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Tech4Climate - L'intervista

“Un premio alle startup che ci cambiano il clima”

Andrea Barbabella
Andrea Barbabella 
Andrea Barbabella organizza il "Premio startup per il clima" di Italy for climate e Step Tech Park, la cui seconda edizione verrà assegnata il 10 novembre: "Il settore dell'energia è complicato perché ha alte barriere d'ingresso, ma è probabilmente anche il più interessante e innovativo"
3 minuti di lettura

Questo articolo fa parte delle speciale Tech4Climate, Le startup per l'ambiente a cura di Italian Tech, oggi (7 ottobre) in edicola con Il Secolo XIX e ieri con La Stampa (in Piemonte, Val d'Aosta e Liguria), Sentinella del Canavese, La Provincia Pavese, Gazzetta di Mantova, Corriere delle Alpi, La Tribuna di Treviso, Il Mattino di Padova, La Nuova Venezia, Il Piccolo e Il Messaggero Veneto.

"Le startup italiane legate all'ambiente sono un mondo che ha notevoli potenzialità", racconta Andrea Barbabella, 48 anni di Roma, a capo della divisione Energia e clima della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. È fra gli organizzatori del Premio startup per il clima di Italy for climate e Step Tech Park, giunto alla seconda edizione, che il 10 novembre presenterà una selezione delle nostre migliori giovani aziende impegnate sul fronte del cambiamenti climatico e fra loro la vincitrice di questa seconda edizione. "La parte prettamente climatica fatica di più rispetto ad altri campi come l'economia circolare, fra i più frequentati, o la produzione e distribuzione alimentare".

Come mai?

"Molte startup lavorano nell'economia circolare perché è possibile tentare di innovare anche attraverso delle app. Questo significa servizi legati alla condivisione di mezzi o per combattere lo spreco alimentare. Sul tema prettamente climatico lo sviluppo di app, che è relativamente economico, non è una strada altrettanto facile da praticare. Basti pensare al settore energetico che è fatto di infrastrutture, reti, dispositivi. Ha quindi una barriera di accesso ben più alta".

Quali sono gli altri campi che vanno per la maggiore?

"Quello delle app per le aziende per misurare i consumi energetici, la produzione di gas serra da compensare con crediti forestali. Ma è un campo a rischio "greenwashing": la compensazione è un approccio molto discusso. Non bisogna compensare, bensì evitare di emettere gas serra ed è in questa direzione che si sta andando. Quindi non credo che sia un settore con grandi prospettive. Un altro ambito in voga sono le app per ottimizzare i consumi, sia a casa sia per le aziende o il pubblico, specie in questo periodo. Ma non è un settore così innovativo, di soluzioni ce ne sono tante già da tempo".

Torniamo al clima allora.

"Lo scorso anno, durante la prima edizione del Premio startup per il clima abbiamo premiato Windcity, startup che realizza micro-impianti eolici che si possono usare anche in città. Altre cose interessanti arrivano dalle nuove tecnologie per le batterie di accumulo dell'energia prodotta dalle rinnovabili. Un settore davvero promettente e non solo per l'Italia. Mi viene in mente la britannica Gravitricity che ha messo a punto un sistema fatto di contrappesi per conservare l'energia che non prevede l'uso di elettronica. È solo un esempio di quanto e come si può innovare andando ben oltre le batterie chimiche. Infine, c'è chi sta lavorando sui modelli economici per gestire al meglio le comunità energetiche oppure per aiutare lo sviluppo degli impianti di rinnovabili, troppo spesso ostacolati da amministrazioni e burocrazia".

E nel resto d'Europa cosa sta accadendo?

"Non ho un osservatorio privilegiato sul resto d'Europa. Posso però dire che stiamo parlando di un unico mercato. Questo significa che le soluzioni sviluppate qui o altrove nell'Ue poi verranno adottate da tutti se dimostreranno di essere efficaci. Ma certo, ci sono alcune differenze. A nord, tanto per citarne una, puntano di più sull'uso delle biomasse rispetto a noi. E, parlando di ottimizzazioni legate a cooperative e comunità energetiche, altrove sono molto più sviluppate che da noi, dove la burocrazia tende a fermare tutto. In ogni caso il potenziale è enorme per tutti: se si ha la soluzione giusta, proprio perché è un mercato unico, verrà adottata ovunque".

Quali sono i campi nei quali le startup italiane raccolgono più facilmente fondi?

"Le batterie di nuova generazione è fra i primi".

L'idrogeno?

"Non è un settore semplice per una startup. Richiede impianti di alto livello. La maggior parte delle aziende nuove sono costole di grandi gruppi industriali. In qualche modo sono sempre startup, ma di tipo differente. L'idrogeno poi è una soluzione che non è ancora chiaro che ruolo potrà davvero giocare".

Un'ultima cosa. Come mai questo premio?

"Nella strada della transizione ecologica abbiamo bisogno di tante innovazioni che ora non abbiamo e le startup sono un tassello importante. Per questo lo scorso anno abbiamo lanciato il premio come Premio startup per il clima. Non c'era nulla del genere e per noi era importante capire invece cosa stesse accadendo nel nostro Paese su questo fronte. Lo ripresentiamo quest'anno il 10 novembre a Ecomondo nell'ambito del Premio per lo sviluppo sostenibile che ha più di dieci anni di storia e che affronta temi diversi e ora avrà anche una costola dedicata alle startup sul clima".