo strumento usato dagli inserzionisti per acquistare pubblicità Adsense, era possibile piazzare spot anche sui due canali tradizionali. Il progetto non ha mai dato i risultati sperati e Google nel 2009 lo ha chiuso, tornando a concentrare le attenzioni sulle pubblicità per il Web e i dispositivi mobili. Anche in questo caso, l’azienda aveva forse anticipato troppo i tempi: un servizio di questo tipo, nella nuova era dei podcast, avrebbe potuto riscuotere di sicuro un successo maggiore.